(foto Ansa)

Anomalie siciliane

In Sicilia i consiglieri regionali si alzano lo stipendio di 890 euro al mese: "C'è l'inflazione"

Paolo Mandarà

A causa dell'aumento del costo della vita, nel bilancio interno dell'Assemblea di Palazzo dei Normanni è stato inserito un adeguamento delle indennità dei deputati. Ma per i sindaci, invece, non ci sarà alcun aumento

Alla politica siciliana non sfugge nulla. Figurarsi l’aumento del costo della vita. È per questo che l’aula di Palazzo dei Normanni, sede del parlamento più antico del mondo, ha adottato le necessarie precauzioni: inserendo nelle pieghe del bilancio interno dell’Assemblea, l’adeguamento Istat delle indennità dei deputati (è così che chiamano i consiglieri regionali a Palermo). Si passa dai 10,4 milioni dell’anno scorso agli 11,2 del 2023. “L’aumento deciso dell’inflazione nell’anno trascorso ha portato a una rimodulazione in aumento della spesa”, si legge in una nota degli uffici, come a giustificarsi per la manovra impopolare. L’incremento, nell’ordine di 10.700 euro l’anno pro-capite, garantirà a ognuno dei settanta parlamentari dell’Ars – tra cui il governatore, Renato Schifani – un aumento di 890 euro lordi al mese.

 

Tutto nelle regole, sia chiaro. Una legge del 2014 aveva introdotto un tetto agli stipendi d’oro della politica siciliana, fissando i guadagni dei deputati regionali (che fino al 2017 erano novanta) a un massimo di 11.100 euro, fra indennità parlamentare e diaria. Solo di indennità, in passato, erano arrivati a percepire 10.705 euro. Ma il tempo delle vacche grasse è terminato da un pezzo, e anche la Sicilia ha dovuto adattarsi. L’Ars, nella fattispecie, fa registrare una riduzione per cassa e competenza di mezzo milione di euro rispetto all’anno scorso. Fra le tante voci in uscita, va registrata quella pensionistica (per gli ex onorevoli e gli ex dipendenti), che grava per il 30% circa sulla spesa effettiva.

 

Nessuno su questo tema, però, ha voglia di far polemica. La casta è compatta. Gli unici a rimanere di sasso sono i sindaci. Per non darla vinta ai benaltristi – non si spiega diversamente – la Regione non ha ancora “recepito” la norma nazionale che aumenta le indennità, equiparando gli stipendi dei rappresentanti istituzionali delle città metropolitane a quelli dei presidenti di Regione (e tutti gli altri a cascata). In tal caso il primo cittadino di Palermo, Roberto Lagalla, dovrebbe guadagnare quanto Renato Schifani (13.800 euro), invece prende meno dell’omologo di Isernia (che ha una popolazione di trenta volte inferiore alla quinta città d’Italia).

 

A quest’altra anomalia siciliana - per una volta “a perdere” - non sembra esserci rimedio. Per coprire gli aumenti riferiti ai sindaci di 390 comuni, bisognerebbe trovare 11 milioni di euro. Ma la Regione, per evitare mosse impopolari e dannose per l’immagine, finora ha sempre spedito il pallone in tribuna. Suscitando lo sdegno dei diretti interessati. L’ultima manovra Finanziaria in discussione all’Ars, però, vale 16,5 miliardi, e c’è dentro di tutto e di più: a partire da una serie di contributi a pioggia per finanziare sagre, ricorrenze, fuochi d’artificio, interventi particolari per la salvaguardia di specie protette (come la razza equina sanfratellana o le tartarughe marine) e la riqualificazione di stadi comunali e palasport. Ma non c’è abbastanza spazio per i sindaci, che dovrebbero recuperare le risorse all’interno dei bilanci comunali esangui. Il Comune di Catania è in dissesto, a Palermo hanno appena chiuso un accordo con lo Stato per un prestito ponte da 180 milioni fino al 2042. E la maggior parte degli enti locali, anche di piccole dimensioni, non riesce a rispettare i tempi imposti dalla legge, perché i trasferimenti regionali giungono in ritardo e col contagocce. 

 

In questo scenario la politica dovrebbe intervenire. Almeno con un compromesso. Ed è quello che ha deciso di fare Schifani, proponendo a nome del governo un emendamento fuori sacco alla Legge di Stabilità: prevede un contributo di 6 milioni per consentire l’upgrade allo stipendio dei primi cittadini. “Ritengo coerente e consequenziale - ha detto il presidente della Regione - che anche agli amministratori locali siciliani possa essere riconosciuto, al pari degli altri Comuni italiani, un miglioramento delle loro indennità, attraverso un intervento economico che possa essere modulato, in via bilanciata, tra finanza regionale e locale”. Un’operazione a metà che rischia di lasciare il bicchiere sempre mezzo vuoto.

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