(foto Ansa)

Lo scontro

Ora Zaia attacca Salvini: “I militanti espulsi li difendo io”

Francesco Gottardi

Proteggere chi disse “Salvini vada a lavorare” è una bordata senza precedenti da parte del governatore. Il nodo dei congressi, le preoccupazioni di Matteo

E adesso palla a Salvini. Alla fine, anche Zaia ha rotto gli indugi sui militanti veneti in via di espulsione dalla Lega. Loro si erano immolati, avevano fatto di tutto per non coinvolgere il grande capo: “Luca ne stia fuori per carità”, l’appello attraverso il Foglio lanciato dal veterano (e imputato) trevigiano Fulvio Pettenà. “Qualsiasi cosa dica in nostra difesa sarebbe usata contro di lui”. Lo vedremo presto. Perché il governatore non si è limitato a dimostrare solidarietà ai suoi ragazzi, dopo settimane di silenzio o timida diplomazia. Ha iniziato a difenderli con anima e corpo. Seccato se non imbufalito. Lanciando contro Salvini una bordata indiretta difficile da ignorare.
Pettenà è un amico e un pezzo di storia della Liga”, ha dichiarato Zaia al Mattino di Padova. “Non si tratta di un militante qualsiasi, ma è vero che le regole si devono rispettare. Quindi se servono tre righe per chiudere questa storia senza morti né feriti, eccomi qua. Magari lui scrive una traccia e io le metto in bella copia”. En guarde, Matteo. Di tutti i dissidenti esplosi in questo 2022, va ricordato che Pettenà non solo “è un amico”, ma anche colui che ha sparato contro il segretario in modo più reiterato, diretto, accanito. Proteggere chi disse “Salvini vada a lavorare”, per proprietà transitiva – la politica non sarà aritmetica ma non sfugge alla logica – fa intendere che sotto sotto lo Zaia pensiero non è poi così diverso. Almeno su certe tematiche, è lui stesso a specificare: “Pettenà ha reso pubbliche delle considerazioni che nel nostro intimo facciamo anche noi. Poi ognuno ha il suo modo di esprimersi, chi più consono chi meno. Ma sulla necessità di tornare a una fase congressuale attiva penso ci siano pochi dubbi”.

E il tempismo non è casuale. Negli ultimi giorni Zaia aveva spinto forte sul tema: senza le sedi fisiche del confronto, congelate dal Covid, la Liga veneta diventa una pentola a pressione. Almeno a parole, Salvini ha garantito che la stagione dei congressi ripartirà dal 1° aprile, terminato lo stato d’emergenza. Ce lo ha confermato anche Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo economico in regione e storico paciere fra i due. Ma dietro le quinte, evidentemente la situazione non è così chiara. Altrimenti l’escalation di Zaia non si spiega. Non ora che il Carroccio sembrava aver ritrovato un precario equilibrio: niente più ribelli all’orizzonte, accordi di coalizione per le amministrative faticosamente verso la fumata bianca.

O forse è proprio quest’ultimo punto ad aver fatto scattare il governatore. A Verona si dice che sotto sotto Salvini simpatizzi per l’antico nemico Tosi. Che correrà da civico, certo non per la Lega. Ma può diventare un’utile macchiolina di dissenso nell’incontrastato Zaialand. D’altronde, governatore più amato d’Italia è un titolo di cui il capitano non si può fregiare. Né può controllare chi protesta. Se non facendo inoltrare le raccomandate con le proposte di espulsione: “Ad oggi”, Zaia interviene anche su questo, “non c’è alcun provvedimento disciplinare nei loro confronti”. Ecco, appunto. Come non detto.

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