Dessì (ex 5S) riporta falce e martello al Senato: “Devo convincere la Casellati a far suonare l'Internazionale”

Il senatore ex grillino ha aderito al Partito comunista di Marco Rizzo e definisce il nuovo corso pentastellato “draghiano, liberale e centrista”, auspicando un “sano sovranismo” rosso

Michele De Feudis

Obiettivo: portare un po’ di spirito rivoluzionario in parlamento. E al Colle: “Draghi? Meglio Vattimo, ma per evitare un banchiere pregherei Mattarella di fare un secondo mandato”

Senatore Emanuele Dessì, torna il Partito comunista a Palazzo Madama? “Senta, il partito non si è mai sciolto, si è solo un po’ frammentato negli anni… Adesso porterò in aula un po’ di spirito rivoluzionario e sovranista…”. Parlamentare ex pentastellato dei Castelli, una volta vicino a Paola Taverna, manager di una società di traslochi, è ora il portabandiera del Partito comunista di Marco Rizzo al Senato, dove ha costituito nel gruppo misto la componente con la falce e martello.

 

La sua prima tessera del Pci?

“Ero piccolissimo. Mi sono iscritto alla Figc nel 1978. Mio padre era dirigente sindacale della Cgil. Dal liceo, dal primo anno, sono stato nel mondo della sinistra comunista. Fino al 1999”.

 

Dopo è stato sedotto dal M5S?

“Resto legato al Movimento, è stato un percorso importante, mi ha fatto crescere dal punto di vista culturale e umano. Ho apprezzato le istanze dei 5S incontrando nel 2003-2004 Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio in Val di Susa, con i movimenti No Tav. In rete sono stato tra i primi vicini alla loro iniziativa. Lo sono stato finché rappresentavano istanze sociali, vicine al popolo”.

 

La rottura?

L’ultima declinazione draghiana, centrista e liberista mi appartiene poco”.

 

Lo sfascio è una responsabilità di Grillo-Casaleggio o di Conte?

“La colpa non è di nessuno. In politica ci sono “adattamenti”. Dopo tanti anni di politica postideologica, iniziata con Silvio Berlusconi nel 1994, e in seguito con l’evoluzione populista, c’è stato un progressivo scollamento tra eletti e cittadini”.

 

Allora meglio la falce e martello?

Sì, bisogna riportare una simbologia importante, per contrastare l’astensionismo e la disillusione”.

 

A cosa si riferisce?

“C’è una corsa alla derisione della classe politica, mentre la politica va riaffermata con le sue visioni. I simboli contano: il Pci ha caratterizzato tante battaglie sociali positive su scuola e lavoro. Per qualche anno ci hanno fatto credere che fosse tutto finito. Ma ora le urne disertate dimostrano che gli elettori vogliono idee vere. Basta ibridismi. C’è un grande sperequazione sociale da fronteggiare”.

 

Cos’è adesso il M5S?

“È un movimento che deve trovare un sua collocazione e nuovi temi caratterizzanti. Il reddito di cittadinanza come le lotte su sprechi e privilegi hanno caratterizzato un’epoca, ormai finita. Siamo in un nuovo corso, è finito il tripolarismo. Ora sono nel centrosinistra. Conte dovrebbe tornerei essere protagonista”.

 

Lei però ha lasciato i grillini…

“L’avvocato di Volturara è stato bravo, da premier, nell’ascoltare il parlamento, ma ha una storia diversa da me e da altri compagni. Non ha nel suo dna uno spirito rivoluzionario…”.

 

Con Marco Rizzo?

Ci siamo ritrovati subito. Lo conosco dai tempi di Rifondazione. Ci siamo sentiti in questi mesi e abbiamo pensato di rilanciare a livello parlamentare il progetto di un partito antagonista di massa”.

 

Per portare l’Italia fuori dalla Nato e dall’Ue?

“Guardi, l’Italia si è sempre, nella prima e nella seconda repubblica, caratterizzata per una politica che tendeva a una sua autonomia. Ora il palazzo è schiacciato su politiche finanziarie e internazionali”.

 

Per rimanere in ambito comunista, che fare?

Dovremmo ritrovare un sano sovranismo, ponendoci con pari dignità rispetto agli organismi sovranazionali. In Ue siamo schiacciati dalla Germania e scompariamo un po’”.

 

Draghi come lo vede al Quirinale?

Non lo vedo bene nemmeno a Palazzo Chigi. Figuriamoci: se va al Colle, nomina un amico suo come premier… È un ottimo esperto di finanza internazionale, si dedichi a quello”.

 

Il suo candidato?

Scommetterei sul professor Gianni Vattimo. Ma pur di fermare la deriva draghista, pregherei il presidente Sergio Mattarella di rimanere per un secondo mandato”.

 

Vive ancora nella casa popolare a Frascati?

“Sì: c’è una legge regionale che mi permette di adeguare il fitto in base al mio reddito. Pago il massimo e lo pago volentieri. Con la stessa cifre prenderei un villino… Non è una casa di pregio ma racchiude tutta la mia storia personale e famigliare, a cui faccio fatica a rinunciare”.

 

Ora risuonerà l’internazionale a Palazzo Madama?

Bisognerebbe convincere il presidente Casellati, ma non è nelle sue corde: nonostante ha musicisti in famiglia, preferisce altre note. Proverò a convincerla…”.

 

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