Nella nuova Turchia di Erdogan i nemici sono l'esercito e i professori
"Elimineremo il virus da tutte le istituzioni pubbliche". L’ultimo appello di Erdogan, dopo il fallimento del tentato golpe del 15 luglio, porta alla memoria i ricordi del putsch del generale Kenan Evren che nel 1980 diceva: “Se non impiccate quelli che lo meritano, si propagheranno come un virus”. La “cura” questa volta sembra meno sanguinaria, nonostante il bilancio dell’insurrezione sia di oltre 260 morti e sia stata ventilata l’ipotesi di reintrodurre la pena capitale, abolita nel 2001 per compiacere l'Europa.
La scure del presidente turco si è abbattuta su esercito, amministrazione pubblica e istruzione: una purga colossale che ha falcidiato otto alti funzionari del parlamento turco, oltre 14 mila tra militari e poliziotti, quasi tremila magistrati e, in numero spaventosamente più alto, insegnanti (21mila) e rettori di università (1500), ritenuti legati al movimento dell’imam Fetullah Gulen, vertice del movimento Hizmet, indicato dal capo di stato come il mandante del fallito golpe. E in piazza Taksim, che fu teatro delle proteste anti-governative, oggi compare lo striscione “Feto (Gulen, ndr), cane del diavolo, impiccheremo te e i tuoi cani allo stesso guinzaglio”. Sempre oggi si terrà la riunione dell’Mkg, l’alto consiglio di sicurezza turco, che secondo indiscrezioni potrebbe istituire tribunali speciali, prolungare i fermi di polizia e stabilire un istituto per vagliare tutti i dipendenti della pubblica amministrazione.
"Feto [Gülen], Dog of Satan, we will hang you and your dogs by your own leashes" - new banner in Taksim Square. pic.twitter.com/ThudCn4VRV
— Alev Scott (@AlevScott) 20 luglio 2016
Dopo gli arresti tra le fila dell’esercito, il giro di vite colpisce il mondo dell’istruzione, accusato di vicinanza a Gulen. Il movimento del predicatore, che dal 1999 si trova in esilio volontario negli Stati Uniti, controlla infatti numerose associazioni professionali e studentesche, onlus, scuole, università e possiede un impero mediatico. La resa dei conti arriva con l’annunciata sospensione di 15.200 tra funzionari del ministero dell’educazione e insegnanti delle scuole pubbliche, che vanno ad aggiungersi ai quasi 9000 licenziamenti nel ministero dell'Interno e ai più di 2.500 di altri dicasteri. Secondo una fonte del Foglio, all’interno di un’importante università turca, il Consiglio per l'Istruzione superiore ha vietato fino a nuovo ordine ogni spostamento all'estero dei professori universitari, ai quali sarebbe stata ritirata la carta verde. “Dopo il colpo di stato mancato – spiega al Foglio la fonte, che chiede di restare anonima - c’è stato un colpo di stato civile per mano di Erdoğan. Sono stati annullati i congedi di tutto il personale accademico: non sappiamo esattamente cosa succederà in seguito, ma la situazione non sembra affatto tranquilla. I sostenitori dell’Akp sono sempre per le strade e dalle moschee non cessano di lanciare i loro appelli”.
Sostenitori dell'Akp in piazza a Istanbul (Foto LaPresse)
Controlli anche sui media: a 34 giornalisti è stato ritirato il tesserino professionale, ed è stato aperto un fascicolo contro 370 dipendenti e cronisti della televisione pubblica Trt. Preoccupa la comunità internazionale anche l’indebolimento dell’esercito, vista la crucialità della Turchia nella sicurezza e nella lotta al terrorismo dell'Isis. Proprio ieri, nel giorno simbolico dell'anniversario del cessate il fuoco con i curdi, gli F-16 di Ankara hanno bombardato postazioni del Pkk al confine iracheno. Erdogan vuole dimostrare che la sicurezza del paese sarà garantita nonostante il tentato golpe.
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