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le mani sul next generation eu

Il "Ciao" di Renzi per salutare Conte, sperando nell'asse col Pd

Anche il Pd presenta le sue osservazioni e lancia un avvertimento sulla cabina di regia. La riunione dei senatori dem: "Questo piano non va bene". Ma Zinga tiene i toni bassi. Anche il M5s in subbuglio, tra riunioni ed espulsioni. Gli incontri tra Rosato e Buffagni

Simone Canettieri e Valerio Valentini

Il leader di Iv presenta 61 critiche al Recovery: "E' un progetto senz'anima e raffazzonato". Le picconate al M5s su Tav, Mes, reddito di cittadinanza e Tav. "Sono i grillini che mettono in crisi il governo". Anche il Pd ribolle, ma Zingaretti resta cauto

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Sbatte i pugni sul tavolo, Matteo Renzi. Per far arrivare forse le vibrazioni anche a Palazzo Chigi: “Rimaniamo attaccati ai contenuti, non abbiamo paura di niente, non siamo attaccati alle poltrone, ma alle idee. Non è lesa maestà, seppur con una campagna di vaccinazione in corso, parlare di come progetteremo il futuro dell’Italia”. Il leader di Italia viva organizza una conferenza stampa per smontare, pezzo per pezzo, il Recovery plan di Giuseppe Conte (“E’ senza anima”, "E' un elenco raffazzonato"), e visto che c’è torna a insistere sulla delega ai Servizi. E per non farsi mancare nulla ribadisce che  è pronto a uscire dal governo. Renzi parla di Mes e Tav e dunque di merito. Cerca alleati per circondare Conte.

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Sbatte i pugni sul tavolo, Matteo Renzi. Per far arrivare forse le vibrazioni anche a Palazzo Chigi: “Rimaniamo attaccati ai contenuti, non abbiamo paura di niente, non siamo attaccati alle poltrone, ma alle idee. Non è lesa maestà, seppur con una campagna di vaccinazione in corso, parlare di come progetteremo il futuro dell’Italia”. Il leader di Italia viva organizza una conferenza stampa per smontare, pezzo per pezzo, il Recovery plan di Giuseppe Conte (“E’ senza anima”, "E' un elenco raffazzonato"), e visto che c’è torna a insistere sulla delega ai Servizi. E per non farsi mancare nulla ribadisce che  è pronto a uscire dal governo. Renzi parla di Mes e Tav e dunque di merito. Cerca alleati per circondare Conte.

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L’ex premier sembra dunque giocare a Risiko: gli servono carrarmatini di altri colori per cingere d’assedio il premier. E quindi bisogna voltarsi verso il Pd. Renzi dice che sottovoce in molti gli danno ragione. E in effetti, a giudicare dai giudizi emersi durante una riunione del gruppo dei senatori oggi pomeriggio a Palazzo Madama, (“E’ un’operazione burocratica”, “un documento senza slancio”), la convergenza sul merito pare naturale. Il capogruppo Andrea Marcucci e il presidente della commissione Affari europei Dario Stefano usano toni di netta bocciatura. Alla Camera, Graziano Delrio non è da meno. Ma poi, oltre ai gruppi parlamentari, a dettare la linea è Nicola Zingaretti. E il giudizio del Nazareno sul Recovery è meno netto. 

 

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Il documento dem arriva infatti sulla scrivania del premier “con estrema tranquillità e senza polemiche, in maniera costruttiva”, riflettono i vertici. Questo significa che per l’ennesima volta il Pd prova a non farsi inglobare nelle rivendicazioni di Renzi. “Il Recovery deve cambiare l’Italia”, dice Zingaretti con i suoi collaboratori senza dire che va cambiato ma fissando una serie di priorità: grande attenzione al green, alla transizione ecologica e all’innovazione, ma con fondi dati anche a nuovi protagonisti, alle startup, e non solo a imprese già presenti. Poi parità di genere, istruzione, maggiori fondi per gli asili nido e le infrastrutture sociali, cultura e commercio. “Riflettori puntati particolarmente su mezzogiorno e sulla sanità”, insistono dal Pd. Con una postilla: “Sulla cabina di regia del Recovery, la struttura dovrà essere sussidiaria, quindi di supporto, alla Pubblica amministrazione e non sostitutiva, e dovrà anche interagire e aiutare le amministrazioni periferiche che altrimenti potrebbero avere problemi nella gestione di questi progetti”. Insomma, i toni sono bassi al Nazareno. 

 

Per fare in modo che il “Ciao”, si chiama così il piano presentato da Renzi, non diventi un ciaone al governo Conte con la firma di Iv e del Pd, con un esito tutto da immaginare. Quel che è certo è che Renzi ci spera, in un ricompattamento del fronte riformista in funzione anti-Conte. Non si spiega altrimenti la durezza delle critiche che rivolge al M5s: parlando di un “progetto impregnato di grillismo giustizialista, di manettarismo di seconda mano”, criticando l’impatto pressoché nullo del reddito di cittadinanza sulla riduzione della povertà. E poi il Mes, ovviamente. E poi la Tav. “Gli unici che hanno attentato alla stabilità del governo, non votando il parere in favore dell’alta velocità, sono stati proprio i grillini”, dice Renzi. Il quale forse coglie nel segno, se è vero che proprio i ministri più contiani di tutti dentro il M5s, come D’Incà o Patuanelli, vanno catechizzando le truppe: “Evitiamo di passare, noi, per quelli che giocano al rialzo”.

 

Lo dicono sapendo che già le riunioni dei gruppi parlamentari di domani pomeriggio, con la discussione del Recovery plan, rischiano di diventare un condensato di critiche, anche perché nel contempo si parlerà anche dell’espulsione dei dissidenti parasovranisti come Alvise Maniero. “Faremo proposte per aumentare i fondi su giovani, innovazione e scuola”, precisa Vito Crimi, come a voler subito abbassare le aspettative. Ma la scorsa settimana, quando il capogruppo al Senato Ettore Licheri ha convocato un’assemblea, all’ordine del giorno ci ha inserito “il rimpasto” e “un confronto per capire se vogliamo rimanere al governo”. Come se insomma non ci fossero tabù, ormai. Poi tutto s’è risolto nel solito battibecco inconcludente. E così Ettore Rosato, parlando con Stefano Buffagni, giorni fa s’è sentito dire che sì, certo, una svolta ci servirebbe, “ma non è questo il momento giusto”. E forse Renzi, chiusa la sessione di bilancio, vuole invece forzare i tempi. Sperando in un’eventuale intesa col Pd. O, in un collasso del M5s. Todo modo, para buscar la testa Conte.

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