Cherif Traorè (foto Ansa)

La banana marcia regalata a Cherif Traorè è un problema culturale

Alessandro Ferri

Il gesto razzista capitato al pilone del Benetton rugby non riguarda solo il rugby o il club, ma un paese che spesso non vuole evolversi. "Ho deciso di non stare in silenzio questa volta per fare in modo che episodi come questo non succedano più per evitare che altre persone si ritrovino in futuro nella mia situazione attuale"

Se avete la fortuna di conoscerlo, potete confermare che Cherif Traorè è una delle persone più buone del mondo. È un ottimo giocatore di rugby, un pilone ordinato che negli ultimi tempi ha giocato poco in Nazionale per via di un brutto infortunio al braccio sinistro, ma che si è sempre fatto trovare pronto.

 

Come tanti italiani nati all’estero, figli di un paese multietnico e sempre più cosmopolita però, Cherif deve fare i conti con le battutine, le insinuazioni, le umiliazioni per il colore della sua pelle. Mai però avrebbe pensato di sentire quella brutta sensazione durante la cena di Natale della sua squadra di club, la Benetton Treviso, la più forte d’Italia.

 

Il suo sfogo sui social è da non credere, una di quelle cose che rileggi un paio di volte, per accertarti che non sia un brutto sogno, ma, purtroppo, la realtà. “Sta arrivando Natale e come da tradizione – si legge – è il momento del Secret Santa. Ieri, quando è stato il mio turno, all’interno del mio regalo ho trovato una banana. Una banana marcia, dentro un sacchetto dell’umido, Oltre al fatto di reputare il gesto offensivo – continua Traorè – la cosa che mi ha fatto più male è vedere la maggior parte dei miei compagni presenti ridere. Come se tutto fosse normale.” Pensate solo alla frustrazione che il 28enne ha provato se ha trovato il coraggio di parlarne apertamente. “Non ho dormito tutta la notte. A questo Secret Santa erano presenti anche ragazzi giovani, di origini diverse. Ho deciso di non stare in silenzio questa volta per fare in modo che episodi come questo non succedano più per evitare che altre persone si ritrovino in futuro nella mia situazione attuale. E sperando che il mittente impari una lezione…”.

 

Un terremoto. Un fulmine a ciel sereno che fa piombare l’ombra lunga del razzismo nel mondo del rugby, che certe volte con troppa facilità (e ve lo dice una persona che vive di rugby e che ci ha giocato per 15 anni) viene definito come un paradiso, un’oasi del rispetto e della tolleranza. Evidentemente non è così. Non sempre. Evidentemente un giocatore professionista ha ritenuto divertente regalare una banana marcia a un giocatore, solo perché di origine guineana. Evidentemente alcuni suoi compagni di squadra hanno trovato il gesto talmente ilare da ridere davanti alla tristezza e allo sgomento di chi ha ricevuto questo bel dono. Evidentemente qualcuno ha normalizzato il più razzista dei gesti.

  

Chissà quante risate questo genio. Mentre confezionava il pacco, mentre prendeva la più marcia delle banane del supermercato, la metteva in una busta nera, la incartava e magari ci scriveva sopra “Per Cherif”.

  

Il fatto travalica però il rugby: non è una questione che riguarda la Benetton Treviso, una squadra che come tante altre ha sempre speso tanto del proprio impegno per le persone bisognose, diventando spesso un presidio sociale nel territorio. È un problema culturale di un paese che spesso non vuole evolversi, ma preferisce rimanere dove si trova. Ed è desolante.

 

Lo scandalo è stato enorme: Traorè ha ricevuto sostegno dai compagni, dagli avversari, dal Milan, da tutti. Nel pomeriggio di ieri c’è stato un incontro tra il presidente dei Biancoverdi Amerino Zatta e il pilone azzurro, poi una riunione di squadra. Tutto risolto. Forse.

 

Anche qui, le parole usate sui social da Cherif Traorè sono le migliori: “Natale è bontà, Natale è gratitudine, Natale è perdono.. – scrive Traorè in un nuovo post social – Ormai è virale l’episodio che ho vissuto e questa sera voglio fare questo passo io per primo. Io non sono come chi mi ha fatto vivere questo. Sono grato per il mio club, per la mia squadra e per tutti coloro che mi hanno mostrato vicinanza. E voglio perdonare, che ammetto, non significa dimenticare la vicenda, né essere passivo davanti a quanto accaduto. Sono pronto – conclude – a iniziare il ’23 con il sorriso e con la grinta che mi ha sempre contraddistinto. Sarete al mio fianco?”.

 

Saremo al suo fianco?

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