Una scena tratta dal film della Disney "Zootropolis"

Il segreto del successo di Zootropolis è l'animazione scorretta

Mariarosa Mancuso
Devono avere anche loro qualche problema con gli impiegati allo sportello, settore motorizzazione o altri pubblici registri. Non si spiega sennò la marcia trionfale che “Zootropolis” sta facendo ai botteghini russi cinesi e indiani.

Devono avere anche loro qualche problema con gli impiegati allo sportello, settore motorizzazione o altri pubblici registri. Non si spiega sennò la marcia trionfale che “Zootropolis” sta facendo ai botteghini russi cinesi e indiani. Record battuti nel primo weekend in tutti e tre i paesi, va benissimo anche in patria, per un totale di oltre seicento milioni di dollari portati finora nelle casse della Disney (solo il 35 per cento guadagnati in America, ecco perché nei film americani i cinesi hanno smesso di essere cattivi, i russi pure, e tra un po’ verranno ripuliti anche gli indiani). I cinesi – molti non avevano mai visto un bradipo in vita loro – ora si fanno fotografare imitandone il faccione ottuso e l’eloquio al rallentatore. Intanto la conigliera poliziotta, parlando a raffica, cerca di risalire dalla targa al proprietario di un’auto prima che faccia notte.

 

Fa notte, in effetti. E viene il cattivo pensiero che tutti possono fare tutto – “cambiare il mondo una carota alla volta”, dice lo slogan – ma ci sono persone più adatte di altre a certi mestieri. Il bradipo burocrate rischia di far ombra agli altri abitanti di “Zootropolis” (per noi evoca “Metropolis”, “Zootopia” per il resto del mondo): mammiferi di ogni taglia e abitudini alimentari che convivono pacificamente. Ora. In passato c’erano prede e predatori, come illustrato dallo spettacolino che apre il film, con tanto di pianista dal vivo ed effetti speciali. Più tutte le gag che si possono mettere in un volenteroso saggio scolastico che celebra il progresso della nostra civiltà.

 

Ha scritto il copione la coniglietta che tra lo strazio dei genitori e le lacrime dei 275 fratelli lascia la fattoria per andare in città e arruolarsi alla scuola di polizia. Roba mai vista, neanche nella progressista Zootropolis. “Sei morta, chiappe di peluche” è solo uno degli insulti, quando riesce a diplomarsi la mandano a fare l’ausiliaria del traffico, altro che indagare sugli animali scomparsi (sono 14 e fanno pensare a un serial killer). Lei però si allea con un Mr. Fox che sembra uscito dal film di Wes Anderson, e di mestiere fa il truffatore. In una città dove convivono elefanti e topolini, vuol dire: ruba un ghiacciolo alla gelateria degli elefanti e ne fa decine di ghiaccioli da vendere ai lemuri (sì, ci sono pure loro, come già in “Madagascar” e in “L’era glaciale”). La strana coppia ha 48 ore di tempo per far luce sul caso, spiega il bufalo capo della polizia.

 


Il trailer ufficiale di "Zootropolis"


 

Raccontato così, “Zootropolis” ha perfino qualche correttezza politica di troppo, da film della Disney che insegna a tener duro e a realizzare i propri sogni contro tutte le avversità.  A vederlo, è uno spasso di gag e di battute, in una città dove la metropolitana ha porte di di-verse misure – ognuno ha diritto a una porta adeguata. Ha quartieri più vari della New York messa in scena da John Carpenter in “1997: fuga da New York”: la foresta pluviale, la tun-dra e “Little Rodentia”, dove vivono topolini assai mafiosi (quando si presentano ai matri-moni, hanno orsi polari come guardie del corpo). Ha riferimenti a “Breaking Bad”, il che non sarebbe piaciuto a Walt Disney: ma adesso a capo della ditta c’è John Lasseter, l’uomo che inventò “Toy Story” e promosse l’animazione a genere che gli adulti non si vergognano di vedere. Quindi c’è spazio per spiegare, a chi dice “tenero” guardando una coniglietta, che solo un coniglio può dire “tenero” a un altro coniglio senza offenderlo.

 

Prede e predatori vivono in armonia cantando “Kumbaya”, il che ricorda una scena di “World War Z” dove un canto della pace scatena gli zombie che fino ad allora avevano lasciato il territorio al riparo dai morti viventi. Merita uno sguardo in più la coniglietta, disegnata con un fisico da pinup sotto la divisa. E senza il minimo cedimento verso la “principessite” che finora ha caratterizzato la Disney (purtroppo anche la Pixar, che quando ha scelto una ra-gazza scozzese per protagonista non ha dato il meglio di sé). Arma segreta: una penna carota dove nasconde un registratore. Arma ancora più segreta: certe battute che non lasciano in pace neppure i gioielli di famiglia come “Frozen”, finora migliore incasso della ditta. “La vita non è un cartone animato dove i sogni si avverano, quindi let it go” (“Let it go” è una delle canzoni del film, lo dice il capo della polizia Bogo a Judy che gli espone i suoi progetti di vita). E ci sono i dvd venduti di contrabbando, tra cui compare un “Floatzen 2”. Forse il 2 uscirà a breve.

 

I cinesi innamorati del bradipo lo hanno doppiato nei vari dialetti, facendolo diventare una star dei social media. La Disney in questo caso non ha dovuto cambiare niente, come invece è accaduto nel caso di “Inside Out”.

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