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caos a montecitorio

Perché Fico non può continuare a sperare che a Montecitorio il Covid non ci sia

Valerio Valentini

Alla Camera manca per due volte il numero legale: il voto sulle comunicazioni di Speranza è rimandato a domani. Ma tanti degli assenti sono in quarantena, e non vengono considerati "in missione". Pd e M5s chiedono al presidente di Montecitorio di valutare il voto a distanza. Il rischio di falsare i lavori durante la sessione di bilancio. 

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Due volte sotto, nel giro di mezz'ora, e poi il rinvio. Alla Camera manca in due occasioni il numero legale: e così, la risoluzione sulle comunicazioni del ministro della Salute Roberto Speranza sulle misure anti-Covid viene rimandata a domani. E forse ora, dopo questa non gratificante figura che Pd e M5s raccolgono nell'Aula di Montecitorio, anche Roberto Fico si rassegnerà a prendere atto che il coronavirus esiste ed esiste anche nella Camera che lui presiede, che dunque non può ritenersi immune al contagio, e alle ripercussioni operative e istituzionali che il contagio comporta. 

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Due volte sotto, nel giro di mezz'ora, e poi il rinvio. Alla Camera manca in due occasioni il numero legale: e così, la risoluzione sulle comunicazioni del ministro della Salute Roberto Speranza sulle misure anti-Covid viene rimandata a domani. E forse ora, dopo questa non gratificante figura che Pd e M5s raccolgono nell'Aula di Montecitorio, anche Roberto Fico si rassegnerà a prendere atto che il coronavirus esiste ed esiste anche nella Camera che lui presiede, che dunque non può ritenersi immune al contagio, e alle ripercussioni operative e istituzionali che il contagio comporta. 

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Sì, perché il problema, in questo caso, è solo marginalmente politico. Il centrodestra, compatto, s'appiglia al riferimento di una postilla della risoluzione che allude al prolungamento dello stato d'emergenza fino a gennaio 2021 per contestare una scelta non condivisa come si converrebbe in questi casi, e così rinuncia a votare. Ammutinamento tattico: perché la non partecipazione al voto dei deputati di Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia fa sì che si proceda al conteggio dei presenti. Perché una votazione sia valida, deve essere raggiunto il cosiddetto "numero legale". Che alla Camera si calcola così: si sottrae al numero totale degli eletti quelli che sono "in missione", ovvero gli assenti giustificati (incarichi istituzionali, impegni governativi, viaggi diplomatici ecc), e si toglie ancora 20: il numero che si ottiene, è il numero legale di quella seduta.

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E qui sta il problema, però. Perché, dei circa novanta deputati di maggioranza non presenti in Aula, almeno una quarantina (stando ai primi calcoli) sono assenti a causa del Covid. O perché sono risultati positivi al tampone (è il caso della dem Beatrice Lorenzin), o perché sono venuti in contatto con dei contagiati, e dunque sono costretti a stare in isolamento. In ogni caso, impossibilitati per ragioni sanitarie (e legali) a venire in Aula. Dei 27 assenti nel Pd, ad esempio, ben 23 lo sono per motivi legati all'epidemia. Il M5s conta 14 deputati in isolamento precauzionale su 41 assenti. E anche tra le file di Iv sono 4 i deputati assenti per Covid. Solo che, nonostante le sollecitazioni giunte già nei mesi più acuti della pandemia e fattesi di nuovo insistenti nelle scorse settimane da più parti, l'ufficio di presidenza della Camera non ha mai voluto affrontare il problema su come fare chiarezza rispetto alle assenze per Covid. E, in questo momento, i deputati impossibilitati a recarsi a Montecitorio per votare a causa delle prescrizioni sanitarie non vengono considerati "in missione": non sono, insomma, assenti giustificati, e dunque non vengono considerati nel computo del numero legale.

 

Il Pd aveva segnalato il problema già la scorsa settimana, in conferenza dei capigruppo: "Dissi chiaramente che bisognava segnalare il problema in sede di Giunta per il regolamento dopo i due casi di positività nel M5s al Senato", precisa Emanuele Fiano. Anche il capogruppo grillino, Davide Crippa, ammette ora che "è stato un errore non aver inserito i deputati assenti in missione tra quelli assenti per Covid". Del resto, quando sio erano verificati casi di parlamentari costretti a non uscire dalle zone rosse, nella scorsa primavera, quelli erano stati inseriti tra gli assenti "in missione". Dunque non si comprende bene la ratio seguita stavolta da Fico. Tanto più che il collegio dei questori, tanto per aggiungere insensatezza a insensatezza, ha disposto negli scorsi giorni che non venga decurtata la diaria per assenza ai deputati costretti all'isolamento: insomma, non vengono penalizzati sul piano economico, ma vengono comunque considerati assenti ingiustificati. Senza contare, poi, un ulteriore paradosso: perché alcuni dei deputati che erano davvero "in missione", non per causa Covid, come i renziani Boschi, Marattin e Migliore, sono stati inspiegabilmente tolti dall'elenco, e considerati assenti non giustificati. Un delirio, insomma. 

 

E il problema si riproporrà d'altronde anche nelle prossime. Sia perché è prevedibile un aumento dei contagi, sia perché durante la sessione di Bilancio arriveranno in Aula dei provvedimenti che richiederanno l'approvazione a maggioranza qualificata. Bisognerebbe appellarsi al fair play, come avvenuto durante la prima ondata: quando, cioè, si era giunti a un tacito accordo tra maggioranza e opposizione per contingentare i presenti di ciascun partito mantenendo le proporzioni dei gruppi. Se non fosse che però, a fine aprile, Giorgia Meloni tentò un blitz ordinando a tutti i suoi deputati di entrare in massa in Aula per votare una mozione contro il Mes. Imboscata che fallì, e che però ha creato un precedente che rende ora assai azzardato proporre un nuovo gentlemen's agreement

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Come che sia, Roberto Fico è chiamato ora a prendere una posizione. Perché il Pd sta compattamente sostenendo l'iniziativa del deputato Stefano Ceccanti, che ha nel frattempo raccolto un centinaio di firme anche tra gli eletti di M5s, Misto, Forza Italia e Lega. Si tratta di una proposta di riforma del regolamento di Montecitorio che di fatto, con l'introduzione di un semplice articolo, acconsente alla possibilità del voto a distanza "secondo procedure telematiche che assicurino la personalità, la libertà e la sicurezza del voto", sul modello del Parlamento spagnolo. Una proposta sposata perfino da Giuseppe Brescia, presidente grillino della commissione Affari costituzionali, che nei gironi scorsi ha ribadito con toni perentori che "il voto da remoto è l'unica soluzione". Messaggio in codice neppure troppo velato al presidente della Camera, esponente illustre del Movimento e capo della corrente a cui Brescia appartiene. Da Fico, al momento, nessuna risposta. 

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