Una famiglia diabolica

Pietrangelo Buttafuoco

di Salvo Toscano, Newton Compton, 285 pp., 6,90 euro

Tutto è inganno, solo il disinganno ci libera. Ma quando è già tardi. Hercule Poirot a Sperlinga. Questo è il thriller di Salvo Toscano edito da Newton Compton. “Una famiglia diabolica” è un concentrato di odi, vecchi rancori, mai sopiti risentimenti che trovano il loro acme nella forzata riunione dei tanti membri che compongono il clan Vicari, costretti a ritrovarsi nel cuore della Sicilia meno conosciuta e per di più indigena – lo splendido borgo di Sperlinga – per spartirsi il denaro lasciato dalla decana, morta apparentemente per cause naturali. Una storia molto più importante del genere “grande thriller”, un racconto infatti del rapporto umano che lega i due fratelli protagonisti: Roberto, avvocato, e Fabrizio, giornalista di nera, caduto in disgrazia per un errore giudiziario. Da una Palermo caotica, trafficata e trafficona, l’avvocato Roberto Corsaro parte alla volta di Sperlinga per assistere la sorella della sua socia in questa vicenda di lasciti testamentari. Fabrizio lo raggiungerà inaspettatamente quando la faccenda si tingerà di sangue per fare il suo mestiere e arrivare prima degli altri alla notizia.

Roberto non può immaginare che si ritroverà al centro di un delitto efferato che sconvolge il tranquillo paese dove ancora gli abitanti parlano un dialetto incomprensibile, all’ombra di uno splendido castello, ahimè ignorato dagli itinerari turistici come i tanti gioielli sconosciuti che arricchiscono l’isola.

Ciò che avvince più ancora del plot che ha comunque un finale geniale e sorprendente, svelato in una sorta di tragedia dove al posto dell’investigatore belga troviamo i due fratelli improvvisati detective, è l’intreccio esistenziale dei due Corsaro e dei legami che ruotano intorno alle loro vite.

Un matrimonio quasi in crisi per Roberto, uomo di sani princìpi e provata fedeltà, che lascia a casa una moglie inappagata dalla maternità e convinta di aver sprecato i migliori anni della sua vita con un marito distratto. Un fratello Fabrizio, quasi sconosciuto, con cui non ricordava di aver mai parlato davvero, “le sorelle quelle sì, parlano e parlano.

I fratelli no. I fratelli sanno che ci sono, e magari ti chiamano pure se finisci in galera”. Dietro l’apparente disinvoltura, il fratello minore, seduttore seriale di femmine, ironico e trasgressivo, nasconde il grande trauma, mai superato, della morte precoce del padre.

Rapporti precari e sgangherati, un’assoluta facilità a scegliere male le proprie compagnie e a lasciarsi scappare l’unica donna veramente importante della sua vita, caratterizzano il personaggio.

Toscano coniuga la capacità di delineare i personaggi di quel palcoscenico a cielo aperto che è la vita di paese – dove niente può essere nascosto e fatti drammatici accaduti nel passato continuano inesorabili a fare male – con un umorismo elegante, capace di comicità anche quando la tragedia incombe.

Alla fine il puzzle si ricompone, non solo quello che porta i due fratelli a scoprire chi e perché ha ucciso l’odiosa Rosetta Vicari, archetipo paesano, ma anche quello delle vite dei due fratelli.

Forse non tutto si aggiusterà subito, forse Roberto ci metterà del tempo a riconquistare sua moglie di cui è profondamente innamorato, forse Fabrizio guarirà dal suo male oscuro. “Invecchiare è prendere coscienza di un disinganno” dice Roberto a Fabrizio nella conversazione autentica che dopo o forse per la prima volta in tanti anni, svela all’uno la vita dell’altro. “La vita è quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri progetti” risponde con semplicità Fabrizio citando l’amato John Lennon mito indimenticato della sua giovinezza.

 

Una famiglia diabolica

Salvo Toscano

Newton Compton, 285 pp., 6,90 euro

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  • Pietrangelo Buttafuoco
  • Nato a Catania – originario di Leonforte e di Nissoria – è di Agira. Scrive per il Foglio.