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gli eterni insoddisfatti

E adesso basta lagne moraleggianti sulla legge elettorale

Giuliano Ferrara

È uno strumento: chi lo sa usare vince, chi non lo sa usare perde. Gli insoddisfatti rivogliono il proporzionale, rivogliono i partiti, ma non vogliono che i partiti decidano del Parlamento. Parlare di politica, no?

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Dunque la legge elettorale Rosatellum si è rivelata perfetta. Nel 1991, oltre tre decenni fa, il 95 e rotti per cento degli italiani (62 per cento di votanti sugli aventi diritto) abolì il sistema delle preferenze, giudicato gravemente corruttivo. Seguì nel 1993 il Mattarellum, che abolì il proporzionale: tre quarti di maggioritario a un turno, un quarto proporzionale. O di là o di qua, governo scelto dal voto, no preferenze corruttive. L’anno dopo, con quella legge elettorale di sinistra e liberale, sapendola maneggiare, vinse Berlusconi, e con lui nacque l’alternanza di forze diverse alla guida dell’esecutivo, poi infatti vinse l’Ulivo, poi Berlusconi, l’Unione eccetera. Nel 2013 vinse, con la legge Porcellum voluta dal centrodestra, il centrosinistra, e Renzi troneggiò nella legislatura, rilevando Berlusconi come in una staffetta, fino alla catastrofe del referendum costituzionale.

Nel 2018 il successo dei grillini (32 per cento) scombinò i giochi, e fu poi il Parlamento, dopo la richiesta dei pieni poteri a torso nudo e l’effimero ma fattivo governo del contratto, a sistemare le cose e permetterci i governi Bisconte e Draghi, mica male direi. Il sistema evolutivo-trasformista aveva inventato con Renzi e i suoi, dopo le fasi porcellone e scombiccherate bocciate da Corte costituzionale e referendum, il sistema proporzionale-maggioritario, due terzi da soli, un terzo dei seggi ai coalizzati vincenti, sempre no preferenze, tremendamente corruttive (!), che è quello in vigore: obiettivo premiare il voto che sceglie il governo, premiare i coalizzati, ma riservare adeguata rappresentanza proporzionale a tutti gli altri. Più o meno la solita zuppa. Così, con la legge fatta dal centrosinistra, ha vinto il centrodestra. Oggi che i grillini sono ridimensionati, l’opposizione guida il governo con la sua capa: vincono i coalizzati, perdono gli scompagnati, buona rappresentanza per ciascuno. Che si vuole di più dalla vita? Mica vota la legge elettorale, votano i cittadini, e la legge favorisce la stabilità (oops) e liquida la corruzione (oooops).

Gli insoddisfatti rivogliono, e forse non sarebbe male, il proporzionale, perché optano per il ritorno dei partiti, fucina indispensabile delle classi dirigenti (oops) e organi costituzionali di memorabile (oops) efficacia democratica, con le preferenze ieri negate per trasparenza e tutto il cucuzzaro, ma protestano perché questa legge dà ai partiti il potere di scegliere gli eletti: rivogliono i partiti, ma non vogliono che i partiti decidano del Parlamento, che cosa in realtà vogliano non si sa bene. Le leggi elettorali sono uno strumento: chi lo sa usare vince, chi non lo sa usare perde. Perché dunque lamentarsi delle leggi e non imparare a usarle? Oltre tutto, con Monti e poi con Draghi, si è visto che di fronte a una impasse il capo dello stato ha poteri sufficienti per missioni nazionali guidate da tecnici di valore, e questo vale sia per il comunista Napolitano sia per il democristiano Mattarella, il Parlamento dunque resta centrale quale che sia la legge elettorale, i presidenti delle Camere sono atei materialisti o bacchettoni e nulla cambia, perché devono fare un alto mestiere procedurale e i loro poteri a quello si limitano. Parlare di politica, no? Continuiamo con l’ingegneria istituzionale moraleggiante?

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