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in estremo oriente

Il culto di Murakami celebrato con una biblioteca da sogno (un po’ per fanatici)

Mariarosa Mancuso

Il fondatore di Uniqlo ha donato 10 milioni di euro per finanziare l'allestimento di uno spazio dedicato allo scrittore di culto giapponese. Dove si possono ascoltare i suoi dischi, consultare la sua biblioteca e persino assaggiare la sua miscela di caffè preferita. “Avrei preferito un simile monumento dopo la mia morte” ha risposto l'interessato

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Chi ha comprato maglioni o piumini da Uniqlo, deve sapere che una briciola degli incassi – ma briciola dopo briciola, si arriva ai dieci milioni di euro donati dal fondatore della ditta Tadashi Yanai – ha finanziato a Tokyo una spettacolare biblioteca dedicata a Haruki Murakami. Sta nel campus dell’Università di Waseda, dove lo scrittore ha studiato Drammaturgia, con una tesi sul cinema americano – primo passo di un progressivo allontanamento dal Giappone dei ciliegi in fiore e della cerimonia del tè.

Pubblica il primo libro – “Ascolta la canzone del vento” – a 29 anni. La leggenda vuole che l’idea gli sia venuta guardando una partita di baseball. E che abbia scritto il primo capitolo in inglese per poi tradurlo in giapponese, tanto poco era interessato alla bella scrittura ornata (quella che poi rientra in traduzione: “L’uccello che girava le viti del mondo” risulta essere “La gazza ladra” di Gioacchino Rossini). Per mantenersi gestisce assieme alla moglie un locale, caffetteria di giorno e jazz bar la sera. Il successo da romanziere gli evita il carico e scarico delle casse di birra. Comincia quindi a correre, fino alla maratona, per non ingrassare.


Murakami è di culto. La biblioteca disegnata da Kengo Kuma (l’architetto dello stadio olimpico) è il sogno degli studiosi e dei lettori fanatici. Un locale chiamato “Orange Cat” serve la sua miscela preferita di caffè, per colonna sonora un vinile dalla sua collezione che ne conta 20.000, suonata su giradischi Luxman. Una sala ha il pianoforte e le sedie originali del “Peter Cat” (così si chiamava il locale). C’è lo studio, ricostruito. Niente di speciale, per la verità: tavolo con computer, salottino con un divano e due poltrone, un tappeto sul parquet, scaffali e tapparelle in legno. Mai giornalista ne ha varcato la soglia, l’appuntamento per le – rare – interviste era in un altro ufficio.

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“Avrei preferito un simile monumento dopo la mia morte, adesso mi spaventa un po’”, ha detto Murakami all’inaugurazione, il primo ottobre scorso. Ma è stato lui a donare i materiali, perché non ha figli e perché servivano professionisti per mettere ordine. Oltre alla collezione di dischi, ci sono 1.400 volumi (gli originali e le versioni in 50 lingue, più i Carver, i Fitzgerald, i Chandler, i Salinger che Murakami ha tradotto dall’inglese), l’archivio con tutti gli articoli su di lui maniacalmente conservati (ai giornalisti che riuscivano a fargli qualche domanda, chiedeva tre copie del giornale o della rivista), manoscritti, appunti e altri documenti. Niente filmati né fotografie, si è sempre sottratto.

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Studiosi e lettori appassionati devono prenotarsi, ogni sessione dura 90 minuti: nei duemila metri quadrati possono entrare soltanto trenta persone. Accolte da una maestosa galleria in legno, con scaffali pieni di libri e bambolini a forma di “little people”, gli esserini del romanzo “1Q84”. Poco lontano è stato attrezzato uno studio radio, per registrare la trasmissione – jazz e classica – che Haruki Murakami regolarmente conduce su Tokyo Fm.

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