Terza dose subito

Debunking dei dati di Draghi. Il 63,6 per cento di chi è in terapia intensiva è No vax

Giovanni Rodriquez

I numeri citati in conferenza stampa da Draghi sui decessi non sono precisi, ma hanno una verità di fondo: resta del tutto evidente il vantaggio offerto dai vaccini in termini di prevenzione di malattia severa e rischio di morte

“Abbiamo somministrato 15,6 milioni di terze dosi e raggiunto tre quarti della popolazione, perciò invito tutti a continuare a vaccinarsi e fare la terza dose, questa è la priorità. I vaccini restano lo strumento di difesa migliore dal virus e l’evidenza scientifica ci dice che funzionano molto bene anche contro le nuove varianti”. Così ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso della sua conferenza stampa di fine anno, facendo il punto sulla campagna di vaccinazione contro il Covid-19. Il premier è tornato così a sollecitare le persone ai richiami, visto il periodo di forte preoccupazione legato al dilagare della nuova variante Omicron su tutto il continente europeo. 


La conferenza stampa ha anche offerto al premier l’occasione per ribadire l’efficacia dei vaccini nel prevenire la malattia grave e la morte dal momento che “i tre quarti dei decessi sono non vaccinati”. In realtà, le cose non stanno esattamente così, almeno da quello che possiamo dedurre dagli ultimi dati pubblicati dall’Istituto superiore di sanità nel report dello scorso 15 dicembre. Se andiamo ad analizzare i dati sui decessi, quelli compresi tra il 22 ottobre e il 21 novembre scorso, tra i 1.755 registrati a causa del Covid, sono 722 quelli che hanno riguardato persone non vaccinate. Parliamo dunque del 41 per cento sul totale. Il dato indicato dal premier non è corretto, ma la sua affermazione resta valida nella sostanza, e per capirlo è sufficiente mettere in rapporto il numero di decessi con la platea corrispondente, in modo da avere un dato puntuale dell’incidenza delle morti tra vaccinati e non vaccinati. Nel periodo sopra analizzato, ci sono stati 19,9 decessi ogni 100 mila non vaccinati, contro gli 1,9 ogni 100 mila tra coloro che hanno completato il ciclo vaccinale entro i 150 giorni, e contro i 2,8 ogni 100 mila persone che hanno completato la vaccinazione oltre i 150 giorni. Una persona non vaccinata, se contagiata, ha un rischio di decesso 10,5 volte superiore rispetto a una persona contagiata che ha completato la vaccinazione da meno di 150 giorni e 14,2 volte superiore rispetto a chi ha ricevuto la terza dose. 

 

Questo divario tra vaccinati e non vaccinati va ad acuirsi se consideriamo i dati sulle terapie intensive. Prendendo in esame sempre i dati dell’Istituto superiore di sanità riferiti al periodo tra il 29 ottobre ed il 28 novembre scorso vediamo che in totale le persone ricoverate in questi reparti a causa del Covid sono state 1.174. Tra queste, i non vaccinati erano 747, parliamo del 63,6 per cento. Un dato eclatante se si pensa che si riferisce a una platea di 7,1 milioni di non vaccinati, ben più esigua dei 46,8 milioni di vaccinati. In questo caso il dato si avvicina molto a quello indicato da Draghi riguardo ai decessi. E a conferma di ciò possiamo prendere in esame anche quanto riportato dall’ultimo report degli ospedali sentinella elaborato da Fiaso, la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere. La rilevazione effettuata in data 21 dicembre riguarda in tutto 21 strutture sanitarie ospedaliere su un totale di 1.301 pazienti adulti, conferma in via più generale il trend di crescita delle ospedalizzazioni pari al 7 per cento. Nei reparti ordinari di area medica i pazienti non vaccinati ammontano al 53 per cento ma nell’ultima settimana si è assistito all’aumento del 16,7 per cento dei No vax contro una riduzione del 2 per cento dei vaccinati. Netta prevalenza di soggetti di sesso maschile fra i ricoverati, che è accentuata rispetto alla settimana scorsa ed è ancora più netta nelle terapie intensive. 

 

Soffermandoci poi proprio sulle terapie intensive, nell’ultima settimana la crescita nei reparti intensivi è stata pari al 5 per cento. Nelle terapie intensive continuano a essere molto diverse le proporzioni fra vaccinati e non: i No vax sono circa il 70 per cento del totale dei pazienti ricoverati nei reparti di rianimazione e si tratta per lo più di persone di giovane età. Il range di età nei due gruppi è diverso: il più giovane No vax finito in terapia intensiva ha 21 anni, il più anziano 89, mentre fra i vaccinati il più piccolo ha 37 anni. Tra i vaccinati l’88 per cento ha completato il ciclo vaccinale con 2 dosi da oltre 4 mesi e non ha ancora ricevuto il booster raccomandato.

 

Possiamo quindi dire che il dato citato da Draghi sarebbe stato corretto se riferito ai pazienti ricoverati in terapia intensiva più che ai decessi. E, in ogni modo, anche in presenza di Omicron e con il calo di protezione dopo 5 mesi dal completamento del ciclo vaccinale, resta del tutto evidente il vantaggio offerto dai vaccini in termini di prevenzione di malattia severa e rischio di morte. Tutte le evidenze confermano il messaggio di fondo del premier: i vaccini restano lo strumento di difesa migliore contro il virus e oggi più che mai è necessario continuare a vaccinarsi e ricorrere appena possibile alla terza dose.

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