Il senso dei Lord per la Brexit

Redazione

Rallentano il processo con un emendamento, e sfidano le urla populiste

L’intervento di mercoledì dei Lord britannici sul processo di attivazione dell’articolo 50, quello che darà il via ai lunghi negoziati tra Londra e Bruxelles sulla Brexit, ha scatenato reazioni di giubilo e polemiche insieme. I Lord, durante il processo di approvazione della legge che darà al primo ministro conservatore Theresa May il potere di invocare l’articolo 50, hanno approvato a larga maggioranza un emendamento che chiede garanzie sui destini degli oltre tre milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito. L’approvazione dell’emendamento ha avuto due effetti: il primo, tecnico, è stato quello di rimandare il disegno di legge alla Camera dei Comuni, ritardando di fatto l’iter parlamentare della Brexit. Il secondo effetto è quello di aver aperto – intenzionalmente – il dibattito su uno dei punti più controversi di tutto il processo di uscita di Londra dall’Unione europea, vale a dire quello dei cittadini comunitari residenti, complesso sia per il numero di persone coinvolte sia perché, come ha detto il sottosegretario alla Brexit, Lord Bridges, Londra non vuole dare garanzie finché non negozia garanzie reciproche con i suoi futuri partner europei.

 

Ma più di ogni altra cosa, la Camera dei Lord si pone con l’approvazione dell’emendamento come forza di opposizione, per quanto simbolica, al processo inevitabile di attivazione dell’articolo 50, contando che la maggioranza conservatrice è solida e che finora il Labour di Jeremy Corbyn ha deciso di non mettersi di traverso. E qui la polemica diventa di carattere istituzionale, perché nella grande controversia che attraversa la politica britannica da mesi – e che si riassume con: “Chi può arrogarsi il diritto di interpretare il volere del popolo? I brexiteers che hanno vinto il referendum? Il governo? I giudici? I Comuni?” – i Lord sembrano i meno competenti di tutti, essendo legislatori nominati e non eletti dal popolo. Al grido di “la gente lo vuole!”, è da tempo iniziata una campagna di delegittimazione della Camera alta del Parlamento inglese, in cui si mischiano tutte le caratteristiche del populism-grillismo che ben conosciamo e su cui il governo sembra soffiare. Ma il tentativo di ammantarsi di un non meglio precisato “volere popolare” per bypassare i meccanismi della democrazia genera mostri, e non fa un favore al popolo.

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