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Il Russiagate scuote tutti, ma non i russi

Micol Flammini

Sull'inchiesta la Russia tace. Le reazioni sono state poche, i media quasi non ne parlano e questo silenzio mette tutti d'accordo

In Russia sembra non essere accaduto nulla. Il Russiagate non esiste e non solo perché il Cremlino ha negato tutto e ha parlato degli Stati Uniti come un paese affetto da “isteria”, ma anche perché l’opinione pubblica non se ne cura. Nessuno si interessa alle fabbriche di troll, nessuno accusa il governo e anzi, il Russiagate non è nemmeno argomento di campagna elettorale. In Russia, il Russiagate è il silenzio. Non esiste. “Non c’è nessuna prova, ormai ci accusano per tutto quello che succede negli altri paesi stranieri”, ha commentato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, “recentemente Mosca è stata accusata anche di aver interferito sulla nomina di un ministro in Sudafrica” e poi, dopo aver parlato di un occidente impegnato in una “caccia orwelliana”, ha concluso: “Ormai non c’è limite alla fantasia”. Fantasia e isteria, la madre e la matrigna del Russiagate secondo il Cremlino. La fantasia che ha generato tutte le accuse e avrebbe fatto macchinare le teorie sulle quali si basa lo scandalo e l’isteria che come un ciclone ha permesso alla fantasia di volare lontano.

 

 

Poi c’è la russofobia. “Malattia” antica che Mosca denunciava durante la Guerra fredda e che da un po’ di anni, con Putin al Cremlino sembrerebbe essere tornata. Così i media russi parlano del Russiagate come un effetto collaterale della russofobia: “C’è la tendenza a individuare lo zampino della Russia ovunque”, scrive RT. Molti giornali hanno dato la notizia dell’arresto di Manafort e di Gates senza mai citare la parola Russiagate. In un lungo articolo, il Kommersant riesce a descrivere tutta la vicenda senza mai parlare delle interferenze, parla dei dodici capi d’accusa contro Manafort e Gates, fa un accenno alla questione ucraina, senza scendere nei dettagli sui rapporti con Yanukovych.

 

Edgar Lee Master descriveva il silenzio come un’entità poliedrica, una forza semantica senza significante e così è questo silenzio russo. C’è il silenzio di Putin che si è limitato a far inviare all’agenzia Tass un comunicato del portavoce Peskov: “Sono accuse ridicole, triviali, infondate e gratuite”. Quattro aggettivi e poi basta. C’è il silenzio dei giornali che se non azzardano il complicato equilibrismo del Kommersant evitano la notizia, la accennano, ma nessuno scrive Russiagate. E’ un affare tutto statunitense, problemi d'oltreoceano per chi ha voglia, e tempo, di abbandonarsi a queste “fantasie”. Anche Yandex tace sul Russiagate. Solo pochi risultati, non attualizzati e comunque è sempre e comunque affare d'oltreoceano. Secondo il Wikipedia russo, con il nome Russiagate si fa riferimento allo scandalo del 1999. Poi nessuna disambiguazione. Silenzio.

 

C’è il silenzio degli oppositori che si sfidano su tutto, cercano scandali, accuse, ma non parlano mai del Russiagate. Alexej Navalny che pure è pronto a rivangare tutti peccati del Cremlino non ha ancora commentato, la stessa cosa vale per Ksenija Sobchak che invece, durante una sua conferenza stampa, si è lanciata in dichiarazioni ben più impopolari: “La Crimea è Ucraina”. Questa frase, a livello di voti le costerà cara, lei ha avuto il coraggio di osare e di fare una dichiarazione molto filo occidentale. Perché allora non ha accennato al Russiagate? Perché in Russia non esiste. Nessuno ne parla, nemmeno per scandalizzarsi o per drammatizzare e se non se ne parla, appunto, non esiste. Durante l’intervista di Oliver Stone a Vladimir Putin, il regista fa una domanda sull’interferenza dei russi nelle elezioni americane e il presidente risponde scuotendo la testa, non spende parole, non dice nemmeno: “Non è vero”. Non si difende e l’unica risposta che consegna all’intervistatore è il silenzio. In Russia, il Russiagate non esiste. E il silenzio mette tutti d’accordo.

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