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La svolta anti putiniana della Lega rivela tutte le fragilità del Carroccio

Luca Roberto

"Putin è sempre stato un tattico molto acuto, ma questa aggressione per me è incomprensibile", dice il vicesegretario Fontana. Le capriole di Salvini e la faticosa strategia di allontanamento da Mosca

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Il visegretario della Lega Lorenzo Fontana si dice "allibito" dalla guerra scatenata da Putin. Lui che ha sempre considerato il presidente russo "un tattico molto acuto. Però, l’aggressione all’Ucraina è per me incomprensibile. Oltre che pericolosissima". Insomma con quest'intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera il numero due di Salvini porta avanti quella strategia di allontanamento da Mosca che almeno sgombri il campo dagli spettri che fanno percepire il Carroccio come in uno stato di ambiguità: del resto, come abbiamo raccontato sul Foglio, ufficialmente Lega e Russia Unita, il partito di Putin, sono ancora legati da un accordo di collaborazione sottoscritto nel marzo 2017. 

Per questo l'ex ministro per le Disabilità e per gli Affari europei sente il bisogno di articolare una spiegazione, riannodando i fatti che si sono succeduti in questi anni. "La Lega ha cercato di tenere dei rapporti normali. E del resto, non siamo mai stati soli. Francia e Germania hanno sempre intrattenuto rapporti abituali con la Russia, circa il 30% del gas europeo viene da là. L’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder è stato tra gli artefici del gasdotto Nord stream, non certo la Lega". E però, allo stesso tempo, "è chiaro che dopo un'aggressione del genere le cose cambiano. Un fatto del genere mette in pericolo la sicurezza dell’intera Europa. E del resto, un atto di questo genere crea un danno immenso anche alla Russia". Ciononostante, si fa notare come il partito sia sembrato ondivago anche nell'immediato post invasione ai danni dell'Ucraina. Lo stesso Salvini, per dire, mentre Meloni e tutto il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia annunciavano un sostegno forte al governo, bofonchiava che le armi agli ucraini non le avrebbero mandate "in suo nome", ricreando un asse gialloverde per sabotare l'ultimo decreto legge del governo sugli aiuti militari da inviare per la missione della Nato. Altro fattore di incertezza sul collocamento del partito. "Ma non scherziamo…", risponde però Fontana all'obiezione. "Del resto, voteremo la mozione unitaria sia a Roma che a Bruxelles". 

Insomma mentre il suo segretario sembra in tutt'altre faccende affaccendato, va ad Assisi anche per non dover fare i conti con il fantasma di Putin, che resta un tabù da scacciare sotto al tappeto, il compito di riabilitare la Lega sullo scacchiere internazionale è demandato ai suoi sottoposti. Che si sbracciano per far passare un messaggio: "Abbiamo preso un abbaglio, ma non siamo più quelli di prima". Forse è anche in questa parabola che sta la cifra della fragilità leghista. 

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