Matteo Salvini, Mateusz Morawiecki e Viktor Orban presentano una nuova alleanza europea, lo scorso 1° aprile 2021 (foto Ap)

Perché l'AfD, Wilders in Olanda e i sovranisti nordici non firmano con Salvini&Co

David Carretta

Nove delegazioni nazionali su quindici nell’Ecr e quattro su dieci in Id non hanno firmato la "Carta dei valori" della destra sovranista europea: è il segno che fondare l'internazionale dei nazionalisti resta complicato

Fondare l’internazionale dei nazionalisti in Europa e trasformarla nella seconda formazione politica del continente è un’impresa molto più complicata che lanciare una “Carta dei valori” dai contenuti piuttosto vaghi. Lo dimostra la lista degli assenti dal documento su cui Viktor Orbán, Matteo Salvini, Matteus Morawiecki e Marine Le Pen hanno raccolto le adesioni di sedici partiti (in realtà quindici, perché uno ha rinnegato subito la firma) delle destre populiste e anti immigrazione dell’Ue. Le ragioni sono le più svariate, ma l’assenza di partiti come Alternativa per la Germania, il Partito per la libertà dell’olandese Geert Wilders, i Democratici svedesi, i Veri finlandesi o i belgi della N-VA dimostra che non basta essere critici dell’immigrazione, dell’Ue superstato o dell'euro per aderire.

L’ambizione di Orbán, Salvini, Morawiecki e Le Pen è costituire un gruppo unico al Parlamento europeo che competa con il Partito popolare europeo, superando i Socialisti & Democratici e i liberali di Renew Europe. Per farlo dovrebbero fondere i due gruppi espressione della destra euroscettica e anti Ue: i Conservatori e riformatori europei (Ecr) e Identità e democrazia (Id). Non solo i promotori sono stati costretti a scrivere nella “Carta dei valori” che sarà rispettato “il ruolo degli attuali gruppi politici” (nessuna fusione all’orizzonte tra Ecr e Id): l'assenza di alcuni dei partiti storici delle alleanze euroscettiche mette in discussione il progetto da un punto di vista culturale. Nove delegazioni nazionali su quindici nell’Ecr e quattro su dieci in Id non hanno firmato

L’assenza di maggior peso è quella dei tedeschi di AfD. Il loro leader, Jörg Meuthen, era stato tra i più entusiasti sostenitori del blocco delle destre nazionaliste. Lo scorso marzo, dopo un primo vertice tra Orbán, Salvini e Morawiecki a Budapest, ne aveva rivendicato la paternità. “Nel 2018 ho avuto l’idea di un grande gruppo Conservatore e patriottico unito e ne parlai con Salvini”, aveva detto Meuthen. Eppure lui a Budapest non era andato e lo stesso è accaduto con la Carta dei valori. “Sosteniamo pienamente il contenuto e lo spirito di questa dichiarazione e ci aspettiamo di unirci a un blocco conservatore forte, democratico e che ama la libertà al Parlamento europeo”, ha detto Meuthen a un sito di area populista (Gateway Pundit). Come dire: “Andate avanti voi”. L’AfD è impegnata in una difficile campagna elettorale in vista delle legislative il 26 settembre. Da principale forza d’opposizione rischia di scivolare al quinto posto. Associarsi a chi critica costantemente la Germania o vuole altri soldi del contribuente tedesco non è consigliabile in questa fase. 

La contingenza politica nazionale ha spinto altri a dissociarsi dalla Carta o a non aderire. L’esempio più palese è quello dei Paesi Bassi, dove la battaglia del premier Mark Rutte contro la legge anti Lgbt in Ungheria è molto popolare e Orbán è molto impopolare. Il Forum per la democrazia di Thierry Baudet ha adottato una posizione stile AfD. “Sosteniamo qualsiasi tipo di cooperazione tra partiti nazionalisti e conservatori”, ha detto un portavoce. Ma non ha firmato. Un altro partito populista olandese, JA21, ha spiegato che la sua firma è stata annunciata per errore. La Carta “è stata oggetto di discussione nel nostro partito, ma non la firmiamo”, ha detto JA21.

L’altro leader del populismo olandese ed europeo, Geert Wilders, ha rinnegato la Carta perché troppo pro Ue: i quindici firmatari, dopo aver promesso la exit, ora vogliono lavorare insieme per riformare l’Ue dall'interno. L’annuncio della Carta è “fantastico”, ma “il Partito per la libertà resta per la Nexit (Netherland exit)”, ha spiegato un eurodeputato di Wilders, Marcel de Graaff: “Nessuna riforma, ma fuori dall’Ue! Ecco perché non firmiamo questa dichiarazione”. Nel gruppo Id, anche l’assenza del partito ceco Libertà e democrazia diretta (Spd) di Tomio Okamura potrebbe essere motivata da una Carta non sufficientemente radicale.  Nell’altra galassia euroscettica, i moderati dell’Ecr hanno pubblicato una dichiarazione per ribadire che rimangono fedeli a un’altra Carta, la “Dichiarazione di Praga che è la base per il gruppo”. I fiamminghi della N-VA sono critici dell’Ue, ma non vogliono andarsene e sono aperti su temi sociali come famiglia e diritti Lgbt. I Democratici svedesi hanno imboccato la strada della moderazione per entrare nei giochi a Stoccolma e preferiscono stare lontani da Salvini e Le Pen. I loro vicini, i Veri finlandesi, sono precipitati nei sondaggi da quando hanno scelto di entrare nel gruppo Id. Alla fine nemmeno loro hanno firmato.

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