Giancarlo Cancelleri e Beppe Grillo (foto LaPresse)

La svolta dark del M5s in Sicilia

Accursio Sabella

Ci mancavano solo le minacce di morte. L’infinita faida sicula dei grillini si arricchisce di un nuovo episodio

Palermo. Mancavano solo le minacce di morte. Denunciate dal denunciante a Cinquestelle. Mauro Giulivi e poche ore dopo anche dalla compagna: la deputata nazionale grillina Chiara Di Benedetto. Il militante siciliano del Movimento tagliato fuori dalla corsa all’Ars, col suo ricorso accolto dal Tribunale civile di Palermo ha “messo in ghiaccio” le Regionarie dei pentastellati, cioè le web-selezioni per individuare i candidati per lo scranno dell’Assemblea regionale siciliana. Sospese, insieme a quella dell’aspirante presidente Giancarlo Cancelleri, incoronato pochi mesi fa, nel corso di un happening palermitano, da Beppe Grillo in persona.

 

Il candidato governatore ha subito parlato di una manovra strumentale da parte dell’attivista “escluso”: la nuova puntata dell’infinita faida sicula. Ma adesso il teatro è “dark”. "Si è passati – lo sfogo su Facebook di Giulivi - da una storia che poteva risolversi con una telefonata alle minacce di morte! E' veramente triste leggere così tanto odio, così tanta disinformazione, così tanta ignoranza. Il tutto per cosa? Perché un comune cittadino cerca di far valere un proprio diritto?". Poche ore dopo è il turno della compagna, parlamentare nazionale che racconterà di essere stata minacciata "di morte anche con riferimento alla sua presenza all'iniziativa Italia 5 Stelle", che si terrà a Rimini la prossima settimana.

 

La vicenda delle elezioni regionali siciliane, insomma, si tinge di nero. Come se non bastasse il resto. Ossia la guerra, per nulla sotterranea, tra fazioni di partito. Con eserciti schierati e chiaramente individuabili. Perché il denunciante Giulivi e la deputata Di Benedetto “giocano” nella stessa porzione di campo dei “sospesi” di Montecitorio. Di quel Riccardo Nuti finito dentro le cronache giudiziarie per la vicenda delle cosiddette “firme false”, rinviato a giudizio insieme ai colleghi Claudia Mannino e Giulia Di Vita. Tutti costretti a passare dal gruppo parlamentare Cinquestelle a quello Misto alla Camera. La cosiddetta “autosopensione”.

  

Una macchinazione, in quel caso, secondo i grillini siciliani “di Roma”. Nuti in testa. Un giallo. Perché c’è spesso, nelle vicende più controverse a cinque stelle, l’ombra del complotto. Che ovviamente sarebbe stato messo in atto anche in occasione di queste elezioni regionali siciliane, rimandando alle suggestioni della Capitale, quando qualche big del Movimento si chiedeva: “C’è un complotto per far vincere la Raggi?”.

 

Autore della sottile riproposizione in salsa sicula delle vicende Romane è sempre Nuti, ovviamente. Che puntando il dito contro le difficoltà del centrodestra e del centrosinistra, pochi giorni fa osava: “I finti litigi interni, i balletti su primarie sì, primarie no, i tanti candidati (e spesso di livello basso) per sparpagliare i voti ricordano lo stesso teatrino adottato, poco più di un anno fa, a Roma. A questo punto – ecco l’inquietante quesito del parlamentare nazionale - c'è da chiedere loro: perché? Avete infiltrato così tanto il m5s per poter continuare a mantenere intatti, o quasi, i vostri interessi e attivare la strategia del gattopardo? I vostri Marra locali sono già pronti o cos'altro?”. Ecco anche gli infiltrati, in quello che è un classico teatrino di guerra. Dove non mancano i colpi bassi, anche bassissimi. Come la diffusione dell’audio di una conversazione privata nel corso della quale un membro dello staff cinquestelle, alla presenza di alcuni “amici” del Movimento, sollevava dubbi sulla gestione di Addiopizzo e sul ruolo, quindi, dell’allora candidato alle elezioni comunali Ugo Forello. “Se a registrarlo sia stato Nuti – diceva in quei giorni Forello - lo scopriremo attraverso un'indagine giudiziaria però ascoltando l'audio qualche dubbio, o certezza, mi potrebbe venire. Ad utilizzare l'audio mi risulta sia stato solo Nuti”. Perché nel noir delle grane grilline, c’è sempre un tribunale a sopperire all’assenza della politica e del confronto. All’incapacità di mettere d’accordo anime e idee diverse.

  

Tutti armati, invece, uno contro l’altro, nel partito dell’uno vale uno. Divisi e in conflitto. Come risulta anche dalle carte dei pubblici ministeri. Quelli di fronte ai quali, ad esempio, sono stati chiamati pochi mesi fa a sfilare anche i deputati nazionali grillini, durante il processo sulle “firme false”: “I rapporti tra noi deputati nazionali e i deputati regionali del Movimento – ammetteva la parlamentare Giulia Di Vita - non sono ottimi”. Concetti ribaditi dalla collega minacciata: “A livello palermitano – racconta Di Benedetto – devo chiarire che da tempo c'è una frattura tra i deputati nazionali e quelli regionali del Movimento, frattura che si è resa evidente in occasione delle cosiddette 'Comunarie' ovvero della procedura di selezione dei candidati per le elezioni amministrative di Palermo del 2017”. Noi e loro. Un solco, a segnare i due eserciti Cinquestelle. E adesso, il “giallo” che vira nel nero. Con l’allarme lanciato dal militante e dall’onorevole compagna ex grillina: “Ci hanno minacciato di morte”. È la svolta dark del teatrino grillino.

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