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Teoria e prassi dell'aperitivo in campagna elettorale. Astenersi amiche astemie

Marianna Rizzini

In tempi di dichiarazioni di voto, constatiamo l’impossibilità di votare per la lista che abbiamo nel cuore (“Aperitivo? Sì grazie”). Per giunta, siamo costretti quest’oggi a rinunciare all’aperitivo serale causa raccolta (coatta) di pareri elettorali dei foglianti, compito assegnatoci dal duo vicedirettoriale di questo giornale.

In tempi di dichiarazioni di voto, constatiamo l’impossibilità di votare per la lista che abbiamo nel cuore (“Aperitivo? Sì, grazie”). Per giunta, siamo costretti quest’oggi a rinunciare all’aperitivo serale causa raccolta (coatta) di pareri elettorali dei foglianti, compito assegnatoci dal duo vicedirettoriale di questo giornale. La missione non ci impedisce però, sia chiaro, di sognare un’escursione siciliana sul tetto dell’Hotel Una di Catania, con sagoma dell’Etna visibile in lontananza, tanto per immergerci in un ambiente di color arancio tenue – dai drappi agli involtini primavera al martini-vodka-orange, o qualcosa di simile che lì bevemmo, circa un anno fa – e dimenticare così le impossibili scelte cromatiche dei manifesti elettorali romani (soprattutto il color arancio-Riformista del poster di Rutelli: Francesco, ma perché?). E mentre le dichiarazioni di voto dei colleghi giungono copiose, confermando un quadro fogliante di schizofrenia acuta, indugiamo altresì a immaginare un raddoppio aperitivistico nella serata di domani o dopodomani. Tanto più che avevamo in mente di convertire l’intollerabile gruppetto di amiche astemie alle gioie dell’alcol, con una puntata da Camponeschi (il bar, non l’esoso ristorante) in Piazza Farnese e poi con un salto al Loft, omonimo del quartier generale veltroniano con l’anima dell’after hour aperitivistico, nel senso che l’orario di apertura è da discoteca, ma la gente, i drink e l’assetto architettonico non possono che ricordare una grande hall da aperitivo, appunto. A questo punto apriamo una triste e definitiva parentesi sulle amiche astemie, che, prese in blocco, sortiscono effetti nefasti sull’intero consesso di convenuti a qualsivoglia happy hour, specie se alla vigilia del voto, quando il tasso di aggressività dell’elettore medio si somma al tasso alcolico nel sangue dell’aperitivista medio: non si capisce, infatti, perché codeste astemie si intestardiscano a voler far ragionare dei quasi-ubriachi e si offendano a morte se i suddetti ubriachi le guardano attoniti, sghignazzando, e passano subito all’ordinazione seguente. Proponiamo allora di far girare sul web, assieme agli appelli dei candidati che affollano la posta elettronica, anche una mail dal titolo: “Se avete un’amica astemia, per favore, convertitela”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.