Il mistero Arnolfini

Giuseppe Fantasia

di Jean-Philippe Postel, Skira, 128 pp., 16 euro

Quanto ne sapete sul “Ritratto dei coniugi Arnolfini”? Chi sono, in realtà, quell’uomo e quella donna al centro della stanza dipinti da Jan van Eyck, protagonisti assoluti di un dipinto a olio di piccole dimensioni (82 x 60 cm) e protetto solo da un vetro nella stanza numero cinquantasei della londinese National Gallery? In abito scuro e con un cappello rigido a falda larga, lui – con il capo coperto e un vestito verde che non può nascondere la gravidanza, lei. Si tengono per mano, non si guardano mai in faccia né fissano lo spettatore: l’unico che pensa a farlo è il piccolo griffoncino di Bruxelles ai loro piedi, tra un paio di zoccoli sulla sinistra e la lunga coda del vestito della signora che copre il pavimento in legno che arriva fino al tappeto, toccando il letto rosso magenta a baldacchino. La luce della finestra risalta il lampadario che scende dal soffitto come il piccolo specchio che riflette la coppia di schiena, ma a ben vedere non ci sono soltanto loro. Su quel dipinto del 1434 che suscita subito ammirazione per la fattura – “un non so che di atemporale, un respiro e un ritmo” – è stato detto e scritto di tutto, ma continua ad avere un mistero che lo avvolge e che lo fa essere ancora più affascinante e magnetico negli occhi di chi si sofferma a guardarlo. Ci attira, si potrebbe dire che ci chiami, vediamo che c’è qualcosa da vedere, ma non capiamo cosa, perché il senso dello stesso ci sfugge. “Se non vediamo niente è perché sono stati pensati dei depistaggi che distraggono lo sguardo e la mente, facendo sì che ciò che è stato dipinto passi inosservato”, spiega il medico e grande appassionato d’arte Jean-Philippe Postel in questo libro avvincente come un giallo, tradotto da Doriana Comerlati con una prefazione di Daniel Pennac. Il suo consiglio è di munirsi di una lente d’ingrandimento e di guardare quella tela con maggiore attenzione, perché il mistero Arnolfini è “l’applicazione del metodo dell’osservazione clinica ad un’opera pittorica”. Solo così vi risulterà evidente che tutto era sempre lì, sotto i vostri occhi, solo che prima non ve ne eravate accorti. Noterete, ad esempio, che riflesso nello specchio c’è anche un terzo uomo – per molti lo stesso van Eyck – il bordo del tappeto sfilacciato, la paglia intrecciata del cappello nero, gli effetti di sole sulle ciliegie come una sola candela accesa fino alla scritta sulla parte: “Johannes de Eyck fuit hic 1434”. Non fecit o complevit, ma fuit hic, quindi non fece o terminò quel dipinto nel 1434, ma fu qui in quella data, oppure – come fa notare Postel, “Van Eyck fu questo uomo nel 1434”, una frase ambigua che aggiunge ancora più mistero all’opera e al suo autore di cui, tra l’altro, non si conosce né il luogo né l’anno di nascita.

 

IL MISTERO ARNOLFINI
Jean-Philippe Postel
Skira, 128 pp., 16 euro

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