Nonno Quirinale

Il programma di Draghi al Quirinale. Nelle sue parole c'è l'agenda del suo possibile mandato

Nasce "il nonnopresidenzialismo"

Carmelo Caruso

No alle elezioni anticipate, maggioranza inalterata, garante come Mattarella e non protagonista come Napolitano. Nella conferenza stampa, il premier rivela quale sarà il suo mandato qualora venisse eletto al Colle

E’ diventato “nonno Mario” che è più super di “super Mario” perché dove non arrivano i padri arrivano i nonni. Si dice infatti “questo lo chiedi al nonno” e “non ci resta che la casa dei nonni”. Si è dunque messo a disposizione, quirinabile, quando, ieri, in conferenza stampa, Mario Draghi ha raccontato che “non sono che un uomo, anzi, un nonno, al servizio delle istituzioni”.

 

Ieri mattina, prima di pranzo, un paese si è fermato due ore per capire se potessero allungarsi di sette anni. Voleva conoscere il futuro del presidente del Consiglio che da adesso è ufficialmente in corsa per fare il nonno della repubblica “perché abbiamo reso l’Italia uno dei paesi più vaccinati al mondo e raggiunto i 51 obiettivi fissati dal Pnrr”. C’era una sola domanda che i giornalisti desideravano rivolgere a Draghi ma ne sono servite quarantanove per fargli spiegare che “il governo deve andare avanti indipendentemente da chi ci sarà”; “la legislatura continuare”; “il mio destino personale non conta niente” e dire ancora: “Sono completamente d’accordo che la pandemia debba essere uno sprone per eleggere rapidamente, e in maniera compatta, il prossimo presidente della repubblica”.

 

Era come se ogni cosa, la scenografia, i colori dell’auditorium Antonianum, la sede scelta per questa conferenza di fine anno (a proposito, ma dove sono finite le ville e i marmi, le parate da re sole, le domande lunghissime e le risposte vanitose?) volesse riportarci al cantuccio dell’infanzia, alla cucina dei nonni. C’era il legno scuro delle sedie, la pelle rossa delle poltrone, la cera passata che sempre fa brillare i mobili modesti. Draghi arredava il suo possibile Quirinale e quasi lo raccontava come fanno gli architetti, quelli che non vogliono stupire ma conservare. Nelle risposte che ha rilasciato c’era infatti il programma, la “piantina Mattarella”, la prosecuzione di un modo di vivere: riservato, breve, preciso ma anche tenero.

 

E’ quello che Draghi vorrebbe fare suo. Tra le tante qualità, che  ha lodato del presidente uscente, ha indicato dunque “la dolcezza” e la fermezza” che sono le virtù quirinabili insieme alla “lucidità e alla saggezza”. E sono appunto le doti del “nonno” che per Cesare Pavese era l’antenato dalla bella ostinazione: “E’ vissuto un mio nonno remoto nei tempi/ che si fece truffare da un contadino/ e allora zappò lui le vigne d’estate/ per vedere un lavoro ben fatto”.

 

A ogni frase il premier allargava l’edificio del perfetto nonno-presidente che “non è un notaio ma un garante” proprio come ha fatto Mattarella che, precisava ancora, “è l’esempio migliore come guida all’interpretazione al ruolo del capo dello stato: ha garantito l’unità nazionale”.

 

Come poteva quindi “un nonno” parlare male di Silvio Berlusconi (forse lo sfidante) che ieri è diventato addirittura bis(nonno)? “Non sta a me dare valutazioni perché esondano dal mio compito di oggi”. Quante volte ha ripetuto che questa elezione è nelle mani del Parlamento? Tantissime. Ha offerto una prova di “robusta Costituzione” quando ha messo al centro i partiti che sono riusciti, fin adesso, ad andare d’accordo e che “la responsabilità della decisione, di questa elezione, è interamente nelle mani delle forze politiche, non nelle mani di individui” e che infine “sarebbe fare offesa all’Italia, che è molto di più di persone individuali”.

 

E sembrava divertito quando i cronisti, quelli meno spacconi ma emozionati, quelli che non sanno bastonare su Twitter, gli chiedevano “ma come deve essere questa elezione?” e “la maggioranza dopo di lei?”. Erano risposte da nonno incaricato anche le sue urgenze (“C’è un problema di riforma del Csm”), le sue perplessità (“E’ immaginabile una maggioranza che si spacchi e che poi si ricomponga dopo magicamente?”), la credibilità italiana ritornata (“Può fare da moltiplicatore”) mentre era un chiaro indizio di cosa accadrà, se il parlamento dovesse eleggerlo al Colle, la frase: “E’ essenziale, per continuare l’azione di contrasto della pandemia che la legislatura vada avanti fino al suo termine naturale”.

 

Diceva insomma che la maggioranza che lo ha chiamato non può che rimanere la stessa anche dopo di lui, anzi, se possibile, allargarsi proprio come desiderano i nonni ogni domenica che vogliono tavolate quirinalizie: di più, di più! Non ha promesso una repubblica semipresidenziale, ma, di fatto, ha inventato un nuovo sistema, il più italiano, quello che neppure il politologo Giovanni Sartori aveva profetizzato: il “nonnopresidenzialismo”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio