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il fiasco della democrazia diretta

Il flop di Rousseau. Per gli Stati generali vota solo il 10 per cento degli iscritti

Valerio Valentini

Doveva essere il più importante congresso della storia del M5s. Invece gli attivisti disertano l'iniziativa finale convocata da Crimi. Mai un risultato di affluenza così deludente. Il tramonto delle velleità di Davide Casaleggio

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Ora Davide Casaleggio dirà che la colpa è dei vertici del M5s, che hanno organizzato male gli Stati generali, proponendo "quesiti dall'esito già scritto". E allora Vito Crimi replicherà dicendo che la responsabilità è da attribuire proprio al figlio del cofondatore, e al suo modo dispotico e bislacco di gestire la piattaforma. Sta di fatto che il dato resta lì, emblematico, a decretare una volta di più il fallimento di Rousseau. Perché al termine del più bizantino congresso che la storia della politica italiana ricordi, dopo mesi di baruffe e di isterie per decidere il destino del M5s, e la sua natura e la sua struttura, a votare su Rousseau sono stati poco più del 10 per cento degli aventi diritto al voto. Il che, oltre a ribadire la fumosa inconsistenza di quel mito della "democrazia diretta", pone evidentemente anche grossi dubbi sulla legittimità degli Stati generali, snobbati dalla quasi totalità del popolo del M5s. 

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Ora Davide Casaleggio dirà che la colpa è dei vertici del M5s, che hanno organizzato male gli Stati generali, proponendo "quesiti dall'esito già scritto". E allora Vito Crimi replicherà dicendo che la responsabilità è da attribuire proprio al figlio del cofondatore, e al suo modo dispotico e bislacco di gestire la piattaforma. Sta di fatto che il dato resta lì, emblematico, a decretare una volta di più il fallimento di Rousseau. Perché al termine del più bizantino congresso che la storia della politica italiana ricordi, dopo mesi di baruffe e di isterie per decidere il destino del M5s, e la sua natura e la sua struttura, a votare su Rousseau sono stati poco più del 10 per cento degli aventi diritto al voto. Il che, oltre a ribadire la fumosa inconsistenza di quel mito della "democrazia diretta", pone evidentemente anche grossi dubbi sulla legittimità degli Stati generali, snobbati dalla quasi totalità del popolo del M5s. 

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A fornire i dati è lo stesso SacroBlog. "Per i 24 quesiti redatti dal Capo Politico hanno partecipato alle votazioni da un minimo di 15.812 iscritti a un massimo di 17.154". E dunque il conto sull'affluenza è presto fatto. Perché a fine novembre risultavano iscritti a Rousseau 187.314 persone. Gli aventi diritto al voto erano 151.886. Vuol dire che a esprimere una preferenza sulle domande poste da Vito Crimi al termine degli Stati generali è stata una quota di attivisti che oscilla tra il 10,4 e l'11,3 per cento. Un fiasco clamoroso. 

 

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Il più importante evento di confronto interno al M5s si risolve nella più fallimentare delle consultazioni tra gli iscritti. Il che conferma, una volta di più, lo sfarinamento delle velleità di Casaleggio. Il quale, nell'agosto del 2017, annunciò con fierezza: “Oggi abbiamo 140 mila iscritti su Rousseau e l’obiettivo è di riuscire ad arrivare a 1 milione di iscritti entro il prossimo anno”. Tre anni e mezzo più tardi, gli iscritti sono meno di 190 mila, nonostante il M5s sia arrivato al governo del paese.

 

Quanto alla partecipazione al voto, poi, quello di oggi è di gran lunga il risultato peggiore. Perché nel maggio 2018, ad esempio, per approvare l'accordo di governo tra Lega e M5s, su 115.332 iscritti, presero parte alla votazione in 44.796, meno del 40 per cento degli aventi diritto. Nel maggio del 2019, dopo la perdita di consenso e le varie sconfitte a regionali ed europee, l'allora vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico venne riconfermato alla guida del movimento. Votarono in 56.127. Di Maio festeggiò dicendo che era "il record mondiale per una votazione online in un singolo giorno per una forza politica".

 

Nella burrascosa estate del Papeete, dopo l'evocazione dei pieni poteri e il naufragio dell'esperienza gialloverde, agli iscritti grillini toccò esprimersi sul cambio degli alleati: da Salvini a Zingaretti. "Sei d'accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?", recitava il quesito, non contemplando questa volta nemmeno uno straccio di programma condiviso. Dei 117.194 iscritti, si precipitarono a cliccare in 79.634

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Dopo l'esito delle regionali in Umbria, dove la coalizione tra M5s, Pd e Leu a supporto della candidatura di Vincenzo Bianconi aveva raccolto una sonora sconfitta, Luigi Di Maio avanzò la proposta di una pausa elettorale alle amministrative del gennaio 2020 in Emilia-Romagna e Calabria. La base cinque stelle la pensò diversamente, sconfessando per la prima volta in maniera esplicita la linea del capo politico. Dei 125018 iscritti, però, votarono su Rousseau solamente in 27.273, in pratica 1 su 5. 

 

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Oggi l'affluenza ha segnato il picco più basso: appena il 10 per cento. L'illusione della democrazia diretta, e la retorica futuristica che Casaleggio ha costruito intorno alla sua piattaforma Rousseau, sta tutta in questo dato. 

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