Foto Pexels.com

Dopo le bollicine di Di Pietro e il succo d'ananas di Melandri&Madia, il vinello del radicalaccio Staderini

Marianna Rizzini

A pensarci prima, che idea: abbinare a ogni lista elettorale un drink. Niente liti tra chi deve tenere la falce e chi il martello, chi lo scudo e chi il crociato. Nessuna quercia resuscitata, nessun arcobaleno triplicato, nessuna rosa tolta al suo pugno. Macché. Bastava scrivere su santini, lettere, programmi e schede il nome del partito o della lista e, al posto del simbolo (sempre a rischio contesa), riprodurre la foto del drink assegnato in abbinamento (previa riunione di direzione, direttivo o comitato).

A pensarci prima, che idea: abbinare a ogni lista elettorale un drink. Niente liti tra chi deve tenere la falce e chi il martello, chi lo scudo e chi il crociato. Nessuna quercia resuscitata, nessun arcobaleno triplicato, nessuna rosa tolta al suo pugno. Macché. Bastava scrivere su santini, lettere, programmi e schede il nome del partito o della lista e, al posto del simbolo (sempre a rischio contesa), riprodurre la foto del drink assegnato in abbinamento (previa riunione di direzione, direttivo o comitato). Sei neocomunista? Vodka lemon. Postcomunista? Chupito rhum e pera. Democattosocioliberale? Sex on the beach, per contrappasso. Ecologista non pecoraroscaniano? Vecchia caipirina. Ecologista pecoraroscaniano? Fredda caipiroska. Radicale inserito nel Pd? Cosmopolitan transnazionale, disegnato però con l’inchiostro simpatico sotto il logo del drink collegato al Pd – un tranquillo rhum e cola – tanto per non urtare la suscettibilità di Bettini. Radicale per Roma? Mojito. Ebbene sì, un mojito libertarizzato e depurato dei trascorsi antidemocratici cubani. Semplicissimo: a ogni partito o lista, un cocktail inconfondibile. Nessuna sovrapposizione, infinite possibilità di scelta, garanzia eterna di sopravvivenza per la weltanschaung partitica. Senza contare che questo escamotage avrebbe permesso, tra l’altro, di salvaguardare l’identità alcolica degli avventori recidivi d’aperitivi elettorali romani (lievitati a più non posso negli ultimi giorni). Dopo Di Pietro al Caffè Letterario e le donne del Pd al vecchio Caffè Esperia, ieri è stata la volta del radicale Mario Staderini, capolista della lista Bonino-radicali per il Comune di Roma, protagonista di un happening nell’antro di Anticaja&Petrella, storico rigattiere dei vip cineteatrali del centro storico nonché ristobar socialmente utilissimo – il gestore, Enzo, fa lavorare ex detenuti in fase di reinserimento, oltre a darsi fuoco (letteralmente) ogni volta che si profila uno sfratto esecutivo. Ora, però, ferma restando la suggestiva atmosfera di Anticaja, non ce ne voglia Staderini se, dopo avergli riconosciuto il merito di aver spostato le lancette dell’orologio aperitivistico in avanti – finalmente un happening alle 22, frequentabile anche dai giornalisti con vincolo di chiusura-pagine – pretendiamo attenzione per tutti i suddetti avventori d’aperitivi elettorali, compresi quelli dell’appuntamento staderiniano (che inneggiavano allo slogan “al Comune con Staderini diritti per grandi e piccini”), tutta gente che ha sentito di giorno in giorno affievolirsi la propria originale identità alcolica, giacchè i gentili anfitrioni politici hanno imposto, seppur generosamente, bevute collettive di confuse birre, indefiniti prosecchi e vinelli indecifrabili. Non un cocktail, non uno shot, neppure a sottoscrizione – e quanti, oh quanti, avrebbero volentieri sottoscritto, pur di schivare birra e prosecco. Si capisce che, dopo le bollicine di Di Pietro e il succo d’ananas di Melandri&Madia, l’allegro vinello di Staderini, profuso fino a notte inoltrata dal giovane e combattivo radicale, ci ha immediatamente fatto pensare, appunto, al mojito che avremmo potuto bere da Anticaja&Petrella se la nostra idea di abbinamento lista+cocktail fosse già stata resa operativa – e scommettiamo che Enzo, per la gioia di tutti i vip cineteatrali che affollano la sua grotta, avrebbe potuto competere con il barman del Socialista di New York, locale di Chelsea cubano (solo) nella mobilia nonché titolare dell’unico “mojito corretto” gradito all’ombroso bell’attore Colin Farrell (laggiù avvistato da un nostro amico modaiolo – grazie dell’informazione, e peccato non esser stati presenti, ché tra compari di mojito ci si intende).

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.