Cristiana Capotondi e Andrea Pezzi ancora insieme sul red carpet di Venezia 2019. La coppia si è separata l’anno scorso (Ansa) 

I figli del disamore. Un catalogo delle rotture

Ginevra Leganza

Da chi si ruba gli orologi a chi difende gli ex dalle malelingue. Nel caso Pezzi-Capotondi c’entra la stoffa spirituale

Nei lutti del cuore non c’è logica: ognuno va per conto suo. C’è chi s’offende, chi scompare, chi si sbraca del tutto e chi tutto dimentica. Se i filosofi antichi ci tripartivano in materialisti, esseri spirituali e morbide vie di mezzo, a distanza di millenni è chiaro che sono i primi – i passionali – a nutrire i notiziari del malamore. Eppure nel vaso dello showbiz, sempre colmo di addii, sorprende oggi l’opzione Capotondi. Ricapitoliamo. Sappiamo che lui, Andrea Pezzi, e lei, Cristiana Capotondi, stanno insieme per quindici anni. La storia si chiude ma la porta resta generosamente aperta se lei si scopre fecondata da un altro e lui l’accompagna nella gestazione di un figlio che non è suo. Un santo? Un san Giuseppe moderno?

   

Andrea Pezzi dà prova di civiltà, scrivono i giornali, lontano com’è dal tossico patriarcato che gli imporrebbe di sedurre e abbandonare. Ma soprattutto prova il sentimento superiore di chi sa amare – oltre il possesso – anche quello che non è suo. Siamo seri. Quanti di noi riuscirebbero ad accogliere la prova fisica di un abbandono? Andrea Pezzi, accostandosi alla traccia d’un altro uomo, compie un gesto tanto nobile, tanto insolito. E pone ora un interrogativo sugli effetti del distacco. Perché se è vero com’è vero che non si muore per amore, sarà pur vero un altro assioma. Il fatto è che – per quanto si vorrebbe – troppo bene non ci si lascia mai. I due, Pezzi e Capotondi, sembrano al di là di questa logica, ma poi chissà… E’ che di solito c’è sempre uno dei due che nella sofferenza decelera il processo di guarigione. 

   
Non ci si lascia che male, si diceva. Eppure, per quanto male, ciascuno si lascia e si dà pena a modo suo. Il tutto a seconda del tipo umano che incarna. Le reazioni del disamore sono sempre connesse alla qualità spirituale di chi le prova. Da che mondo è mondo, infatti, gli uomini sono stati tripartiti. C’è chi s’abbarbica alla passione e chi sorvola oltre l’insuccesso. E poi ci sono le vie di mezzo… Che suppergiù siamo noi. Capaci di sopravvivere alla delusione in forza di un armistizio. Bisognosi di lontananza dall’Eden perduto. Questo per dire che nelle cronache di chi s’abbandona, oggi, quasi riecheggia uno standard antico. Più di Platone – unico vero guru per noi che vorremmo sorvolare sugli insuccessi sentimentali – lo metteva a fuoco Valentino, lo gnostico egizio del II secolo d.C., che nella sua tripartizione del consesso umano già codificava le reazioni degli sconsolati. 

  
Ecco allora che uomini e donne si dividono in “ilici” (da hyle, materia), “psichici” e “pneumatici”. Si dicono ilici quelli vinti dalla passione carnale. La parola non è facile da ricordare, ma capirli non costa fatica. Perché davvero non occorre consultare Valentino… Potete farvi un’idea guardando stralci cult targati Maria De Filippi: spulciando uno di quei programmi che sono ormai cifra dell’umore italiano. E son trattati di etologia, con annessi tableaux vivants di femmine che s’accapigliano e maschi che s’azzuffano per il possesso di un animale di nome “tronista”. Risalendo nella catena dell’essere vengono poi gli psichici, ovvero i debolucci di cuore propensi all’evoluzione. E infine – senz’altro i più rari – gli uomini pneumatici, capaci di incassare schiaffi come fossero aliti di vento. E di prendere la vita come fosse pneuma, appunto. A quest’ultima eletta categoria sembra appartenere l’imprenditore e dj ravennate Andrea Pezzi. Ma accantoniamo per un momento le altezze e ripartiamo dalle basi. Perché in effetti, nel mondo dello spettacolo, gli ilici sono in netta maggioranza. 

