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Lo scontro

Draghi e il "Pulcinella" Salvini. Sul fisco è farsa. Passa il Dl Recovery e "no salvo intese"

Carmelo Caruso

La minaccia di crisi sulla delega fiscale si trasforma nel teatro dell'assurdo. il segretario del Carroccio: "Siamo responsabili". In Cdm, il premier stoppa i vecchi metodi Conte

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Prima almeno lo prendevano sul serio oggi la prendono solo a ridere. La prossima volta che dirà “faccio cadere il governo” gli risponderanno: “Ma chi, tu?”. Ha innovato il diritto parlamentare. Si è inventato la “crisi onirica”, la “psicopatologia del Salvini quotidiano”. Quando il leader della Lega è uscito dall’incontro con Mario Draghi, quello sulla delega fiscale, quello del qui “viene giù tutto”, dal governo hanno commentato: “E’ un talento. Ha recitato sia la parte di chi le prende e sia di chi le dà. Ha fatto tutto da solo. E’ il nostro Pulcinella”. Non cerca più voti ma stacca biglietti teatrali.


Per una settimana ha minacciato Mario Draghi sul catasto, sul sistema duale, di cui pure lui, diciamo la verità, non capiva il senso: “Eh no, caro Draghi, così non va. Vuoi aumentare le tasse”. Il premier: “Ti ripeto di no”. Esasperato, si è rivolto alla sua comunicazione di governo, e ha chiesto con garbo: “Per favore, formulategli un messaggio e diffondetelo. E che sia chiaro, semplice. Non aumentiamo le tasse”. Ma l’altro: “A me non la si fa. Voglio un incontro, e che diamine. In commissione Finanze abbiamo i numeri. Io ve lo dico, qui si cade”.

 

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Preoccupati che volesse davvero farlo, mentre si cercano forniture di gas in Algeria, Congo e Mozambico, mentre rischiamo il razionamento energetico, mentre non si sa più quale nazione voglia invadere il suo vecchio riferimento sovietico, il premier ha dovuto liberare la sua agenda. Ha chiesto alla segretaria, Maria Grazia Ciorra, di fissare un appuntamento solo per lui: “Mercoledì alle ore 10”. A causa sua, di Salvini, hanno tutti dimenticato (ma non Silvio Berlusconi, bravo) di festeggiare per i 21 miliardi di euro del Recovery che l’Italia ha incassato proprio ieri. Ebbene, arriva il giorno. Si mette il vestito buono, si presenta a Palazzo Chigi, si fa accompagnare da quel galantuomo di Antonio Tajani, uno che ogni volta gli sistema il nodo della cravatta e lo avvisa: “Mi raccomando, non facciamo sempre la solita figura”. Si siede, sorride, e fa: “Presidente Draghi, ma stiamo scherzando? Non possiamo permetterci la crisi di governo in questo momento storico”.

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A quel punto, il premier, che aveva perfino tenuto sospeso il Cdm (“non sappiamo se verrà convocato” confidavano di mattina) ha guardato Salvini e dicono che abbia pensato che avesse di fronte la reincarnazione di Carmelo Bene, quello che urlava dal palco: “Mia moglie sono io!”. Tajani: “Lo sai presidente che non vogliamo fare cadere il governo, ma sulla casa aggiustiamo il testo. Prendiamoci tempo”. Era presente pure il ministro Daniele Franco, uno che alla fine di questa esperienza ne uscirà cambiato: ha sempre avuto a che fare con gli economisti, mai con degli artisti. Bisogna stargli vicino. Sono emozioni che possono avere conseguenze. Anche Franco raccontano che sia rimasto incantato: “E’ un fenomeno”.

 

Ma quale minaccia e minaccia! Gli avevano pure preparato una pecetta, credevano che volesse uscire da Palazzo Chigi con “me lo ha messo per iscritto. Vedete”. Neppure quello. La scelta era: “Zucchero semplice o zucchero di canna? Amaro?”. Voleva solo fare una “colazione da premier”. Quando si entrava nel tecnico anche Salvini concordava con Draghi che se “ne occuperanno i tecnici del Mef. Lavoreranno al testo che poi sarà rivisto dalla presidenza”. Draghi gli ha ricordato: “La sostanza non cambia, solo piccoli aggiustamenti”. E lui, Salvini: “Ma certo. E’ solo una piccola questione tecnica”. La delega andrà in Aula il 2 maggio.

 

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Usciva così, da Palazzo Chigi, insieme a Tajani e i collaboratori del premier scandivano queste parole: “Salvini ha mostrato un grande senso di responsabilità. Ma perché sorridete?”. Questo è quello che accade quando si frequenta, e si telefona, a Giuseppe Conte: si diventa leadericchi come lui. Si lamentava quando lo chiamavano “Truce” ma è meglio ora che è lo “Spaesato”? Passavano pochi minuti e anche Salvini realizzava di aver fatto la figura del “pulcinella”. Ecco perché si è gettato sull’opposizione sicura. I modelli della sua concessionaria sono sempre i soliti: un attacco alla Lamorgese, uno al Pd, un altro a Enrico Letta. Dato che Salvini aveva fallito, di pomeriggio, da sotto il palco, iniziava a recitare invece Conte, l’addetto luci: “Ho convocato con urgenza il Comitato economico e quello delle Politiche del lavoro del M5s. Il Def non è sufficiente”.

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Si appropriava perfino della farsa dell’altro: “Abbiamo avuto da Draghi la conferma che non ci saranno aumenti sulla pressione fiscale. Non lo permetteremo”. Sono i nostri Franco e Ciccio. Avendo fatto fiasco nella matinée, cercavano di rifarsi nel preserale. Al Cdm, convocato per snellire i procedimenti del Pnrr e per varare norme anti evasione (fatturazione elettronica e sanzioni per chi è senza pos) incitavano i loro ministri in poltrona. Conte: “Dovete fare la battaglia sullo scostamento”. Salvini: “Mostrate perplessità sulla fatturazione elettronica”. Andrea Orlando si occupava di lavoro. Ha fatto istituire il portale del lavoro sommerso. Il testo varato per semplificare e raggiungere i target del Recovery viene approvato malgrado il tentativo (non riuscito) di farlo con il “salvo intese” che è il vecchio “contismo di cattivo gusto”. Draghi: “Non esiste più il salvo intese”. E’ il loro veleno a reazione lenta, il loro sarin. E’ ovvio che replicheranno. Si sposteranno nei teatri di provincia.

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