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Pechino 2022 - il foglio sportivo

Un'Olimpiade di volti, sorrisi e lacrime in differita

Giovanni Battistuzzi

Missione compiuta: dieci medaglie in una settimana. E ne manca un’altra. Le immagini che ricorderemo dei Giochi olimpici invernali

Sarà che gli orari sono quelli che sono, almeno qui in Italia, rispetto la Cina l’altra parte del mondo. O che l’inverno invoglia meno a unire il tramonto con l’alba rispetto all’estate. Sarà il clima, la lunghezza della notte, che le coperte addosso sono un bel sentire. O che forse la neve (o il ghiaccio) è qualcosa che ci affascina, ma che sentiamo distante, quasi fosse un’altra dimensione, prossima e tangibile, ma non realmente nostra. Oppure soltanto che tra noi e lei (o lui) ci sono di mezzo sci, pattini, snowboard, slitte e bob. Non c’è quella naturalità diretta che sentiamo nei confronti del correre, del nuotare, del lanciare, azioni che l’uomo fa da sempre. Sarà per tutto questo, o solo per qualcosa di tutto questo, ma questi Giochi olimpici invernali sono soprattutto immagini in differita. Quelle in diretta, quando ci sono, sono mattutine. Tutte le altre sono riservate a grandi appassionati, una di quelle tante nicchie – più o meno ristrette – che compongono l’alveare dello sport. Queste immagini in differita sono soprattutto volti, espressioni. Spesso di gioia: è una medaglia – che sono ormai dieci in una settimana, quelle che ci aspettavamo alla vigilia, ma con un altra settimana di gare davanti – che concede luce e spazio, almeno nel nostro paese, a chi ha deciso di non prendere a calci un pallone. A volte di tristezza, di rabbia, di rimpianto, o soltanto di rammarico.

 

Le medaglie dell'Italia ai Giochi olimpici di Pechino 2022

Sono volti arrossati dalla temperatura e dallo sforzo, a volte incorniciati da caschi, che la sicurezza sportiva impone la sua presenza. Volti che sono sorrisi e occhi spalancati a gustarsi il momento, in certi casi sorrisi e occhi timidi, quasi imbarazzati e increduli. Come quelli di Stefania Constantini e Amos Mosaner dopo aver scritto la storia del curling italiano e ancora non omaggiati dalla medaglia d’oro. Lì sul ghiaccio a guardarsi attorno spaesati, quasi a cercare una conferma, quasi a chiedere a chi stava loro attorno: ma è tutto vero?

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Volti che sono urla e ghigni lietamente feroci, dove la felicità lotta con l’orgoglio e la rivalsa sino a trasformarsi in lacrime, d’oro e olimpiche. Come quelle di Arianna Fontana dopo 500 metri di pattinate-short-track.

Ci sono sorrisi a braccia al cielo, che sono una domanda che in realtà è un’affermazione: l’ho fatta grossa? sì, l’ho fatta grossa. Sorrisi di bronzo. Come quelli di Omar Visintin, terzo in rimonta nello snowboardcross. Sorrisi che chi l’’avrebbe mai detto, come quelli di Davide Ghiotto, specie perché arrivati in scia ad altri fenomenali e svedesi che toglierebbero fiato a tutti. Ma c’è un bronzo da festeggiare. Ci sono sorrisi di determinazione ed esplorazione. Come quelli di Francesca Lollobrigida, avanguardista del medagliere azzurro, battistrada di sogni e ambizioni dei compagni di spedizione.

 

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E ci sono sorrisi che sono bava e fatica e conquista. Quelli di chi il traguardo l’ha superato lasciando sulla neve non solo gambe e polmoni, ma pure qualcosa di più e che a vedere sempre le stesse spalle davanti non ci fa più caso, si può mica battere i fenomeni. Quelli di Federico Pellegrino. Sorrisi lieti, da ultima possibilità agguantata. Sorrisi di precisione e rapidità. Come quelli di Dorothea Wierer al termine della prova sprint del biathlon. Ci sono urla che diventano sorrisi, e sono sorrisi orgogliosi e pieni di decibel, una rivendicazione di esistenza. Come quelli di Francesca Brignone, che a fare la parte dell'“esperta” della Nazionale non ci teneva, saranno mica tanti ormai trentun anni, soprattutto a confronto di altri saliti prima e dopo di lei sui podi di Pechino 2022. Ci sono sorrisi di ostinata resistenza, di forza e passione, che col tempo diventano un sospiro di sollievo, che quel tampone poteva rovinare tutto e rovinarlo prima. Come quelli di Dominik Fischnaller.

 

Infine ci sono sorrisi che non ci sono. Che lo sport va così, e ci si può fare niente. Lacrime senza gioia, ma rassegnate e disperate, che chiedono un appiglio, una parola amica che non serve, perché nulla serve davvero in certi momenti se non ragionare e provare a non farsi troppo male. Grugni e sguardi tristi, come quelli di Michela Moioli e di Sofia Goggia. Ma sono soltanto un passaggio, forse. Un tramite verso nuovi sorrisi.