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Appunti elettorali

Meloni, Letta e l'allarme fascismo: "Non sposta voti, serve solo a polarizzare", dicono i sondaggisti

Ruggiero Montenegro

"È un tema molto lontano dall'opinione pubblica, che ha altre prorità: dall'inflazione al caro bollette", spiega Gigliuto (Istituto Piepoli). Mussolini buon politico? "Una sensibilità discretamente diffusa", dice Masia (Ewg). La fiamma tricolore, l'elettorato moderato e le strategie dem

Il tema, concordano i sondaggisti, certamente esiste. Ma ancor più certamente non è oggi determinante per conquistare voti e collegi, e non la sarà nemmeno domani. Il fascismo? “È una questione che appassiona gli analisti e politici, ma nell'elettorato incide molto marginalmente”, per spiegarla con le parole di Fabrizio Masia, ad di Emg Different e docente di marketing e comunicazione all’Università Cattolica di Milano. E soprattutto, “in questo momento è un tema molto lontano dall'opinione pubblica, che ha ben altre priorità”, conferma Livio Gigliuto, vicepresidente dell'Istituto Piepoli.

“Mussolini è stato un buon politico, non ce ne stati altri come lui negli ultimi 50 anni”: la parole che hanno rilanciato la polemica sono di una giovanissima Giorgia Meloni, allora militante di Alleanza nazionale, intervistata da un tv francese. Un video datato 1996, tornato a circolare in queste ore, in cui la leader di Fratelli d'Italia afferma quello che per tanti italiani è un insopportabile luogo comune, nella migliore delle interpretazioni. Ma che rappresenta anche “una sensibilità discretamente diffusa, soprattutto in certe zone: nel meridione e in alcune parti del Lazio, per esempio, c'è un minor timore rispetto al rischio fascismo. E ci sono visioni molto diverse anche tra le diverse generazioni. I più giovani vivono questo dibattito con distacco, indirizzando le proprie sensibilità verso altri tematiche”, spiega al Foglio Masia.

 

Del resto il momento storico presenta altre urgenze. Dopo il Covid, è arrivata la guerra e i suoi effetti: “Il fascismo è un archetipo nella mente degli italiani, non è una cosa che scompare, magari resta latente. Detto ciò, temi anche importanti ma legati ai valori e alla storia del nostro paese, hanno una funzione e un ruolo nel dibattito pubblico quando si attraversano fasi sociali ed economiche non particolarmente provanti. Questa invece lo è”, ragiona Gigliuto, secondo cui gli elettori hanno un'agenda molto diversa: “Nonostante si tratti di una esperienza che la grande maggioranza della popolazione boccia, non è di fascismo che ci si occupa al bar. Si parla di esigenze più sentite, materiali: dall'inflazione al caro bollette, fino al lavoro. Gli italiani vorrebbero risposte su questi temi”.

 

Considerazioni che tornano buone anche per la polemica precedente, quella sulla fiamma tricolore nel simbolo di FdI. Altro tema che appassiona gli addetti ai lavori e poco più. Semmai, spiegano Masia e Gigliuto, potrebbe essere interessante per le implicazioni interne al centrodestra, pirma ancora che per gli avversari. 

Rinunciarci sarebbe un segno di debolezza, anche perchè Meloni ha per certi versi risolto la questione, almeno dal suo punto di vista”, dice Masia. E poi “ci sono naturalmente questioni identitarie e una serie di valori tipicamente di destra – l'ordine, la sicurezza per esempio – che restano e sono declinabili a un livello 4.0”. C'è anche da considerare il posizionamento di FdI: “Parla a quel pezzo di paese che ha un chiaro orientamento di destra, un segmento che in Italia ha un margine massimo del 25-26 per cento”, spiega Gigliuto. Per queste ragioni, continua l'analista dell'istituto Piepoli, “per certi versi Meloni lancia quasi una sfida ai suoi alleati, chiamata a bilanciare l'alleanza”.

 

Appunti per Savini e Berlusconi. Ma pure per Enrico Letta che su questi aspetti - tra emergenza democratica, alleanze a difesa della Costituzione e antifascismo - ha impostasto la prima fase della sua campagna. “Strategicamente, è un tema che si utilizza per consolidare il proprio elettorato. Ma ne userei anche altri se fossi la sinistra. Dubito che questo sia un argomento in grado di attrarre consensi moderati, che hanno opzioni anche nello stesso centrodestra e poi nel terzo polo”, dice Masia.

Un'analisi che mostra le debolezze dem, quasi che la priorità per il Pd in questa fase sia non perdere il proprio elettorato storico, prima ancora di allargarlo. “Letta ha investito sulla costruzione di un campo largo con il M5s, che potenzialmente poteva valere un 35 per cento, a cui aggiungere magari qualcosa in campagna elettorale. Era un buon punto di partenza", ricorda Giugliulo. Poi quella prospettiva è saltata, così come quella di un'alleanza al centro con Calenda. “Per questo Letta polarizza il dibattito con Meloni, puntando alla fine sul voto utile. Guardando lo scenario di oggi è comunque difficile un avvicinamento tra le due coalizioni. Sin dall'inizio della sua segretareia ha puntato su temi identitari, come il Ddl Zan o lo Ius soli e forse – conclude - a questo punto è anche l'unica strategia che resta: portiamo a casa il massimo possibile, proviamo a essere il primo partito e poi vediamo”. Dopotutto l'Italia è una Repubblica parlamentare e in cinque anni succedono tante cose.

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