verso il voto

A Roma il centrodestra si finge unito per tirare la volata a Michetti

Tra Meloni e Salvini sorrisi e abbracci alla chiusura della campagna elettorale dell'avvocato. "I problemi ce li ha la sinistra, non noi". Cesa: "Raccomando ai due boy scout di tenere il centrodestra unito". E Sgarbi difende Mimmo Lucano

Gianluca De Rosa

Elezioni Roma, il centrodestra chiude la campagna elettorale per Enrico Michetti

“State calmi, state calmi, volete una dichiarazione? Ve la facciamo subito”, dice Matteo Salvini prima di posare la sua testa su quella di Giorgia Meloni, mettere su un larghissimo sorriso e abbracciare la leader di FdI. Una dichiarazioni muta. Un frame di unità. Di più, di amicizia, di “affetto politico”, come ha detto il segretario leghista. Dopo il pasticcio di ieri a Milano con i due leader che non si sono incrociati per la conferenza a sostegno del candidato del centrodestra Luca Bernardo, dunque, oggi questo incontro per Enrico Michetti sindaco, nell’anfiteatro di Spinaceto, periferia extra Gra, assume un significato che va al di là della campagna elettorale: siamo uniti, unitissimi. E infatti Antonio Tajani, Matteo Salvini e Giorgia Meloni ripetono tutti la stessa cosa: “Noi andiamo con un candidato unico dappertutto, mentre il centrosinistra, il Pd e il M5s, è diviso ovunque”. “Oggi - dicono - ci vedete tutti qui insieme per sostenere Enrico, ve li immaginate Speranza, Conte e Letta che fanno insieme una conferenza stampa? I problemi di unità ce li ha la sinistra non noi”. Maurizio Gasparri, Annagrazia Calabria e Simonetta Matone al lato del tavolo della conferenza annuiscono e applaudono soddisfatti.

 

Noi - tuona Meloni - non stiamo insieme per interesse come la sinistra che occupa le poltrone solo per evitare che il centrodestra vada al governo”. E anche la prossemica, la gestualità è studiata per ostentare una nuova sintonia, una rafforzata convergenza. Mentre gli altri declamano al microfono, Salvini e Meloni parlottano tra loro, ridacchiano, si scambiano affettuosi buffetti. Amici di una vita. A riportare un po’ alla realtà ci pensa il vecchio democristiano Lorenzo Cesa che con tono scantonato e leggermente paternalista ammonisce i due giovani leader con un suggerimento da prima Repubblica. “Sti due ragazzi - dice -, questi due giovani boy-scout, a loro faccio una raccomandazione, perché il centrodestra è un progetto serio, bisogna tenerlo saldo, unito, coeso perché al paese serve una svolta, dobbiamo vincere”.  E il senso è un po’ questo: non perdiamoci in scaramucce interne, non pensiamo ai like, ma ad andare al governo. 

 

Poi Cesa se la prende con Calenda che sogna i voti del centrodestra: “Stavolta - dice - non faccio la parte del democristiano. Calenda è stato eletto al Parlamento con il Pd, è nel gruppo del Pse e sta passando come uno di centro, ma non è vero e io vi dico una cosa: chi lo conosce non lo vota”.  A quel punto ci si ricorda che sono tutti lì per sostenere Michetti. “Qualcuno gli passi il microfono!”. L’avvocato lo prende, ma poi, per cortesia, lo passa al suo assessore alla Cultura in pectore, Vittorio Sgarbi, che intanto è arrivato e si è piazzato accanto ai leader. Sgarbi lo prende e subito riporta la conferenza stampa su un altro piano. Si lancia in una strenua difesa di Mimmo Lucano (a cui, da sindaco, conferì la cittadinanza onoraria di Sutri) poco prima violentemente attaccato da Salvini. L’impazzita variabile Sgarbi. “Su questo con Matteo non siamo d’accordo, io sono convinto che sarebbe importante un dialogo tra lui e Lucano perché i migranti vanno fermati, ma quando sono arrivati è meglio che lavorino e a Riace lavoravano“, dice, mentre Salvini mima con la mano il gesto delle banconote. Poi Sgarbi si lancia: “Da assessore riaprirò il teatro Valle”.

 

Finalmente si torna a Roma e a Michetti viene data la parola. “Non ho mai parlato di me, la stampa ha tratteggiato un’altra persona, io mi sono sempre riconosciuto nei valori della Costituzione e invece sulla stampa leggevo ‘Michetti negazionista, Michetti omofobo’, ogni giorno una cosa nuova, e quindi adesso voi non sapete nulla di me, chi è Michetti?”, si è chiesto (e risposto) da solo. “Michetti è uno che ha gestito milioni di euro, anzi miliardi lavorando per centinaia e centinaia di sindaci e nessuno ha potuto dire che c’era una virgola fuori posto, io - ha detto alzando le braccia in favore di telecamere - ho le mani pulite”. Onesto dunque, ma da ballottaggio? “Ci arriverà e vinceremo”, promette Giorgia Meloni.

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