La Camera alta del parlamento britannico (foto di openDemocracy via Flickr)

Cosa significano i colpetti dei Lord alla Brexit

Paola Peduzzi

Per la seconda volta la House of Lords blocca il governo May sull'avvio del negoziato di uscita dall'Ue. Ora la legge torna ai Comuni. I brexiteers: abolire la Camera

Nel giro di una settimana la Camera dei Lord britannici ha votato per due volte contro la Brexit, ponendo due questioni rilevanti: i diritti futuri dei cittadini europei e la possibilità di esprimere un voto alla fine del negoziato con l'Europa, tra (almeno) due anni. Dopo tre ore di dibattito martedì, la legge che permette al governo di Theresa May di notificare all'Europa l'intenzione di uscire - l'attivazione dell'articolo 50 - è stata emendata, mentre i Lord dichiaravano di essere "custodi della sovranità democratica" del Regno Unito. L'aula era gremita, come poche altre volte nella storia di questa contestatissima Camera: l'affluenza dei Lord è stata la più alta dal 1831, secondo il sito del Parlamento. 

 
Tredici Lord conservatori hanno votato a favore dell'emendamento che prevede un "meaningful vote" alla fine del negoziato, facendo infuriare il governo che dice: l'uscita ci sarà lo stesso, con un accordo o senza un accordo ("no deal is better then a bad deal", dice la May), con l'approvazione del Parlamento o senza. Ma è chiaro che nella grande discussione su chi deve interpretare il volere popolare a favore della Brexit, ogni voto conta.

 

Ora la legge torna ai Comuni dove nessun emendamento era stato posto e dove anzi la questione del "meaningful vote" era stata infine esclusa, con il benestare del Labour che in quella sede rinunciò ad alcuna opposizione al volere del governo. Il quale ora teme che i tempi si rallentino - entro la fine di marzo va attivato l'articolo 50, secondo le tempistiche di Downing Street - e che il tempo lasci spazio ai ripensamenti.

 

I brexiteers hanno reagito con sarcasmo: aboliteli, questi Lord. Prendono 300 sterline al giorno per mettersi di traverso alla volontà popolare, accorrono in aula per farlo quando solitamente passano di lì giusto il tempo di farsi vedere, prendere lo stipendio e tornare alle loro faccende. Non sono eletti, non sono rappresentativi dell'equilibrio dei partiti e dei consensi elettorali: aboliteli. Le pressioni che già erano state esercitate sui giudici che hanno richiesto l'intervento parlamentare nella procedura della Brexit ora vengono esercitate sui Lord, con effetti coloriti e anche un po' spaventosi.

Il tempo è quel che Theresa May vuole gestire con la massima autonomia. Vuole decidere lei, ogni intoppo rallenta l'inizio di un negoziato che sarà complicato, perché l'Europa alterna toni di apertura a un istinto punitivo nei confronti degli inglesi. Soprattutto, nel tempo che passa s'insinua il dubbio, la possibilità che Tony Blair abbia ragione: ci possiamo ripensare quando vediamo davvero che effetto fa la Brexit da vicino. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi