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il commento

Letta e Calenda si mettono d’accordo, ma il vero patto necessario sarebbe quello con i grillozzi

Giuliano Ferrara

Il paradosso è che per essere draghiani sul serio, e non creduli ortodossi di un’area liberaldemocratica che è sempre intrinsecamente minoritaria, il vero accordo necessario sarebbe quello con l’avvocato Bisconte e i suoi superstiti

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Il moralista impolitico dice, in nome della sua idea di coerenza e della sua moralina: si sono spartiti i collegi senza riguardo a un programma o progetto integralmente liberale, altro che agenda Draghi, è un’ammucchiata come fu l’Unione di Prodi e farà la stessa fine. Il politico realista, in nome della logica delle forze in campo, dice: si sono accordati per ridurre i margini di espansione della destra arrembante, se possibile farla perdere, ricorrendo a mediazioni di fatto necessarie tra soggetti diversi per esperienza e cultura. Il primo è un mattocchio in libertà, non sa dopo tanti decenni che in Italia l’area liberal-democratica è una bella cosuccia, ma subserviente, non è autonoma dai tempi antichi di La Malfa, nonostante la vecchia proporzionale; il secondo è un tipo tendenzialmente saggio ma non cinico, non è indifferente alla differenza tra bene e male, anzi vuole essere competitivo, che è l’essenza di una campagna elettorale con le regole del maggioritario per il 37 per cento dei collegi, per affermare il bene contro il male o, a voler essere meno melodrammatici, il meno peggio contro il peggio.

Sia come sia, un primo accordo c’è stato. Speriamo ne seguano altri anche con formazioni come quella di Renzi, che a oggi sembra isolata e destinata a una difficile battaglia solitaria e di rottura. Bisogna anche dire che si vive un paradosso, situazione pericolosa che lo stolto fatica a decifrare ma che ha una sua evidenza logico-politica: il vero accordo che potrebbe favorire l’aspirazione a un governo Draghi o simile dopo le elezioni sarebbe quello con l’avvocato Bisconte e i suoi grillozzi superstiti, che sono dalle parti del 10 per cento e sarebbero determinanti nel favorire le sorti elettorali di una coalizione competitiva. Berlusconi, che ha il talento del candore e da sempre è un paradosso vivente, lo ha detto apertamente e letteralmente in pubblico: vinceremo perché la sinistra non si accorderà con i grillozzi, voce veridica dal sen fuggita. Ma i forti residui del moralismo dei veti, ridimensionati dall’accordo tra Letta e Calenda, hanno imposto una logica di veti irreversibili che rende improponibile questa scelta.

Il moralista lineare e gnugno approva, tra una minoritaria ma combattiva opinione social che applaude: ci mancherebbe altro, quelli hanno fottuto il governo Draghi e sono degli scappati di casa. Il che è vero, ma sono le destre che hanno approfittato della loro incompetenza politica e del loro marasma per liquidare Draghi con un anticipo sui tempi a loro favorevole. Si fosse votato la prossima primavera con un governo Draghi non smantellato, o meglio ancora con Draghi al Quirinale e un suo sostituto tecnico a Palazzo Chigi, è ovvio che le destre avrebbero fatto una coalizione poco credibile tra due partiti di governo e uno di opposizione, candidandosi a perdere.

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Se il Pd è riuscito a mediare un campo politico sufficientemente largo per due terzi della legislatura, con i grillozzi nel Bisconte e poi sempre con i grillozzi e le destre governative nel governo Draghi, una ulteriore mediazione elettorale sarebbe stata il compimento di un ciclo forse vincente. Insomma, il paradosso è che per essere draghiani sul serio, e non creduli ortodossi di un’area liberaldemocratica che è sempre intrinsecamente minoritaria, il vero accordo necessario sarebbe quello con i grillozzi. Il che è impossibile perché i libbberali da social e da battaglia civile e integrista, ma impolitica, hanno suscitato una retorica antigrillozza che, al momento della rottura di Conte, prontamente usata dalle destre per i loro interessi, ha reso impalatabile l’unica scelta di voto utile contro le destre arrembanti.

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Avremo dunque una piccola alleanza alla quale faccio i migliori auguri, essendo un antiabortista che nel suo collegio di Roma ha votato in passato il male assoluto della Bonino per disciplina politica, un’alleanza che sarà comunque considerata dai moralisti una coalizione tra soggetti diversi e non conciliabili, che perderà, probabilmente, e si dividerà subito dopo per lasciare il campo politico e parlamentare a un’altra stagione di egomaniacalità e di lamenti moralistici. Esistono prospettive più interessanti nella vita, ma à la guerre comme à la guerre.

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