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il cappotto

Giorgia Meloni in Veneto doppia Matteo Salvini

Simone Baglivo

Il sorpasso della leader di Fratelli d'Italia era prevedibile, ma non in queste proporzioni. Tra faide interne al Carroccio e l'imperdonabile caduta di Draghi il "volto di Salvini è sbiadito e sgradito". Centrodestra unito al 53,6 contro il 25,3 del centrosinistra

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Fratelli d'Italia al 30,5 per cento (+23,7 rispetto alle europee 2019) e la Lega al 14,4 (-35,5). Stando all'Osservatorio sul Nordest, curato dall'istituto Demos e Pi e pubblicato oggi sul Gazzettino, sarebbe questo lo scenario politico in Veneto alle prossime elezioni.

 

Il rovesciamento dei rapporti di forza all'interno della coalizione di centrodestra appare quindi sempre più evidente anche al nord, un tempo feudo del capo del Carroccio. Sulle pagine del quotidiano veneziano, il fondatore di Demos Ilvo Diamanti ha provato a dare una spiegazione: "Nel tempo della personalizzazione della politica, il volto di Salvini appare sbiadito e sgradito". In questo senso, è emblematico pensare che il presidente di regione più apprezzato d'Italia sia da 12 anni (cioè da quando è stato eletto) proprio il governatore veneto Luca Zaia, che fa parte della Lega (anche se nel fronte responsabile e draghiano insieme a Giorgetti).

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È forse proprio a causa della caduta del governo Draghi, della quale Salvini si è reso protagonista, che gli industriali settentrionali hanno definitivamente voltato le spalle al leader leghista. Su queste pagine, Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, aveva definito "irresponsabile" il "comportamento" della Lega. Recentemente, l'imprenditore padovano e leader degli industriali ci aveva anche detto che esistono una "critica" e un "risentimento" da parte degli imprenditori del cuore produttivo del Nordest "verso i partiti che hanno portato alla sfiducia di Draghi". Abbiamo raccontato di come ormai i militanti locali paragonino Salvini a un transistor (“Trasferisce energia, consenso, a FdI, e brucia le ‘resistenze’, la nostra identità”), di come la Liga veneta sia sempre più insofferente contro la Lega romana (“Ci impongono uomini dall'alto a spese nostre. E il territorio?") e di come la Meloni abbia soffiato alla Lega anche la battaglia per l'autonomia (tra “statalismo e federalismo”).

 

Secondo il sondaggio del Gazzettino, con Forza Italia all'8,7 per cento che completa la coalizione di Giorgia Meloni (30,5) e Matteo Salvini (14,4), il centrodestra si attesterebbe al 53,6 per cento. Il fronte guidato da Enrico Letta sarebbe al 25,3 per cento, quasi la metà dello schieramento rivale. Il Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi supererebbe il Movimento 5 stelle, ottenendo rispettivamente il 7 e il 6,2 per cento.

 

Sette veneti su dieci affermano che andranno sicuramente a votare (astenuti 12 per cento e indecisi 20) e la maggior parte di chi si recherà alle urne si è già fatto un'idea sulla forza politica che sceglierà. Per il 48 per cento degli abitanti della regione, i candidati a queste elezioni sono stati scelti soprattutto per l'importanza che hanno nel loro partito. 

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Con il taglio dei parlamentari, la regione eleggerà 48 tra deputati e senatori (invece di 74). Il 25 settembre dal collegio per il Senato della Repubblica usciranno 16 senatori (5 all'uninominale e 11 al plurinominale), mentre dai due collegi per la Camera dei deputati usciranno 32 onorevoli (12 all'uninominale e 20 al plurinominale). Il "cappotto" meloniano ai danni di Matteo Salvini si fermerà al nord?

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