Il pm Nino Di Matteo (foto LaPresse)

Una nuova tegola per l'accusa al processo sulla Trattativa

Massimo Bordin

Il gip ha deciso l'archiviazione per i sette ufficiali denunciati da Masi, carabiniere e capo scorta del pm Antonino Di Matteo, e fino a ieri indagati per favoreggiamento aggravato

Una nuova tegola, pesante, per l’ipotesi dell’accusa nel processo sulla cosiddetta trattativa. Saverio Masi, carabiniere e capo scorta del pm Antonino Di Matteo, era stato portato sul banco dei testimoni dallo stesso magistrato e dagli altri che rappresentano la procura nel dibattimento. Naturalmente come testimone d’accusa. Il carabiniere accusava sette ufficiali del reparto operativo di Palermo di avergli impedito di dedicarsi ad indagini per catturare Bernardo Provenzano, quando era ancora latitante, e Matteo Messina Denaro. La denuncia, presentata dal capo scorta nel 2013, con il dibattimento già iniziato, venne molto valorizzata dall’accusa che vi vide la conferma di un complotto ordito da un settore dell’Arma per evitare la cattura dei boss mafiosi, in ossequio alla famosa trattativa. Solo che mentre Masi, come teste d’accusa, era già portato all’attenzione della corte d’assise, il gip doveva ancora pronunciarsi sulla sua denuncia. Lo ha fatto ieri, decidendo la archiviazione per i sette ufficiali denunciati da Masi e fino a ieri indagati per favoreggiamento aggravato. Viceversa il gip palermitano, Vittorio Alcamo, ha disposto, contro il parere della procura, il rinvio a giudizio del capo scorta per diffamazione e calunnia. Nelle motivazioni il gip definisce la denuncia di Masi “propalazioni prive di avallo” prospettate con una tempistica “sospetta” e in maniera tale da squalificare la sua stessa personale attendibilità. Attendibilità invece assai valorizzata dal dottore Di Matteo.

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