Anna Falcone e Tomaso Montanari. Foto LaPresse/Fabio Cimaglia

Neanche il Vinavil può tenere unita questa sinistra

Massimo Bordin

“Noi siamo di sinistra – ha detto Montanari al Teatro Brancaccio – ma il Pd non è di centro. E’ di destra, e neppure sempre moderata" 

L’anno prossimo sarà il cinquantenario. Mezzo secolo fa nel maggio 1968 – e quando se no? – al teatro romano Brancaccio suonarono Jimi Hendrix & The Experience. Ai primi accordi di Foxie Lady saltò l’impianto di amplificazione e si dovettero spegnere tutte le luci del teatro, bagni compresi, per poter iniziare il concerto, che fu bellissimo. Non sappiamo però quanta gente fosse rimasta fuori. Domenica invece davanti allo stesso teatro di via Merulana c’erano decine di attempati fan di Hendrix per ascoltare la relazione di Tomaso Montanari sulla possibile lista di sinistra alle elezioni. La relazione ha fatto saltare non l’impianto elettrico ma quello politico di almeno una parte del Mdp. “Noi siamo di sinistra – ha scandito lo storico dell’arte – ma il Pd non è di centro. E’ di destra, e neppure sempre moderata. Anzi sapete che vi dico? E’ proprio il centro-sinistra il nostro avversario. Quello della guerra illegale in Kosovo ma anche delle privatizzazioni di Bersani e della legge Treu sul lavoro precario”.

 

Massimo D’Alema, in prima fila, ascoltava impassibile ma la faccia tradiva il desiderio, comprensibile, di vendicarsi quanto prima. Miguel Gotor, coraggiosamente intervenuto, è stato interrotto prima da un sindacalista Cgil triestino poi da una ragazza di un centro sociale campano. Ha comunque potuto finire rivendicando l’unità, contro Matteo Renzi. Le conclusioni di Anna Falcone hanno sancito la necessità del passaggio dalla democrazia rappresentativa a quella “partecipata”, con una vaga eco chavista. Malgrado le aspettative non ci sono stati eccessi giustizialisti, ma l’impressione è che a questo punto il Vinavil non basti.