Foto LaPresse

Pechino 2022

Argento che non c'è un paragone. L'impresa olimpica di Sofia Goggia

Giovanni Battistuzzi

Ventitré giorni fa si era infortunata al ginocchio, sembrava impossibile vederla alle Olimpiadi. Ha concluso la Discesa libera al secondo posto, dietro a Corinne Sutter. Nadia Delago ha conquistato la medaglia di bronzo

La razionalità avrebbe consigliato la calma, il salvaguardare il futuro a discapito del presente, l’integrità all’ambizione. Ma in Sofia Goggia il razionale è questione complessa, non lineare, per niente razionale. È un concentrato di rischio e di istinto, di voglia matta di buttarsi giù a tutta verso il traguardo e vedere come va. Due parole: mola mia. Sofia Goggia non conosce il freno e la salvaguardia del futuro non è altro che una voglia matta di prendersi il presente, di gustarsi l’effetto che fa immediato, per tutto il resto c’è tempo.

C’è stato un momento in cui forse l’unica a credere davvero che non tutto fosse perduto era lei. La caduta nel Super G di Cortina era stata una mazzata. Il referto medico sembrava un diktat: trauma distorsivo al ginocchio sinistro, con una lesione parziale del legamento crociato già operato nel 2013, una piccola frattura del perone e una sofferenza muscolo tendinea. A leggerlo razionalmente c’era da dire ciao ciao a Pechino 2022 e dare appuntamento a Milano-Cortina 2026 Quattro anni sono tanti, quasi sembrano troppi. Sofia Goggia aveva deciso di crederci, era partita per la Cina con l’obbiettivo di correre Super G e Discesa libera. Le lacrime che avevano anticipato la decisione di saltare il primo sembravano l’anticipazione anche per la resa definitiva.

Perché rischiare? O meglio, perché rischiare così? L’Italia era pronta ad applaudirla per la determinazione e l’ostinazione. Sarebbero stati applausi sinceri. Ma Sofia Goggia è diversa da chi era pronta a battergli le mani, se ne frega di questi attestati di stima un po’ estemporanei. Si è messa il pettorale, è scesa, è arrivata al traguardo. Ha urlato, di rabbia e soddisfazione. Sofia Goggia ha conquistato l’argento nella discesa libera ai Giochi olimpici invernali.

Foto LaPresse

 

Medaglia d’argento che è tanto, che è risultato straordinario, che è una spinta a tutta la squadra azzurra ultimamente un po' ferma sul medagliere, che è troppo o quasi. Perché sembrava impossibile, assurdo, e invece si è realizzato. Una versione all'ingiù di quanto era riuscito a fare all'insù Marco Pantani verso Courchevel, un recupero contro tutti e tutto, anche se stesso. Medaglia d’argento che però quasi sembrava non bastarle. Quando Corinne Sutter ha superato il traguardo segnando il miglior tempo di sedici centesimi, nel volto di Sofia Goggia il sorriso si è trasformato in grugno, la felicità in mezza delusione. Un attimo appena, qualche secondo che però raccontano meglio delle sue parole il perché lei a Xiaohaituo c’era e come sia riuscita a guidare la classifica per una decina di minuti nonostante quello che le era successo ventitré giorni prima.

“Quando il primo febbraio la squadra è partita per la Cina ero in palestra, ho fatto esercizi per mezz’ora con le lacrime”, ha detto alla Rai a gara conclusa.

Lacrime determinate. Non ha perso un giorno, un’ora, anzi. Ha seguito i dottori scrupolosamente, anzi ha detto loro di fare in fretta, che aveva un biglietto aereo, un appuntamento olimpico con gli sci. Sperava in una medaglia, a un certo punto s’era trovata su di un podio provvisorio tutto azzurro, con Nadia Delago ed Elena Curtoni. Corinne Sutter si è messa in mezzo, anzi in testa. Ha spinto Elena Curtoni giù dal podio, fatto scalare le altre. La svizzera ha vinto ed è giusto così, è stata la migliore. Nadia Delago ha conquistato il bronzo olimpico. Sofia Goggia l’impresa l’aveva già fatta.

Foto LaPresse