Il retroscena

Rai, Draghi vuole blindare Soldi. Ed è rammaricato per Meloni: "L'ho difesa"

Il premier si dice dispiaciuto per l'esclusione di FdI dal consiglio d'amministrazione: Lega e Fi non l'hanno ascoltato

Simone Canettieri

Primo cda di Fuortes. Attesa per il voto mercoledì in Vigilanza sulla presidenza: preoccupano le mosse del M5s

Il primo cda della nuova Rai, quella targata Mario Draghi, dura venti minuti.  Nessun problema per l’ad Carlo Fuortes e la presidente Marinella Soldi: cinque voti a favore con l’astensione, in entrambi i casi, di Riccardo Laganà (in quota dipendenti). Fuortes nel suo brevissimo discorso cita più volte “l’importanza del gioco di squadra”. E’ un messaggio da mandare fuori da Viale Mazzini. I partiti stanno brigando: mercoledì ci sarà la ratifica di Soldi in Vigilanza.  Voto segreto. C’è maretta. Draghi aspetta prima di  intervenire. Ma lo farà. Intanto si dispiace dell’esclusione di FdI dal cda: Lega e FI non l’hanno ascoltato.

 

Il premier prima del voto di giovedì delle Camere ha chiamato i partiti, soprattutto quelli di centrodestra, per convincerli dell’importanza di rappresentare anche le opposizioni nel consiglio d’amministrazione della tv di stato. Ma è finita come si sa: fuori Giampaolo Rossi, dentro Simona Agnes. Giorgia Meloni è furibonda: “Se fosse accaduto in Ungheria avremmo sentito anche von der Leyen. Non l’ho sentita”.

Lega e Forza Italia, accusati dalla capa della destra del colpo gobbo, le mandano messaggi in codice. Di questo tipo: non è a rischio la tenuta dell’alleanza, quando ci saranno le nomine interne il tuo partito sarà rimborsato.

Fuortes è consapevole, così come lo sono a Palazzo Chigi, che adesso serviranno una serie di mosse interne per assestare il quadro. Magari i primi segnali dovranno arrivare prima del voto in Vigilanza di mercoledì. Il parere dell’organismo parlamentare è vincolante.  Soldi ha bisogno di almeno ventisette voti su quaranta.

Una parte importante spetterà al M5s: otto componenti. A cui si possono sommare quelli di tre parlamentari usciti (o cacciati) dal Movimento. “Non abbiamo ricevuto ancora ordini di scuderia”, ammettevano ieri sera i grillini.

L’ultima parola dovrebbe spettare al leader in pectore Giuseppe Conte. Se volesse far pesare a Draghi la vicenda di Soldi e del documentario di Renzi (l’ex premier è indagato per finanziamento illecito con il manager Lucio Presta) prodotto da Discovery, potrebbe spingere i parlamentari verso l’astensione. Non è escluso che questo scenario lo porti a essere chiamato da Palazzo Chigi prima di mercoledì.

La storia insegna che ciò che sembra scontato alla fine non lo è: basti ricordare cose accadde al primo voto su Marcello Foa, come presidente Rai nell’estate del 2018. Salvini partì tardi da Milano Marittima e quando raggiunse Silvio Berlusconi a Milano,  in clinica, gli azzurri avevano già votato e si erano astenuti su Foa.

Caos e tensioni per una settimana, fino al nuovo voto. E questa volta? E chiaro a tutti che se la Vigilanza dovesse riservare sorprese su Soldi bisognerebbe leggere il fatto come un affronto a Draghi, più che un segnale ostile nei confronti della manager.

Fuortes è fiducioso (gli hanno raccontato che la Rai ha un passivo di 100 milioni sull’ultimo bilancio).

E ieri appena messo piede in Rai – il cda si è svolto nella sala degli Arazzi al piano terra – subito è stato circondato dai “vecchi volponi” dell’azienda: dirigenti di lunghissimo corso, pronti alla cerimonia. Niente di nuovo. Così come il risiko delle nomine. A ottobre scadrà la direzione del Tg2 di Gennaro Sangiuliano. Ma soprattutto quella  del Tg1: Giuseppe Carboni  potrebbe pagare le accuse di vicinanza al M5s (in corsa Antonio Di Bella e Monica Maggioni). Il Pd difende Coletta a Raiuno anche se, per i dem, i risultati tardano ad arrivare; la Lega vorrebbe sottrarre Raidue (Di Meo) a FdI; c’è una fronda 5 stelle contro Franco Di Mare e il suo sponsor   Vincenzo Spadafora. Verso l’addio Marcello Giannotti (comunicazione) e il diggì Alberto Matassino, scelti dall’ormai ex ad Fabrizio Salini. Che ora potrebbe rilevare con la moglie la società di produzione The circle.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.