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Il libro “Giustizia” del ministro Nordio, analisi impietosa e spunti di riforma

Andrea Venanzoni

Il testo è una sorta di disegno sistematico di costruzione dell’identità della giustizia, attraverso due distinte ma connesse parti: una più teorica e che rimonta alle radici del concetto stesso di giustizia. E un’altra significativamente richiamante la pratica della giustizia

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Nel brocardo fiat iustitia et pereat mundus, Salvatore Satta scolpì l’orrore del formalismo giudiziario, di quel moto squassante che in maniera autoreferenziale ed escatologica decretava la morte delle umane cose e dell’universo tutto per celebrare il dominio di un diritto alieno, claustrale e oscuro. E a ben vedere, decenni dopo, quel principio potrebbe essere sussunto nel feroce dispositivo (sub)culturale del giustizialismo, le cui componenti eccitate rimandano un carnicino orizzonte d’inferno. E’ possibile invertire una tendenza che, simile a una slavina di fango e tenebra, ha aggredito il ventre della politica e del dibattito giuridico-giudiziario negli ultimi decenni? E’ possibile, certo. A patto però di riappropriarci dell’essenza stessa della giustizia, dei suoi formanti, della sua funzione e della sua consistenza di scienza umana

 

E’ per questo assai prezioso il nuovo libro di Carlo Nordio, ora ministro della Giustizia, edito dalla sempre attenta e preziosa Liberilibri. “Giustizia”, appunto, che si dipana e snoda non tanto per capitoli quanto per temi. Una sorta di disegno sistematico di costruzione dell’identità della giustizia, attraverso due distinte ma connesse parti: una, la prima, più teorica e che rimonta alle radici del concetto stesso di giustizia, e un’altra, la seconda, significativamente richiamante la pratica della giustizia.

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Il volume inaugura peraltro una collana, Voltairiana, con cui Liberilibri intende passare in rassegna i temi di illiberalismo, carcere, popolo, sorveglianza, tolleranza, processo, Costituzione, diritti, stato, rischio, autonomia, moneta. Si tratta a ben vedere di tutti quegli elementi che vanno puntualmente analizzati per decretare lo stato di salute, o al contrario di malattia, del sistema italiano e soprattutto la divergenza di un dato modello teorico-generale e storico dalla sua risultante contingente. E che il sistema italico della giustizia se la passi assai male, per non dire malissimo, lo testimonia il florilegio di preziosi contributi come “Diritto penale totale” (Filippo Sgubbi), “Populismo politico e populismo giudiziario” (Giovanni Fiandaca), “Giustizia mediatica” (Vittorio Manes); fenomeni accompagnati per mano da una parte politica vorace e ottusa che ha caldeggiato, più con spirito farsesco e volgare da Cola di Rienzo che non con il rigoristico sadismo dell’istituzione alla Joseph Fouché, l’involuzione sistemica di un ordinamento in cui davvero, sempre sattianamente, certi magistrati mandano al carnefice nemmeno fossero emuli del Grande inquisitore.

 

La fenomenologia della giustizia, ricostruita con acuto nitore da Nordio nelle prime pagine del volume, risale su per i secoli, fendendo le nebbie delle dottrine filosofiche e religiose che spesso ne hanno alimentato la fisionomia. La Grecia, Roma, la Bibbia, Hegel, la trasmutazione dell’ordine sociale e ideologico di una data società in sistema di diritto.  La parte più attuale del notevolissimo volume, scritto con prosa raffinata, è chiaramente quella che appunta la propria osservazione sulla giustizia penale in Italia e che poi affresca la figura del magistrato etico e di lotta. Nordio destruttura subito un luogo comune: l’Inquisizione non è l’antecedente logico-storico del giustizialismo contemporaneo, che sembra invece affondare le proprie radici in quel ritualismo in apparenza garantista ma nella sostanza profondamente turpe e violento che fu il processo giacobino. Garanzie solo teoriche, come la separazione tra giudicante e accusatore e la presenza di una giuria popolare, nel cui brulicante ventre sembra di sentire la eco colpevolista del sistema massmediatico eccitato dalla pubblicazione delle inutili conversazioni captate. Le garanzie, se non sostanziali, diventano solo tragica foglia di fico per coprire moralmente la pornografia giudiziaria spiattellata su alcuni giornali.

Da meditare poi la parte conclusiva, “Principi liberali per una riforma radicale”, che si spera possa costituire manifesto programmatico e direttiva di prassi amministrativa del Nordio ministro.

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