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La prima storica volta di una Juventus senza italiani in difesa

Giuseppe Pastore

In Champions League contro il Ferencvaros i bianconeri per la prima volta in 123 anni di storia hanno schierato una linea difensiva interamente composta di giocatori stranieri

La circostanza è epocale: un baluardo dell'italianità che cade e fa anche un certo rumore. Dopo 123 anni di storia e 4.371 partite ufficiali, ieri sera, in uno Juventus-Ferencvaros altrimenti trascurabile, per la prima volta i bianconeri sono scesi in campo con una difesa interamente composta da forestieri. A cominciare dal portiere Szczesny, appena il secondo portiere straniero della storia juventina dopo il non indimenticabile van der Sar (anche se come riserve avevano trovato sporadico spazio Carini, Manninger e Neto). Per continuare con i centrali De Ligt e Danilo e gli esterni Cuadrado e Alex Sandro, per tacere dell'indisponibilità di Demiral che avrebbe sicuramente giocato. Per la prima volta dall'atto di fondazione, fuori tutta insieme – e nemmeno convocata – la BBBC (Buffon Bonucci Chiellini per i profani, mentre la terza B di Barzagli si era già fatta da parte nel 2018). Un solo italiano titolare in generale, il cavallo di ritorno Bernardeschi: se al suo posto ci fosse stato Kulusevski, l'en plein avrebbe prodotto un rumore ancora più fragoroso.

   

Precisiamo subito per i più suscettibili che si tratta di innocue baggianate, ma fa un certo scalpore vedere la Juventus cedere quote di sovranità nazionale come se fosse un'azienda tessile o petrolchimica, proprio nel reparto in cui ha sempre affermato e proclamato sé stessa, per esempio donando alla patria Combi-Rosetta-Caligaris, Zoff-Gentile-Cabrini fino a Scirea e appunto alla BBBC. Quasi tutte le Juve vincenti di questo mondo hanno chiuso il campionato con la miglior difesa, una difesa italiana, anche se qualche scricchiolio si era intravisto già nella scorsa tribolata estate del tardo-sarrismo, quando la squadra meno battuta era stata l'Inter non casualmente allenata e gestita da due ex juventini. I più maliziosi e spregiudicati si lanceranno in avanti fino ad avvisare una consonanza tra il trasferimento della sede fiscale FIAT ad Amsterdam, avvenuto nel 2014, e la consegna dello scettro difensivo all'olandese Matthijs De Ligt, l'uomo che Pirlo stava aspettando con impazienza da agosto per provare a tenere alta la linea di una ventina di metri in più, con tutti i benefici del caso. Una Juve ottimista, apparentemente un ossimoro: in questi decenni le migliori versioni bianconere sono quasi sempre state improntate alla difesa dell'1-0 e alla ricerca del clean sheet, in una logica da formica che negli ultimi anni di Allegri era diventata quasi provocatoria.

 

  

La prima difesa 0 per cento italiana dell'ultrasecolare storia della Juventus non si è comportata troppo bene, in verità, concedendo anche un gol all'albanese Myrto Uzuni del modestissimo Ferencvaros, ma con un solo centrale di ruolo si è trattato di un esperimento da derubricare a caso più unico che raro. Molto più interessante osservare gli schieramenti che si sono contrapposti sui social per commentare la notizia. L'italianità della difesa juventina – e per sineddoche della Juve intera – è la linea del Piave che oppone i nostalgici della tradizione ai modernisti spinti, le cui motivazioni sicuramente nobili e in parte condivisibili e condivise in parte anche dalla dirigenza juventina, sono alla base dell'esonero di Allegri e della ricerca di un gioco nuovo, più sexy, più europeo che in sedici mesi ancora non si è visto. Qualcuno ha imputato alla longa manus dei togati bianconeri anche i frequenti balbettii dell'ultimo biennio, fino a spingersi all'immaginazione di una congiura anti-sarriana ordita nell'ombra per esempio da Chiellini, l'anno scorso praticamente capitano non giocatore come si dice in Coppa Davis. I discorsi li porta via il vento (e le biciclette i livornesi, amava aggiungere l'ultimo allenatore in grado di portare la Juve in finale di Champions): ma in questo primo scorcio di una stagione frullata e compressa come i vestiti di un lungo viaggio in una valigia troppo piccola, la sensazione è che Pirlo non possa fare a meno di andare oltre i rassicuranti ma logori passaporti dei suoi vecchi amici palesemente a fine corsa come Chiellini e Buffon, oppure mai davvero convincenti nel ruolo di leader difensivo come il sempre più intermittente Bonucci, la cui ultima azione di calcio giocato prima dell'infortunio coincide con l'infelice marcatura di Caicedo nell'azione del pareggio della Lazio al 94', prima della sosta. Le possibili soluzioni interne, Rugani e De Sciglio, sono state ritenute inadeguate e sono emigrate in Francia senza rimpianti. E anche la nuova Nazionale di Mancini sta imparando a fare a meno della Juventus: nell'ultima partita di Nations League in Bosnia non ce n'era nemmeno uno titolare, per la seconda volta in una partita ufficiale degli azzurri in questo secolo.

   

Non si sa cosa sarà di questa Juve ancora zeppa di giocatori fuori ruolo o semplicemente senza ruolo, con Kulusevski, Chiesa, McKennie e altri ancora a brancolare senza costrutto nei bui e caotici novantacinque minuti di Juve-Ferencvaros; ma se è vero (ed è vero) che la Juventus ha sempre costruito la propria monumentale storia su grandi cattedrali difensive, la linea Cuadrado-Danilo-De Ligt-Alex Sandro – per quanto episodica e irripetibile – sembra lo squillo di tromba che annuncia, molto più di proclami strombazzati con poca fantasia in questa o quella conferenza stampa, un tentativo architettonico mai sperimentato dal 1° novembre 1897.  La Juve che smette di difendere “italiano” è il passaggio dalla monarchia alla repubblica, dalla lira all'euro, dalla videocassetta al DVD, dal Televideo a Internet: ognuno può pensarla come crede, ma non può negare la portata storica dell'evento. Mai come ora, sembra davvero tutto pronto: parafrasando Carofiglio, il futuro è una terra straniera.

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