Un foro di proiettile in una vetrina degli Champs-Elysées dopo la sparatoria di giovedì (foto LaPresse)

Il sonno della ragione fa crollare il sistema sugli Champs-Elysées

Giuliano Ferrara

Terrore islamista? Guerra, resistenza e sicurezza repubblicane in pasto a una retorica eccessiva: segno della trasformazione di una tragedia in tragicommedia

“Il modello terrorista provoca un eccesso di realtà e fa crollare il sistema al di sotto di quell’eccesso”. Lo scrisse Jean Baudrillard nel suo saggio “Lo spirito del terrorismo” pubblicato dopo l’11 settembre. Jean Baudrillard è morto, e Trump dovrà tenerne conto quando ne parlerà come di un amico al quale telefonare per un appuntamento, come con Luciano Pavarotti (in che mani siamo, Dio mio). Era un semiologo. Un decrittatore filosofico di segni. Era criticato per un “uso metaforico del linguaggio scientifico”, sebbene nella semiologia si veda più la metafora letteraria che il metodo scientifico. Era criticabile perché ambiguo, sottilmente incline alla solidarietà con i nemici della globalizzazione tecnologica, con i nemici dell’America, uno che dava a tipi come Carlo Freccero il pretesto intellettuale per afferrare il nulla e teorizzarlo, trattando l’ombre come cosa salda, ma non come succede nella quartina dantesca del Purgatorio in cui l’ombra del poeta Stazio abbraccia l’ombra del maestro  Virgilio, piuttosto con disinvoltura e senza amore. Detto questo, nella notte di giovedì scorso e nella mattina successiva, tra la sparatoria di Parigi e le reazioni solenni di stato e candidati alla presidenza francese, “il modello terrorista ha provocato un eccesso di realtà e ha fatto crollare il sistema al di sotto di quell’eccesso”. 

 

Può essere che alla fine la torsione o forzatura investigativa rintracci qualche straccio di indizio, e tutti disperatamente se lo aspettano, per confermare la diagnosi di terrorismo islamista. Per ora i fatti dicono altro. Lo ha confermato anche il procuratore di Parigi: niente radicalizzazione jihadista del soggetto, un trentanovenne francese di origine islamica, che ha ucciso un poliziotto e ne ha feriti altri due. Esiste una categoria di criminali comuni fattisi shahid, martiri, e spesso le reclute delle organizzazioni armate islamiste provengono dal milieu, dall’ambiente delinquenziale che ruota intorno a carceri, periferie perdute e moschee fanatizzate. Non sembra che Karim Cheurfi appartenga al novero. Nulla lo prova, nulla di serio va in quella direzione. Anzi. La solerte rivendicazione dell’atto terroristico da parte di un’agenzia di propaganda dello Stato islamico appare decisamente farlocca, con scambio di nome e di persona. Il soldato califfale non era un belga e non si chiamava come lo designa il comunicato dei portavoce del Califfo. E il profilo dello sparatore è quello di un ossesso odiatore della polizia, un fliccofobo impenitente, uno che per tiro al bersaglio in divisa si era già fatto dodici anni di carcere, e che inclinava chiaramente, probabilmente per ragioni psicotiche e ossessionali, a ripetere coattivamente il suo gesto. Un soldato islamista intento a irrompere nelle elezioni francesi avrebbe fatto fuori a raffica decine di passanti a disposizione sugli Champs-Elysées, se vuoi terrorizzare un popolo si fa così, come il 13 novembre del 2015. Ovvio. Invece ha sparato a un poliziotto dentro una camionetta, trascurando il vero obiettivo possibile di un gesto di terrore indiscriminato.

 

Era appena successo, per non citare altri episodi dubbi. Era successo a Orly un mese fa, dove l’aggressore di una guardia che aveva fatto chiudere l’aeroporto era palesemente ubriaco, e aveva problemi drammatici di droga e instabilità psichica. Ma il modello terrorista ci ha dato l’eccesso di realtà che ci aspettavamo, tutti a guardare se i jihadisti avrebbero cercato di premiarsi spingendo con la paura il candidato Le Pen, il nemico che gli islamici combattenti si augurano per ragioni anche troppo chiare. E ce lo ha dato alla grande, su sfondo di Arco di Trionfo, nelle vicinanze della Torre Eiffel e dell’Eliseo, a poche ore dalla chiusura dei seggi, l’eccesso. Il sistema, lo dico con dolore, si è subito rivelato al di sotto dell’eccesso di realtà, ed è comprensibile, se fai politica non fai semiologia o giornalismo, non dico la verità ma certa precisione deve sfuggirti. Chi mai avrebbe potuto prendersi la responsabilità civica di relativizzare al crimine comune un atto eccessivamente simile a un attacco terroristico? Però, che esagerazione coatta. Hollande si è comportato come un cane di Pavlov, e subito ha fatto una dichiarazione televisiva standard sui valori sotto attacco, sulla guerra da combattere con il pugno di ferro, sulla sicurezza democratica in pericolo da tutelare, e sulla sua scia tutti i candidati hanno seguito il corso delle cose, ciascuno con il suo bagaglio di speranza, la destra, o con il suo bagaglio di imbarazzo e di paura elettorale, centro e sinistra.

 

Vi assicuro che per un occhio smagato, e magari un po’ cinico, ma senza pregiudizi e francamente partigiano di una epica impresa di guerra contro l’espansionismo islamista armato in corso, per il mio occhio, vedere guerra, valori, resistenza e sicurezza repubblicane in pasto a una retorica nel caso eccessiva e da eccesso di realtà era segno della trasformazione, come ho scritto a caldo, di una tragedia in una tragicommedia. E Baudrillard, la cui letteratura metaforica per me aveva anche qualche aspetto infame, deve essersi rivoltato nella tomba: I told you so.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.