Teodoro Buontempo, detto "Er Pecora"

Legge elettorale e M5s. La situazione non è seria, ma è grave

Guido Vitiello

Nel ’93 per giornali e politica chi circondava la Camera era un pericoloso fascista. Oggi nessuno dice niente

A forza di consolarci con Ennio Flaiano – “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria” – finiamo per dimenticarci che magari non sarà seria, ma è grave. E sorvoliamo sistematicamente sul seguito di quella citazione dal “Diario notturno”: di questo, però, in coda. L’operetta, il folclore, la commedia monicelliana c’erano anche – seppure in modi meno sgargianti – il 1° aprile del 1993, quando decine di ragazzotti del Fronte della gioventù, sotto l’egida di qualche deputato missino, assediarono Montecitorio indossando magliette con lo slogan (poi plagiato dai grillini) “Arrendetevi, siete circondati”.

 

Alla fine dell’impresa il Di Battista dell’epoca, meno belloccio ma tutto sommato più articolato, si gloriò in Transatlantico: “Se questo Parlamento crede di poter emanare leggi maggioritarie, restando sordo ai richiami del paese, sarà circondato da decine di migliaia di persone che chiederanno lo scioglimento immediato delle Camere e le elezioni anticipate. Da domani, queste manifestazioni si moltiplicheranno in tutta Italia, davanti a tutti i palazzi del potere. La società civile dimostrerà che non ci sono più luoghi dove si può essere immuni dal disprezzo popolare”. Era Teodoro Buontempo, detto “Er Pecora”. La situazione non era seria; ma era grave, e gravi furono le reazioni.

 

Napolitano, presidente della Camera, mandò un commesso a intimare all’onorevole missino Maceratini di sciogliere la manifestazione. Il ministro dell’Interno Mancino riferì all’Aula: “Tutto è stato preparato per portare discredito al sistema, per vilipendere le istituzioni, per offendere il Parlamento. E tutto è avvenuto sotto la regia di rappresentanti del popolo”. Il più duro fu D’Alema, capogruppo del Pds: “Quando un gruppo di squadristi aggredisce il Parlamento, devono arrivare le forze dell’ordine e spazzarli via. Questo dev’essere chiaro!”. La Stampa di Torino titolò: “Fascisti bloccano Montecitorio”. Un editoriale di Repubblica si rivolgeva agli esponenti della Rete e di Rifondazione comunista (la versione seria di Mdp), e li invitava a meditare “sui rischi che stanno correndo mescolandosi a una protesta cieca e ribalda, che sempre si ripete nel nostro paese quando si apre una stagione di crisi”. A stretto giro la procura di Roma inviò avvisi di garanzia ai parlamentari coinvolti nella manifestazione, citando l’art. 289 del codice penale, ultimo comma: turbativa dell’attività parlamentare. “Non mi resta che ridere”, commentò Er Pecora. “Durante la manifestazione della settimana scorsa non c’è stata alcuna violenza. Quell’iniziativa voleva avere un suo significato: il popolo che circonda il Palazzo”.

 

Bene, ora pensate a questa scena indecente. Luigi Di Maio, non un comune rappresentante del popolo ma addirittura il vicepresidente della Camera, capo di un partito grande (ma non serio), si divide tra palazzo e piazza e a quest’ultima lancia un invito: “Siete convocati la settimana prossima per circondare il Senato”. Titolo in prima pagina del Corriere della Sera? “Fiducia, primi sì e proteste”. Occhiello, esilarante: “Di Battista: solo il Duce osò tanto”. La situazione non sarà seria ma è grave; la reazione, semplicemente ridicola. E qui torniamo alla frase di Flaiano del 1954, che era la risposta alla domanda “Definisca scherzosamente la situazione politica in Italia”, in un immaginario “Esame di moralismo”. Domanda successiva: “Ne dia un giudizio più amaro”. Eccolo: “Sono un sincero democratico, ma certe cose mi fanno arrossire di rabbia e di vergogna: penso, pertanto, che gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura”. #PacificamenteAWeimar.

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