Uno dei punti di somministrazione del vaccino anti Covid in Piemonte (Ansa)

Cattivi scienziati

Burocrazia vaccinale

Enrico Bucci

Serve una nuova breccia di Porta Pia contro il muro delle lungaggini amministrative

Perché le vaccinazioni in Italia vanno a rilento? I motivi sono tanti, ma uno dei fattori principali è la malnata e complicatissima macchina burocratica, cui ognuno pensa di aggiungere o togliere ingranaggi alla bisogna, regione per regione in modo diverso. La cosa non si riflette solo sui vaccinandi: anche chi deve vaccinare – medici e infermieri – finisce in un gorgo inestricabile e perverso. Per rendersene conto, basta prendere una regione a caso – il Piemonte, ad esempio, invece della solita imperdonabile Lombardia. Ho chiesto a un medico di medicina generale, il dott. Diego Pavesio, di aiutarmi a capire cosa sta succedendo. Qualche risposta la si trova subito nel modulo di consenso informato che mi ha inviato e che è stato fornito a ogni futuro vaccinatore: 12 pagine, da compilare per ogni vaccinazione, dalle quali innanzitutto apprendiamo che per ogni persona da vaccinare è prevista la presenza di due “professionisti sanitari”.

 

Ora, il Piemonte come molte regioni comprende tanti piccoli comuni, e la medicina territoriale non è tale per cui in questi sia facile reperire due professionisti che possano lavorare insieme: questo è già un primo ostacolo. È stato sì predisposto un certo budget, che i medici potranno usare per richiamare infermieri: ma tocca ai primi anticipare, in vista di un rimborso a piè di lista che, prevedibilmente, non sarà facilissimo ottenere. Così, infatti, mi dice il dott. Pavesio: “Al giorno d’oggi trovare un infermiere, pagarlo e poi chiedere il rimborso alla regione (che per questo ha stanziato 1,8 milioni) è operazione complicata se non impossibile. Non oso immaginare le difficoltà in sedi periferiche, campagne, aree montane…”. A questo punto, non è difficile capire perché solo 1.000 su 3.000 medici di medicina generale piemontesi abbiano deciso di dare una mano a somministrare il vaccino di AstraZeneca: sono quelli che, in un modo o in un altro, sono riusciti a garantire la presenza di un secondo professionista che vaccini con loro. Tra questi, tuttavia, alcuni dovranno recarsi presso le Asl competenti in appositi locali, ove presteranno la propria opera; molti altri, invece, dovranno ritirare il vaccino dalla propria farmacia di fiducia in corrispondenza del numero di pazienti che la regione (in teoria) comunicherà e dovranno utilizzare il proprio studio alla bisogna.

 

La farmacia del dott. Pavesio, tuttavia, ad oggi non ha il vaccino e non sa come e quando sarà disponibile né come arriveranno le comunicazioni regionali: tutto a una settimana dalla data in cui si dovrebbe cominciare. I pazienti, a seconda della propria fortuna, potranno ottenere quindi una vaccinazione comoda e rapida (se le dosi ci saranno) presso lo studio del proprio medico, oppure dovranno fare la fila alla Asl: il tutto in maniera sostanzialmente stocastica, in dipendenza dell’auto-organizzazione dei singoli medici e delle Asl. Se poi si è paziente di uno di quei due medici di medicina generale su tre che non accetta di prestare la propria opera (stante il fatto che nessuno può imporre loro di farlo, visto che sono convenzionati), allora il cittadino dovrà attendere una somministrazione molto più complicata per la difficoltà nel reperire medici vaccinatori. Quelli attuali sono già impegnati nella somministrazione dei vaccini a Rna e per questo si pensa di reclutare chiunque, anche i farmacisti.

 

 

In tutto questo, come si possono reperire informazioni utili circa lo svolgimento della campagna vaccinale? Come fanno i farmacisti, i medici, i cittadini stessi a organizzarsi? Esiste un canale di comunicazione affidabile? Considerando come esempio l’annuncio del reclutamento dei medici di medicina generale, che dovrebbero iniziare a vaccinare con AstraZeneca tra una settimana, ecco come descrive ciò che è avvenuto il dott. Pavesio: “Annuncite sabauda. Comunicazioni che seguono la via Facebook, media nazionali, medici invece della via Assessorato, direzioni Generali, Asl, medico”. Del resto, mi dice il dottore, la stessa, identica cosa è avvenuta quando la politica locale ha voluto inventarsi un protocollo per le cure domiciliari a base di clorochina e vitamina D: il populismo comunicativo è stato lo stesso. Incertezza, mancanza di informazione e di organizzazione, decisioni prese all’ultimo momento sulla base di ciò che si verifica un momento prima e comunicazione diretta per canali non istituzionali: il tutto diversamente regione per regione e settimana per settimana. Serve una nuova breccia di Porta Pia, aperta dal generale Figliuolo nelle labirintiche mura della disorganizzazione burocratica italiana.

 

Di più su questi argomenti: