PUBBLICITÁ

Pop corn alla farnesina

Giggino 'a marachella. Così Di Maio ha cercato l'incidente sulle presidenze di commissione

Valerio Valentini

Così il ministro degli Esteri ha fomentato i malumori alla Camera, per poi lavarsene le mani. "Parlatene col direttivo". Lo strano caso della commissione Esteri. E stasera, a Montecitorio, la resa dei conti interna

PUBBLICITÁ

I deputati grillini, già in preda ai prodromi di un collasso cerebrale collettivo, se lo sono visto arrivare a tardo pomeriggio, quando il pasticcio al Senato era già compiuto, con quelle due commissioni perse (Agricoltura e Giustizia) e rimaste nelle mani della Lega, e il travaglio della Camera era tutto ancora da affrontare. E allora Luigi Di Maio, con una calma recitata, un'indifferenza ostentata di fronte al periclitare degli eventi, fermo in mezzo al cortile di Montecitorio, a tutti quelli che andavano a denunciargli il caos incombente, rispondeva con lo stesso sbuffo di sufficienza: "Non prendetevela con me, non sono più io che gestisco queste cose. Parlatene col direttivo".

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


I deputati grillini, già in preda ai prodromi di un collasso cerebrale collettivo, se lo sono visto arrivare a tardo pomeriggio, quando il pasticcio al Senato era già compiuto, con quelle due commissioni perse (Agricoltura e Giustizia) e rimaste nelle mani della Lega, e il travaglio della Camera era tutto ancora da affrontare. E allora Luigi Di Maio, con una calma recitata, un'indifferenza ostentata di fronte al periclitare degli eventi, fermo in mezzo al cortile di Montecitorio, a tutti quelli che andavano a denunciargli il caos incombente, rispondeva con lo stesso sbuffo di sufficienza: "Non prendetevela con me, non sono più io che gestisco queste cose. Parlatene col direttivo".

PUBBLICITÁ

 

Il direttivo, appunto. Entità mistica nei discorsi dei parlamentari del M5s. "Il direttivo che poi ha un nome e un cognome", dice Pino Cabras, deputato euroscettico e filomadurista. "Anzi, due nomi e due cognomi: Davide Crippa e Riccardo Ricciardi". Capogruppo e vice: sono loro i colpevoli, loro i traditori. "Hanno condotto – prosegue Cabras – una trattativa troppo cedevole. Non hanno tutelato gli interessi del Movimento". E non è un caso che a condannarli con tanta foga sia Cabras, un esponente di quella commissione Esteri che ieri pomeriggio, quando ha capito che la riconferma della grillina Marta Grande era improbabile, e bisognava convergere su Piero Fassino, è andata nel panico. "Non esasperiamo il racconto", dice Cristian Romaniello, collega di Cabras. "Noi, in totale autonomia, abbiamo solo manifestato la nostra posizione". Lo hanno fatto con una lettera inviata al capogruppo, e prontamente concessa alle agenzie stampa. Che tutti sapessero, insomma. 

 

PUBBLICITÁ

Quanto all'autonomia, però, c'è chi dubita. Perché quello che tanti deputati del M5s hanno solo sospettato, o neppure osato pensare, è che in verità, in questa strategia della confusione, Di Maio c'ha messo del suo. Quello stesso Di Maio che poi esibiva serafica superiorità all'ingarbugliarsi degli eventi, aveva voluto agitare le acque: e così, stando ai racconti di esponenti di governo del M5s, ha contribuito ad alimentare il malcontento. "Se non l'ha aizzata, non ha neppure fatto nulla per sopirla, la canea della Esteri". Che del resto, certo, è la sua commissione di riferimento: e per un ministro non è mai piacevole doversi confrontare con presidenti di altri partiti, per quanto alleati. Ma qui il calcolo è stato assai più spicciolo, perché a motivare il tentato blitz del capo della Farnesina non è stato tanto il timore di ritrovarsi in Piero Fassino un avversario (ché anzi, da politico navigato qual è, l'ex sindaco di Torino, quello di "Grillo fondi un partito e poi vediamo quanto prende...", non ha affatto lesinato in cortesie diplomatiche per guadagnarsi la stima del ministro).

 

No, l'attivismo di Giggino 'a marachella, come lo chiamano i ministri grillini a lui meno vicini, era dettato semmai dalla voglia di vedere aumentare la confusione dentro il M5s, per poi gustarselo con l'aria soddisfatta di chi si gode uno spettacolo manguicchiando i pop corn. Per questo, poi, pilatescamente si stringeva nelle spalle: "Parlatene col direttivo, chiedete a loro", nel mentre che il capogruppo Crippa, insieme ad Alfonso Bonafede e Stefano Buffagni, imploravano il dem Graziano Delrio di rimandare tutto, di evitare il vietnam: "Posticipiamo almeno qui alla Camera". Perché a Di Maio, da quando ha lasciato la carica di capo politico, gli psicodrammi dentro i gruppi parlamentari garbano da matti, se li assapora uno a uno ripensando a tutto quello che gli è toccato sopportare in passato, a tutte le crisi di isteria infantile che doveva gestire, a quando si vedeva chiamato al telefono dal senatore Lele Dessì che lo chiamava a telefono per lamentarsi di chissà che bega di giornata, mentre lui, Di Maio, vicepremier gialloverde, era impegnato a parlato con Vladimir Putin. "Mi hanno accusato di tutto, ora vediamo come se la cavano senza di me", confidava ai suoi fedelissimi a metà gennaio, quando aveva ormai deciso di dimettersi da capo politico. E ora infatti, a vedere i sudori di Vito Crimi, reggente per caso che nessuno regge, sedicente capo politico spernacchiato da tutti, gli si apre sul viso un ghigno che è quasi un sorriso. 

 

Lo stesso che deve esserglisi dipinto in viso, a Di Maio, quando ha saputo che stasera, alle 20.30, su Zoom, è stata convocata una riunione tra il direttivo e la pattuglia parlamentare. Un incontro che si preannuncia come una resa dei conti. L'ennesima, in un Movimento allo sbando

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