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Embargo coalition

Sanzionare il greggio russo e aggirare lo stallo europeo: in Europa c'è chi dice sì

Oltre a Polonia e Paesi baltici, lunedì hanno espresso sostegno Irlanda, Danimarca, Slovacchia, Slovenia e Repubblica ceca

David Carretta

Le sanzioni sul greggio sono più efficaci di quelle sul gas. Posizioni e controindicazioni. "Ogni stato membro è libero di adottare le sue sanzioni nazionali”, dice Josep Borrell

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Bruxelles. Di fronte al veto dell’Ungheria e alla resistenza della Germania su un embargo dell’Unione europea, alcune capitali stanno iniziando a far circolare l’idea di una coalizione dei volenterosi per imporre un bando limitato delle importazioni di petrolio dalla Russia. “Ogni stato membro è libero di adottare le sue sanzioni nazionali”, ha detto ieri il portavoce del Servizio europeo di azione esterna diretto da Josep Borrell.

 

Proposte concrete ancora non ce ne sono, ma dal punto di vista giuridico non ci sono ostacoli alla creazione di un gruppo di paesi che decida autonomamente di applicare un embargo petrolifero. Inizialmente la misura sarebbe soprattutto simbolica e con un impatto limitato. C’è anche il rischio di proiettare un’immagine di disunità dell’Ue. Alla coalizione potrebbe aderire un gruppo ristretto di paesi: gli stati membri meno dipendenti dal petrolio russo e quelli più determinati a usare ogni mezzo per contrastare la guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina.

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Nel corso delle settimane, le pressioni delle opinioni pubbliche sui governi che rifiutano di partecipare all’embargo potrebbero spingere altri stati membri a unirsi alla coalizione dei volenterosi. Il danno reputazionale di restarne fuori rischierebbe di essere più grande del beneficio di continuare a importare petrolio da Putin. Il petrolio russo è considerato più efficace e facile da colpire del gas. Il greggio rappresenta la principale entrata del bilancio della Federazione: 350 milioni al giorno contro 200 milioni per il gas, secondo le ultime stime.


Il 30 per cento circa del petrolio importato dall’Ue e il 15 per cento dei prodotti raffinati vengono dalla Russia. La dipendenza varia in modo significativo: 13 per cento per Francia e Italia, 30 per cento per la Germania, 43 per cento per l’Ungheria, 80 per cento per la Finlandia, 93 per cento per la Lituania. Ma il tipo di mercato e le infrastrutture di trasporto sono completamente diversi da quelli del gas. Meno del 10 per cento del greggio russo arriva nell’Ue attraverso oleodotti. A differenza del gas naturale liquefatto, che ha bisogno di terminali e rigassificatori, sarebbe più facile trovare forniture alternative. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, lunedì ha tenuto una riunione con gli amministratori delegati di alcuni importanti gruppi petroliferi (tra gli altri Total, Eni, Bp e Shell), alcuni dei quali hanno già deciso di sospendere gli acquisti di petrolio dalla Russia.

 

Un embargo sul petrolio, tuttavia, ha diverse controindicazioni. La scorsa settimana l’Agenzia internazionale per l’energia ha avvertito che “le implicazioni di una potenziale perdita delle esportazioni di petrolio russo per i mercati globali non possono essere sottovalutate”. Diversi paesi europei temono un’ulteriore impennata del prezzo del greggio, con ripercussioni anche sui prezzi di gas ed elettricità, e penurie di prodotti raffinati come il diesel. La Germania non vuole correre il rischio di una rappresaglia: in risposta a un embargo sulle importazioni di petrolio “Putin potrebbe decidere di tagliare le esportazioni di gas”, spiega al Foglio un diplomatico europeo.

 

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Ma dentro l’Ue aumenta il numero di paesi favorevoli, che potrebbero formare la base di una coalizione dei volenterosi. Oltre a Polonia e Paesi baltici, lunedì hanno espresso sostegno Irlanda, Danimarca, Slovacchia, Slovenia e Repubblica ceca. In prima linea c’è la Lituania, malgrado sia il paese più dipendente dal greggio russo. Il suo ministro degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, ha detto di voler colpire il petrolio “perché è la più grande entrata per il bilancio russo”.
 

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