  
Uomini e donne ossessionati dal possesso e dal materialismo amoroso s’accalcano fra le news. Viene un po’ la nausea, è vero, ma ripensate per un momento a quei due che ancora disputano per orologi e borsette: gli irraggiungibili Totti e Ilary. Talmente legati agli aspetti materiali dell’esistenza da aver chiamato la figlia Chanel. All’indomani dell’addio i due non resistono a rinfacci, punture, ripicche… Ai richiami ferini che han portato l’uno al ratto delle borsette, l’altra a svaligiare la cassaforte traboccante di orologi. Pochissimi giorni fa Ilary Blasi, non paga, postava una Instagram story dinanzi alla boutique Rolex in via Condotti, punzecchiando l’ex con un tag. Ed ecco che gli effetti del disamore, qui, hanno corrisposto a due anime profondamente iliche. Dovessero mai tornare assieme (mai dire mai: prima regola del cuore) per riconciliarsi dovrebbero come minimo fare un quarto figlio di nome Rolex. Eppure i due, per quanto vertici, son tutt’altro che soli in questa selva di spiantati spirituali. Lo spettacolo, dicevamo, abbonda di revanscismo materialista. Dalle ville dell’Eur a Hollywood, passando per i castelli in Provenza, tutto il mondo è un paesone denso di malamore. Focalizzate ora l’attenzione e attivate l’immaginazione sullo Château Miraval. E’ il castello conteso dalla più bella coppia scoppiata negli ultimi anni, acquistato nel 2011 da Brad Pitt e Angelina Jolie. Lo pagarono 55 milioni di dollari per 35 camere, piscine, palestre e una sala di incisione a suo tempo usata da Pink Floyd, Cranberries e Sting, quando il castello apparteneva al pianista jazz Jacques Loussier. E poi ancora fontane, laghetti, oliveti e vigneti per un totale di 400 ettari. Sempre in questa reggia di Correns, nel 1850, l’inventore del cemento armato Joseph-Louis Lambot aveva messo in piedi una miniera d’oro rosso bianco e rosa: una preziosa cantina rinomata oggi per la produzione di vini biologici. Ebbene, in queste ore, per quella tenuta in Francia, volano dardi legali. Il New York Times riporta la denuncia di Angelina Jolie ai danni del divo, marito e padre violento. Fra i pomi scagliati sul tavolo del divorzio, in quella mensa accattona del “che cos’è mio-che cos’è tuo”, ci sono i figli (as usual). Ma è sul set provenzale che il loro “noi” si dissolve in via definitiva. Là dove i Brangelina si scambiarono le fedi, e dove ora – dopo il “per sempre” – si sbraitano addosso il “mai più”. Ritrovandosi fantasmi nei corridoi di quello stesso castello. L’attrice vorrebbe che il tribunale dichiarasse definitiva la vendita delle sue quote alla multinazionale Stoli, così da liberarsi dall’ex marito. Ma l’ex marito la osteggia, nella pratica d’accattonaggio post-divorzio che tocca tutti gli ilici, al di là del ceto sociale e del patrimonio. Perché alla base di un’anima ilica c’è l’ansia di possesso che ad amor chiuso si fa feroce. Siano vigneti o orologi, non conta. Sia tu divo o povero diavolo, neppure. Se Dio t’ha fatto ilico, potrai ritrovarti a disputare – euro più euro meno – sulle bollette che hai pagato tu e non lei, sull’auto in comune, sui figli e sugli affitti. In una gara di pezzenteria senza esclusione di colpi. Certi altri, infatti, di solito più modesti ma pur sempre d’ilico spirito, decidono di non lasciarsi mai. E non per amore, ma per effetto-paradosso del disamore. Non tutti hanno voglia d’impoverirsi. Ed è per questo che in tanti – come già diceva Leo Longanesi – “vissero per sempre felici e scontenti: perché costava meno”. Di questi tempi, poi…

