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energia

Dove porta la grande svolta di Cingolani sull’estrazione di idrocarburi

Chicco Testa

Il ministro ha detto di voler modificare il Piano per le aree idonee voluto da Lega e M5s. Una scelta che solleverà polemiche, ma sarebbe illogico lasciare sotto terra il gas italiano

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Difficile non riconoscere al ministro Roberto Cingolani una qualità. Quella di dire la verità seguendo logica e ragione, anziché emozioni e facile consenso. La sua ultima presa di posizione, rivedere il famigerato Pitesai (il “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee” all’estrazione di idrocarburi) per aumentare la produzione nazionale, solleverà non poche polemiche. Non c’è governo che dal 2000 in avanti non abbia emesso provvedimenti limitativi di questa possibilità. Inizia il governo Berlusconi nel 2002 con il blocco totale dell’alto Adriatico, poi ancora Berlusconi nel 2010 con il divieto di ogni attività entro le 12 miglia, quindi Mario Monti nel 2012 con ulteriori limitazioni oltre le 12 miglia, persino Matteo Renzi agisce in questa direzione per disinnescare il referendum anti trivelle, che infatti non raggiunse il quorum, e naturalmente lo fanno i governi Conte 1 e Conte 2 con due successive moratorie. Erano tempi in cui il gas russo fluiva abbondante e a basso costo, e solo pochi lungimiranti mettevano in guardia dal rischio di aumentare la nostra dipendenza, per altro distruggendo un’industria nazionale che dai tempi di Enrico Mattei si era costruita una reputazione e capacità tecniche notevoli, ormai esercitate solo all’estero. Il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, sembrava essere rimasto il solo a rivendicare le potenzialità del più importante distretto estrattivo italiano. Poi è arrivata la guerra e tutto è cambiato. Mentre ci affanniamo in giro per il mondo a trovare gas sostituivo, ovviamente da pagare a caro prezzo, le ingenti risorse sepolte nei nostri mari e lì lasciate per nostra decisione, appaiono sempre più importanti. Ed è illogico non utilizzarle. 


Jacopo Giliberto, sul Sole 24 Ore, ha documentato come altri ne approfittino, in particolare la Croazia, per portare a casa i giacimenti di gas che stanno sul confine marittimo fra i due stati. Non solo autolesionisti quindi, ma anche a favore di paesi vicini. Fra l’altro anche le ragioni ambientali che hanno ispirato tutti i provvedimenti sopra citati appaiono risibili. Trasportare gas da lunghe distanze, sia per tubo che per nave, produce inquinamenti molto maggiori, sia nelle modalità di estrazione dei paesi originari che nei rilasci durante il trasporto. Ugualmente analisi geologiche approfondite hanno escluso qualsiasi responsabilità delle estrazioni, collocate a grandi profondità, nei fenomeni di subsidenza casomai attribuibili alle grandi quantità di acqua estratta a bassa profondità. Poi, ovviamente, ci sono quelli che pensano che il gas (e il petrolio) dovrebbero essere cancellati dalla nostra storia. Oggi, anzi ieri. Per smentirli non serve altro che qualche numero.

Dipendiamo in Italia dai combustibili fossili per più dell’80 per cento del nostro fabbisogno energetico e la riduzione della loro importanza sarà una lunga marcia, destinata a durare decenni. Così succederà nella parte del mondo che forse potrà permetterselo, mentre i consumi continueranno ad aumentare per la maggioranza della popolazione mondiale per la quale crescere economicamente, anche grazie all’energia fornita dai fossili, ripercorrendo la strada da noi seguita per un paio di secoli, è un’esigenza vitale. 
Non so quali conseguenze avrà la presa di posizione di Cingolani. Immagino reazioni sdegnate o silenzi imbarazzati. Ma il fatto che finalmente la questione energia nel nostro paese cominci a essere rimessa sulle gambe del buon senso e non accampata fra le nuvole è già di per se un fatto positivo. Cingolani si sta appropriando del dossier energetico e più entra nel merito più ne mette in evidenza ingenuità e desideri senza reali possibilità di essere realizzati. Un bagno di pragmatico realismo è esattamente quello di cui ha bisogno l’Italia. Non solo in campo energetico. Poi partendo da questo si può costruire un cambiamento che abbia senso e spessore.

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