"E allora ti querelo!". La politica dei corsi e ricorsi

David Allegranti

Da Salvini a Di Maio, passando per il Pd. Questa campagna elettorale è il trionfo degli avvocati, tra denunce minacciate e vere

Roma. “E io ti querelo!”. Matteo Salvini annuncia querela contro l’altro Matteo, Renzi, perché dice che la Lega ha rubato; Virginia Raggi annuncia querela, sempre contro Renzi, perché il segretario del Pd dice che all’Atac i grillini “raccomandano gli amici degli amici”. Laddove non arriva più la politica, insomma, arrivano gli avvocati. Ed è pittoresco che un movimento che ha fatto del turpiloquio e dell’insulto una manifestazione politica, il M5s, e un partito che ha portato il cappio in Parlamento, la Lega, oggi si facciano scudo dietro le querele.

 

L’impotenza della politica è dunque doppia, in questa campagna elettorale appena ricominciata: non soltanto perché a far da supplente c’è la magistratura, ma anche perché se procure e tribunali non sono già presenti per conto proprio, su spinta di qualche pm penalmente obbligato, li si invoca, li si pretende, li si conduce nel dibattito pubblico. Sono gli stessi politici a farvi ricorso, e giù a spendere ricche parcelle per avvocati. “La scissione del Ppi si risolse quando i due contendenti capirono che il patrimonio se lo sarebbero diviso i rispettivi avvocati: quando arriveranno le parcelle e i partiti si daranno una calmata”, dice al Foglio Gianfranco Rotondi, deputato italo-forzuto, leader di Rivoluzione cristiana, ma anche intellettuale di riferimento contro l’anticasta. E cosa c’è di più anticasta se non portare tutti davanti al giudice? “E io ti querelo!”, appunto.

 

Vincenzo De Luca nel 2015 querelò Rosy Bindi “per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali e abuso d’ufficio” dopo che la presidente della commissione Antimafia lo aveva definito un “impresentabile”. Sempre nel 2015 Gianni Alemanno querelò Ignazio Marino. “Negli anni della giunta Alemanno – disse l’ex sindaco di Roma a Repubblica – la criminalità organizzata si era infiltrata nei livelli più alti dell’amministrazione, oggi con i cambiamenti che abbiamo fatto tutto questo non è possibile”.

 

Nella sua storia, la sinistra ha sperato spesso d’abbattere gli avversari politici per via giudiziaria, si pensi a Berlusconi. “Cultura politica – ha spiegato una volta l’ex sindaco di Firenze Leonardo Domenici – vuol dire discorso sui fondamenti, partendo da quelle parole che sembrano, col tempo, avere smarrito il loro retroterra concettuale e di principio. Cominciamo da ‘giustizia’, appunto. Il principio di giustizia sul quale si fonda l’identità di qualsiasi sinistra, è cosa ben diversa dalla giustizia che si esercita nelle aule di un tribunale e invece io credo che in alcuni momenti e passaggi politici, nel periodo di tempo che qui considero, la distinzione sia andata perduta e la linea di demarcazione sia stata cancellata. Questo è accaduto per mero calcolo politico? Perché si sperava di ‘tenersi buoni’ i magistrati? Perché si pensava che le inchieste giudiziarie avrebbero tolto di mezzo avversari politici?”.

 

Al principio sembrano essersi adeguati un po’ tutti. Anche nel M5s, tra ex o attuali appartenenti al Movimento, volano stracci e querele. Di Maio, per dire, ha due procedimenti in corso per diffamazione, e il M5s ha dovuto costruirgli un abitino su misura nei suoi regolamenti per poterlo far candidare alle “luiginarie” del Movimento, visto che è indagato. E insomma, è l’apoteosi del ricorso agli avvocati, questa campagna elettorale. Che non devono gestire solo, beninteso, le querele. In Sicilia, le “regionarie” grilline sono state sospese dal tribunale dopo un ricorso dell’attivista Mauro Giulivi, ma il candidato Giancarlo Cancelleri ha detto che se ne strafrega, presentando a sua volta un altro ricorso (la Sicilia, peraltro, al M5s, non sta portando bene visto che il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque è indagato, fra le altre cose anche per abuso d’ufficio, in un’inchiesta sulla gestione dei rifiuti).

 

Di ricorso in ricorso, di querela in querela, si arriva poi alla costosissima campagna elettorale (ci sono le preferenze) che dovranno fare gli a spiranti parlamentari il prossimo anno. “Tra voti di scambio e traffico di influenze, le procure si sbizzarriranno. Faremo campagna elettorale con l’avvocato”, dice il senatore di Ala Riccardo Mazzoni. “I nuovi parlamentari saranno eletti in libertà provvisoria”, certifica Maurizio Bianconi, deputato del gruppo misto, ex tesoriere del Pdl, ex fittiano, aretino dalla battuta affilata. E avvocato, naturalmente.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.