 
Ma guardiamo adesso alla vita dei common people. Veniamo ai disamori “psichici”: alle disperazioni dal sangue temperato. Insomma, veniamo a noi che ci sforziamo di navigare nella medietà delle cose e non siamo né ultra materialisti e né santi Giuseppi. Figurarsi se siamo poi Madonne… Ecco che la vita, in questo nostro caso, corrisponde all’esatto trattino fra spirito e materia. Ci si sforza di non essere ilici ma esser pneumatici non è facile. L’essere psichico, per come lo pensava il filosofo egizio, è quello dotato di libero arbitrio. E’ colui che può scegliere di dominare gli istinti e di comprendere, anche se su un piano basso, le verità superiori. E’ in uno stadio intermedio, potremmo dire, dov’egli intende che non di solo sesso vive l’uomo. Di solito per chi s’appoggia a questo gradino ci vuol tempo prima di ritrovare la via. Ma se sotto sotto sei psichico e non ilico, prima o poi ce la fai. Prendete il caso Morgan-Asia Argento. Nelle ultime settimane s’è assistito a un Morgan rinsavito e al ritorno della Argento che più ci piace. Dopo la gemebonda fase #MeToo, Asia torna finalmente dark lady. Non più vittima da invitare la domenica pomeriggio in tivù: non più tappezzeria per zitelle addivanate, non più idolo per bizzoche anti-maschio. Asia torna finalmente mantide. Finalmente stronza. Almeno in apparenza o nell’immaginario. In sintesi: succede che il giornalista Charles Leerhsen scrive una biografia di Anthony Bourdain, cuoco sublime ed esploratore gastronomico con cui l’attrice intrattiene una tormentata relazione aperta sino alla morte di lui. Nel 2018 Bourdain, attanagliato dall’alcolismo, si suicida. Pochi minuti prima, secondo la ricostruzione del biografo, riceve un simpatico messaggino: “Smettila di rompermi le palle”. E’ Asia, la sempiterna bitch. Cultrice di lussuria e poliamore. Accusata oggi d’aver causato il gesto disperato dell’amante (come se il suicidio avesse mai un perché). Ed è su quest’illecita accusa che interviene lo scapigliato lombardo. Dopo anni e anni di follie, Morgan la difende. In un impeto di temperanza. Bello che superato l’inferno legale dell’amor che non perdona, viene il tempo di un upgrade. Finalmente è amor che nella mente gli ragiona. E gli fa dire: “Ci siamo amati, e quando si dice ‘ti amo’, anche una volta finito il desiderio e conclusa la storia, quello rimane per sempre […] Anche se non sono più innamorato di lei, avrà sempre il mio rispetto e la mia complicità”. Uno scudiero che perfettamente incarna il grado medio della gnosi. Morgan personifica lo psichico del nostro Valentino: è l’uomo sensibile, di studi sregolati, che vede sempre il bene e sempre sceglie il male. Anzitutto in amore. Eppure, tolti i paraocchi e passato il peggio, dice e fa la cosa giusta. Provando quel che è vero: che dal malamore si guarisce, e che l’amore vero o è eterno o non è. Anche se nella forma muta di continuo come l’acqua… E solo chi sa solcare le sue maree ascende a un rango superiore. 

 
Esperimento, questo dell’ascesa, più facile nell’arte che nella vita. Prima del bel gesto di Andrea Pezzi, che generosamente accompagna l’ex fidanzata durante la gravidanza, ci furono altri spettacolari gesti d’addio. Indimenticabile la performance di Marina Abramovich e Ulay. I due performer, poco pneumatici nella vita, lo però furono nell’arte. Dopo dodici anni di sodalizio artistico e sentimentale, si lasciarono incontrandosi a metà strada. The Lovers: The Great Wall Walk è il nome della scarpinata durata novanta giorni lungo l’intera Muraglia cinese: nel 1988 partirono dagli estremi opposti per dirsi addio nel centro esatto. Un grande, colossale commiato che non trovò corrispondenza nella vita. Travagliarono il post amore ostilità e battaglie legali per i diritti d’autore. Il loro fu un caso d’incongruenza fra arte e vita: l’una pneumatica, l’altra ilica. L’una protesa alla Grande muraglia e alla meraviglia; l’altra ai bassifondi d’un tribunale…

 
Lasciarsi bene, s’è capito, è quasi impossibile. Per noi semplici, non c’è logica nei lutti del cuore. E per la fine d’ogni amore ci vorrebbe un protocollo. Un cerimoniale, come per il funerale d’un re, che ci salvi dal tormento. E ci dica l’abito indossare, il gioiello da sfoderare, il capello d’acconciare quando il legame si spezza. Non siamo ilici ma neppure pneumatici, e di un supporto – a differenza degli eletti – avremmo disperato bisogno. 

 
Non v’è dubbio che gli esseri spirituali siano in via d’estinzione. Sono sempre più rare queste creature che incassano l’addio come fosse un buffetto. Con Andrea Pezzi sorge allora il pensiero di averne avvistata una. Perché al di là della sociologia da bazar, al di là degli osservatori che misurano in ogni maschio la temperatura patriarcale, c’è un canone più antico. Una formula che dall’Egitto del II secolo ci dice che in certi maschi si nascondono semi di vivo spirito. Perché a sdolcinarsi son bravi tutti, ma è nell’eleganza dell’addio che si misura l’uomo. 

 
Beata chi questi maschi incontra. Non meno fortunata chi dice loro addio.