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Sul Protocollo nordirlandese della Brexit c’è ottimismo a Bruxelles e a Londra

David Carretta

Il negoziato a porte chiuse chiamato "Tunnel", già usato per finalizzare l’accordo, potrebbe essere imboccato di nuovo la prossima settimana per mettersi alle spalle i conflitti più aspri del dopo Brexit. L’obiettivo è un'intesa a febbraio. Con il governo Sunak il Regno Unito raggiungerà l’età della ragione sul divorzio dall'Ue?

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Bruxelles. Lo chiamano “Tunnel”. È un negoziato a porte chiuse, che può durare settimane, durante le quali le due parti si impegnano a non far uscire nulla in pubblico, fino a quando l’accordo non viene raggiunto. L’ultima volta era stato utilizzato nel 2019 e nel 2020 per finalizzare l’accordo Brexit e quello sulle relazioni post Brexit. Il “Tunnel” potrebbe essere imboccato di nuovo la prossima settimana per mettersi definitivamente alle spalle i conflitti più aspri del dopo Brexit. A Bruxelles e Londra si respira ottimismo sulla possibilità di un’intesa sull’attuazione del Protocollo irlandese, oggetto del contendere degli ultimi due anni, con minacce britanniche di rinnegare la parola data e dell’Unione europea di lanciare guerre commerciali. Un primo segnale è arrivato lunedì 9 gennaio, quando il caponegoziatore dell’Ue, Maros Sefcovic, ha incontrato a Londra il ministro degli Esteri britannico, James Cleverly: il governo Sunak ha accordato all’Ue l’accesso ai sistemi informatici che monitorano le merci tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del nord. Sefcovic e Cleverly si rivedranno lunedì per decidere se entrare nel “Tunnel”. L’obiettivo è un accordo a febbraio. Dopo gli anni incerti di Theresa May, quelli folli di Boris Johnson, la parentesi di due mesi di Liz Truss, con Sunak il Regno Unito raggiungerà l’età della ragione sulla Brexit?

   

Il Protocollo irlandese ha avvelenato le relazioni tra le due sponde della Manica sin dall’inizio dei negoziati sulla Brexit. Serve a evitare il ritorno di una frontiera fisica tra l’Irlanda e l’Irlanda del nord, come previsto dagli Accordi del Venerdì Santo, e dunque sventare il pericolo di una nuova guerra. Per farlo prevede che l’Irlanda del nord resti con un piede nell’Ue, più precisamente nel mercato interno e nell’unione doganale. Ma impone al Regno Unito di instaurare una frontiera interna per controllare le merci che vanno dalla Gran Bretagna all’Irlanda del nord. Johnson aveva accettato il Protocollo per dire “Brexit done”. Poi lo ha usato come variabile di aggiustamento dei suoi problemi di politica interna, minacciando di rinnegarlo ogni volta che si è trovato in difficoltà per il Covid-19, gli scandali o le pressioni dei brexiters e del Partito democratico unionista nord-irlandese. In nome della guerra delle salsicce (la carne fresca non arrivava in Irlanda del nord a causa dei controlli sanitari), ha sospeso unilateralmente l’applicazione del Protocollo e introdotto un progetto di legge per cancellarlo. L’Ue ha reagito con procedure di infrazione e la minaccia di dazi doganali. La caduta di Johnson ha rasserenato gli animi. “Con Rishi Sunak il pragmatismo sembra essere tornato a Londra”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue. Ma più per necessità che per scelta.

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La pandemia e la guerra in Ucraina avevano permesso di nascondere i danni reali della Brexit. Ora il Regno Unito si accorge che cresce molto meno e ha un’inflazione molto più alta degli europei. Durante i mesi Truss si è sfiorata una crisi finanziaria. Le imprese britanniche sono disperate per la quantità di burocrazia necessaria a esportare verso l’Ue. Le università del Regno Unito non possono partecipare al programma di ricerca Horizon dell’Ue. Le grandi opportunità degli accordi di libero scambio della “Global Britain” non si sono concretizzate. La promessa di riprendere il controllo delle frontiere fuori dall’Ue è smentita da 45 mila migranti che hanno attraversato la Manica su barchini nel 2022 perché la cooperazione con i paesi dell’Ue è saltata. Un sondaggio del Telegraph lunedì ha confermato che una maggioranza (assoluta) dei britannici ritiene che la Brexit abbia portato più danni che benefici. Peggio: una maggioranza (relativa) di elettori dei Tory la pensa allo stesso modo.

   

Un completo ritorno alla ragione imporrebbe di rivedere la Brexit, o almeno rientrare nel mercato unico. Eppure anche solo un’intesa sul Protocollo sarà difficile. Dal “Tunnel” devono uscire compromessi sui controlli ai porti nordirlandesi, gli aiuti di stato e l’Iva (che devono essere allineati all’Ue) e sulla Corte di giustizia dell’Ue (linea rossa sia per Bruxelles sia per i brexiters). Sunak faticherà a fare digerire a tutti i Tory il ritorno parziale alla ragione. Il tempo è poco. L’intesa dovrebbe essere raggiunta a febbraio, prima delle elezioni locali in Irlanda del nord e della visita del presidente americano, Joe Biden, per l’anniversario dell’Accordo del Venerdì Santo.

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