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il caos a cinque stelle

Così l'ira funesta del M5s su Renzi complica la strada verso il Conte ter

Nel Pd predicavano cautela: "Non dovete porre veti su Iv se volete blindare Conte". Ma i vertici grillini si fanno evanescenti, e nei gruppi parlamentari parte il rodeo

Valerio Valentini

Nessun veto al leader di Iv ma garanzia di un Conte ter: questa sarebbe la linea di Crimi al Colle. Ma nel solito caos a cinque stelle, i gruppi parlamentari esplodono: "Renzi è un baro", "è deplorevole". "Mai con Renzi". E poi l'interrogazione grillina sul viaggio in Arabia del leader di Iv. Ora la riconciliazione si fa difficile

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Dovrebbe essere il giorno della ragionevolezza. La politica imporrebbe questo. Ed è per questo che sin da ieri sera, da quando Matteo Renzi ha pronunciato il suo anatema a metà su Giuseppe Conte, i dirigenti del Pd hanno iniziato a catechizzare i colleghi del M5s: "Lasciate perdere le provocazioni, non badateci. Voi al Colle dovrete riaprire a Italia viva, dovrete dire che non c'è alcun veto su Renzi: solo così si blinda il Conte ter e si costringe Matteo a starci". Il più alacre di tutti, in quest'opera di persuasione, manco a dirlo è Dario Franceschini: pontiere di professione, auscultatore allenato dei malumori interni al corpaccione grillino,s'è messo a telefono con quasi tutti i ministri grillini, con lo stesso premer Giuseppe Conte (a cui aveva del resto chiesto a lungo, ottenendo credito solo in extremis, di chiamare Renzi prima del suo colloquio con Sergio Mattarella).

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Dovrebbe essere il giorno della ragionevolezza. La politica imporrebbe questo. Ed è per questo che sin da ieri sera, da quando Matteo Renzi ha pronunciato il suo anatema a metà su Giuseppe Conte, i dirigenti del Pd hanno iniziato a catechizzare i colleghi del M5s: "Lasciate perdere le provocazioni, non badateci. Voi al Colle dovrete riaprire a Italia viva, dovrete dire che non c'è alcun veto su Renzi: solo così si blinda il Conte ter e si costringe Matteo a starci". Il più alacre di tutti, in quest'opera di persuasione, manco a dirlo è Dario Franceschini: pontiere di professione, auscultatore allenato dei malumori interni al corpaccione grillino,s'è messo a telefono con quasi tutti i ministri grillini, con lo stesso premer Giuseppe Conte (a cui aveva del resto chiesto a lungo, ottenendo credito solo in extremis, di chiamare Renzi prima del suo colloquio con Sergio Mattarella).

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La politica, appunto. Solo che nel M5s spesso i rancori, i puntigli, l'ostentazione di orgoglio, hanno spesso la meglio sulla politica. E così succede che la giornata che dovrebbe essere della tregua diventa la giornata della rabbia. Ecco allora Pino Cabras, deputato duropurista del M5s, indefesso difensore del regime di Maduro, antieuropeista convinto, fautore dell'introduzione di una moneta complementare all'euro, che deposita una bella interrogazione sul viaggio di Renzi in Arabia Saudita. "Ho presentato un'interrogazione al Governo per sapere come sia possibile che il leader di un partito che fino a pochi giorni fa esprimeva ministri e sottosegretari possa al contempo ricevere compensi da uno Stato straniero", mette a verbale. Ecco il senatore Elio Lannutti che dal suo profilo Twitter, lo stesso da cui rilanciava le bufale antisemite sui dei Savi di sion e accomunava la Merkel ai nipotini di Hitler, sentenzia: "Per noi la strada resta: sempre col presidente Conte,ma senza Renzi". La stessa posizione tenuta da Barbara Lezzi, la stessa benedetta da Alessandro Di Battista. E uno dice vabbè: sono i soliti esagitati. Poi però succede che anche Vittoria Baldino, capogruppo del M5s in commissione Affari costituzionali alla Camera, stimata da tanti colleghi del Pd, dichiari così: "Il Movimento non scenda sul suo terreno viscido: non sediamoci al tavolo con un baro! Per noi deve essere imprescindibile la figura di Giuseppe Conte per guidare una maggioranza senza Renzi, ma con una chiara agenda politica da realizzare fino alla fine della legislatura. Liberiamoci di Renzi una volta per tutte!". 

 

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Il tutto a poche ore dalla salita al Colle della delegazione grillina composta dal capo politico pro tempore indetermato, Vito Crimi, coi due capigruppo Ettore Licheri e Davide Crippa. Una missione diplomatica preparata con cura, e in gran riserbo. La linea, propiziata anche in una triangolazione con Palazzo Chigi, sarebbe quella di rimettere il cerino nelle mani di Renzi. "Noi non porremmo veti su di lui - spiegava in mattinata un ministro del M5s - ma diremmo al contempo che la condizione per sederci al tavolo è la garanzia che Conte sia il capo del nuovo governo". Linea scivolosa, certo. Ma che avrebbe pure una sua logica. Se non fosse che ai parlamentari del M5s non arriva alcun segnale. E anzi, l'ultima comunicazione ufficiale è quella di due sere fa: quando Crimi, concludendo l'assemblea dei parlamentari alle due di notte, era stato categorico. "Né da noi, né dal presidente Conte, potrà arrivare alcuna apertura a Renzi. Se ne riparlerà in caso in sede di consultazioni al Quirinale". Solo che la visita al Colle ormai s'approssima, e nel M5s nessuno sa esattamente cosa accadrà. Non c'è una direzione, non c'è una segreteria, non c'è alcun organismo ufficiale deputato a definire una strategia: alcuni parlamentari chiedono la convocazione urgente di un'assemblea ai capigruppo di Camera e Senato. Ma nella mancanza di una tattica chiara, ognuno fa quel che vuole. 

 

E ne consegue una confusione che accompagna l'inizio di un Consiglio dei ministri che potrebbe essere l'ultimo appuntamento in cui i componenti del BisConte si ritrovano tutti insieme. Col timore di alcuni che gli evtni stiano precipitando. E il timore di altri (specie in casa Pd), che questo gran caos sia funzionale a un disegno che, malcelato, il fu "avvocato del popolo" ha sempre coltivato: agitare lo spauracchio delle elezioni per produrre finalmente la slavina dei responsabili e sostituire Renzi. O, in alternativa, andarci davvero alle elezioni. 

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