Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Pioli e Inzaghi, il valore di essere buoni

Alessandro Bonan

Gli allenatori di Milan e Inter si giocheranno lo scudetto punto a punto fino all'ultima giornata. I due sono diversi calcisticamente ma simili umanamente 

L’errore madornale, la sconfitta assurda, le lacrime di Radu, il garbo di Inzaghi nel contenere a parole tutta la sua amarezza, proteggendo la squadra. Qualcosa dice che tutto sia deciso, qualcosa risponde che molto è ancora aperto. Inzaghi ci è già passato, quando sembrava finito si è rialzato andando a vincere a Torino contro la Juventus, in una di quelle notti dove è indistinta la differenza tra la paura, il coraggio e la fortuna. È lì che si è scoperto (noi lo abbiamo fatto) tosto e senza tutte quelle incertezze che ognuno gli vedeva appese a ogni capello. Il calcio, si sa, è materia psicologica, e nell’Inter, prima del successo contro la Juventus, la distanza tra il cuore e il cervello si era fatta lunghissima. Inzaghi è stato quello che di fronte alle critiche ha ribattuto senza ribattere, come un sordo che risponda all’unico rumore che conosca: il silenzio. In questa forma di resilienza, più o meno spontanea, ha aggiunto valore alla sua sostanza di allenatore. Quale sarà la reazione dopo la notte orribile di Bologna? Riuscirà ancora a far giocare il suo calcio, fatto di linee dritte, geometrie precise dentro spazi profondi? Gli resterà del tempo oppure, dietro il calcio mancato di Radu, è sfumato anche quello? La risposta è nelle mani di Stefano Pioli, il capolista. I due si assomigliano nella serietà e nel rispetto degli avversari. 


Se Inzaghi lavora con concentrazione, Pioli lo fa con lucidità. Ma l’uno e l’altro sono vicini nel grado di civiltà che esprimono in un ambiente così competitivo. Pioli sta decisamente realizzando un capolavoro tecnico. Forte dietro e in mezzo, ha dovuto arrangiarsi davanti, dove gli manca più di qualcosa per arrotondare l’attacco. Il calcio del Milan è fatto di regole imprecisate dentro un sistema di gioco altresì chiaro. Il Milan per questo risulta leggibile sulla carta ma imprevedibile sul campo, soprattutto quando si tratta di affrontare una pari grado. Pioli sbanda di fronte alle difese chiuse, affidandosi a giocate che s’infrangono come onde sugli scogli. E in questo stallo di partite si disunisce finendo per subire anche qualche contropiede pericoloso. Ma con le grandi il Milan si esalta sfruttando le maggiori distanze e liberando Leao, il suo campione. Pioli ci mette il resto, senza perdere capacità di osservazione, tanto che raramente sbaglia un cambio. Vince di cuore, perché c’ha in pugno la squadra, esattamente come Inzaghi, almeno fino a qualche giorno fa. Entrambi belli nel mostrare la bontà come un valore. Che dentro un mondo di cattivi, non ci dispiace affatto.

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