Mark Halperin

Se un giornalista è un predatore, è allora anche un "narratore" distorto?

Paola Peduzzi

La lista dei maiali nei media. Il caso Halperin

Nelle redazioni americane la lista “Shitty Media Men” circola da settimane, moltissimi hanno visto i settanta nomi che vi compaiono, le accuse rivolte a ognuno di questi uomini di merda (dai corteggiamenti, agli “strani” appuntamenti a pranzo, alle molestie: nessuna accusa è verificata), e molte giornaliste hanno detto, hanno scritto anche: finalmente. Finalmente si dice la verità. Finalmente viene fuori che quel reporter idolatrato, quel commentatore riverito non è altro che un porco. L’intellettuale Leon Wieseltier, storica firma di New Republic, pare fosse sulla lista, e mentre emerge tutto il disprezzo nei suoi confronti – disprezzo antico, ideologico, personale – ancora una volta si dice: sapevano tutti, sapevano tutte, nessuno diceva. Ma ora: finalmente.

 

Nessuno vuole pubblicare la lista: Mike Cernovich, blogger di destra solitamente spregiudicato, ha pagato diecimila dollari per averla, una volta che l’ha ottenuta ha detto “la pubblico entro poco”, ma non l’ha fatto. Dice di aver interpellato molti dei settanta – che saranno a un livello di ricattabilità inimmaginabile ora – e soprattutto di aver parlato molto con i propri avvocati, rendere pubblica la lista “è come camminare su una corda appesa nel nulla”, può accadere di tutto.

 

Accade di tutto anche fuori dai settanta: Mark Halperin, l’ultimo dei grandi giornalisti a cadere, non sarebbe sulla lista degli uomini di merda. Eppure cinque donne (in aumento) lo hanno accusato di molestie: aveva la mania di chiedere baci, di appoggiarsi alle donne mentre aveva un’erezione, a una collega avrebbe toccato il seno senza il suo consenso. Halperin ha rilasciato subito una dichiarazione dicendo di aver cercato relazioni con colleghe anche più giovani di lui, di essersi accorto che il suo comportamento è stato inappropriato e di voler fare un passo indietro rispetto al suo lavoro quotidiano. Anche con lui sta risuonando il solito, rassicurante “finalmente”, con qualche malizia in più, considerando che Halperin è fidanzato da quindici anni, ha avuto un figlio da lei all’inizio di quest’anno, il suo account Instagram è il racconto di una famiglia felice, affiatata, una bella favola (il filtro di Instagram non riguarda i colori delle foto, come si sa). L’impero di Halperin è andato presto in frantumi: l’atteso libro sulla campagna elettorale dello scorso anno è stato sospeso, Hbo ha detto di non voler più realizzare la versione televisiva. Il compagno di lavoro di Haperlin degli ultimi anni, John Heilemann, non ha rilasciato dichiarazioni: sono un duo affiatato e celebre, hanno raccontato i retroscena delle campagne elettorali americane dal 2010 a oggi, dal 2014 hanno iniziato un’avventura giornalistica a Bloomberg (si è parlato tantissimo del loro stipendio, un milione di dollari a testa) e per Showtime hanno realizzato nel 2016 una miniserie, “The Circus”, che è forse quanto di meglio e informato sia stato prodotto durante la confusa campagna elettorale dello scorso anno. Ora Halperin viene accusato di qualcosa di più delle molestie: di essere un predatore e come tale di essere stato condizionato nel raccontare l’elezione del 2016, dove il gender e le chiacchiere da spogliatoio hanno avuto un ruolo importante. Jodi Kantor, la giornalista del New York Times che ha firmato lo scoop sul caso Weinstein, ha tuittato: “Molti pochi narratori avevano il potere di Halperin di plasmare il dibattito politico, che ha spesso riguardato specificatamente le questioni di gender”. Ora ogni tweet, commento, dichiarazione di Halperin sull’elezione del 2016 suona come un segnale non ascoltato di quanto un uomo così aggressivo con le donne fosse inadeguato a commentare – ancor meno quando provava a minimizzare – un uomo come Trump. La differenza tra lo scandalo Weinstein e questa lista di uomini di merda dei media è tutta qui, nel fatto che di là c’è la fiction e di qui la realtà, di là ci sono gli attori e un mondo patinato e di qui i “narratori” della nostra vita vissuta, di quella dei nostri leader, immortalati nei dietro le quinte senza troppe maschere, così diversi da quelli dei comizi e dei dibattiti. Quando cade qualcuno dei narratori, con il coro dei finalmente a sostegno del linciaggio, va giù un pezzo del racconto della nostra realtà, un orco in più, oceani di credibilità in meno.

Di più su questi argomenti:
  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi