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caos a 5 stelle

Il dpcm di Conte azzoppa gli Stati generali del M5s. E Dibba va in cerca delle sue truppe

Crimi conferma la data del 7 e 8 novembre. Lo statista di Vigna Clara punta sui militanti arrabbiati: "Visto che sul Mes il premier ha dovuto darci ragione?"

Valerio Valentini

Il congresso del Movimento verrà svolto solo in forma digitale. E l'ex deputato grillino organizza incontri con gli attivisti locali, provando a fomentarli nella sua scalata al partito. Se poi andrà male, dirà che "è tutta una farsa"

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A sentire lui, non ci sarebbe neppure da affannarsi più di tanto, ché non ne vale la pena. “E’ tutto già deciso, non è un congresso ma un gioco da tavola”, dice Alessandro Di Battista a chi lo interroga sulla sfida che lo attende. Si riferisce agli Stati generali. Che già prima gli sembravano – o almeno, così tentava di dissimulare – poca cosa. E che ora, dopo le nuove disposizioni emanate da Giuseppe Conte nel dpcm di domenica sera, gli sembrano ancor meno rilevanti. L’articolo 5 parla chiaro: “Sono sospese tutte le attività convegnistiche o congressuali, ad eccezione di quelle che si svolgono con modalità a distanza”. E dunque niente assembramenti, niente agorà pubbliche con relative acclamazioni, niente dibattiti faccia a faccia con eventuali conseguenti scazzottate. “Verrà fatto tutto in modalità telematica”, rassicura in queste ore Vito Crimi, il reggente che non regge più, e dunque non ci pensa neppure a rinviare la data dell’assemblea nazionale – prevista per il 7 e l’8 novembre prossimi – nella speranza di poterla celebrare con tutti i crismi. “L’appuntamento è confermato”, ripete il capo del M5s, facendo notare di aver già previsto lo svolgimento da remoto degli Stati generali, convocati – stando al regolamento diramato il 15 ottobre – “in presenza fisica o telematica”.

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A sentire lui, non ci sarebbe neppure da affannarsi più di tanto, ché non ne vale la pena. “E’ tutto già deciso, non è un congresso ma un gioco da tavola”, dice Alessandro Di Battista a chi lo interroga sulla sfida che lo attende. Si riferisce agli Stati generali. Che già prima gli sembravano – o almeno, così tentava di dissimulare – poca cosa. E che ora, dopo le nuove disposizioni emanate da Giuseppe Conte nel dpcm di domenica sera, gli sembrano ancor meno rilevanti. L’articolo 5 parla chiaro: “Sono sospese tutte le attività convegnistiche o congressuali, ad eccezione di quelle che si svolgono con modalità a distanza”. E dunque niente assembramenti, niente agorà pubbliche con relative acclamazioni, niente dibattiti faccia a faccia con eventuali conseguenti scazzottate. “Verrà fatto tutto in modalità telematica”, rassicura in queste ore Vito Crimi, il reggente che non regge più, e dunque non ci pensa neppure a rinviare la data dell’assemblea nazionale – prevista per il 7 e l’8 novembre prossimi – nella speranza di poterla celebrare con tutti i crismi. “L’appuntamento è confermato”, ripete il capo del M5s, facendo notare di aver già previsto lo svolgimento da remoto degli Stati generali, convocati – stando al regolamento diramato il 15 ottobre – “in presenza fisica o telematica”.

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When in trouble, go digital. Del resto, è nel caos generale che spera lo stesso Dibba. Il quale, al netto dell’accidia recitata, scommette che dall’entropia impazzita che come sempre agita la dialettica interna al M5s, lui possa comunque ricavare qualcosa. Non a caso ha iniziato a organizzare delle riunioni, telematiche pure quelle, con gli attivisti di varie regioni (ieri la Campania, oggi la Liguria), premurandosi, a fine incontro, di avere i contatti e gli indirizzi email di chi ha partecipato, ribadendo la necessità di tenere in piedi questo governo ("Non mi metto mica contro Conte") ma di ribadire con fermezza le posizioni del M5s: "Sul Mes sembrava scontato che finisse come sulla Tav. E invece tenere il punto, mostrarsi irremovibili, serve. E il premier ha dovuto darci ragione".

 

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Fa network, Dibba, si costruisce la sue rete di contatti, di amicizie. Prepara le truppe, cammellate e non: e lo fa in ossequio allo spirito d’improvvisazione che sempre colora di surreale le iniziative dei grillini, questi parvenu della politica che volevano rottamare il Palazzo e sono invece finiti col mutuarne le peggiori abitudini, solo scimmiottandole. Lo fa perché sa che è quello degli attivisti locali, dei tanti anonimi statisti incompresi disseminati per la provincia italiana, il suo terreno fertile. E' lì, nei dibattiti tra il signoraggio e l’uscita dall’euro, nella militanza che alterna il volantinaggio alle liti furibonde sulle chat territoriali, che Dibba può trarre la sua legittimazione di leader barricadiero che s’oppone alla deriva borghese del M5s. Domenica sera, nell’incontro con gli iscritti campani, la rappresentanza istituzionale del Movimento era del tutto inconsistente: un solo consigliere regionale sui sette eletti a settembre; due soli parlamentari sugli oltre 50 che il M5s esprime.

 

Ma non è quello, il pubblico di riferimento di Di Battista. Il quale, del resto, sa bene che all’assemblea nazionale del 7 o 8 novembre, i delegati che interverranno nei tavoli di lavoro, e che cercheranno insomma d’indirizzare un dibattito che già si prevede sconclusionato, saranno solo in minima parte scelti tra i più alti in grado nell’organigramma a cinque stelle. Sui 305 rappresentanti delle varie regioni, appena 101 saranno deputati e senatori, consiglieri regionali o parlamentari europei. Tutti gli altri verranno invece individuati – con modalità di voto ancora da definire nel dettaglio – tra semplici militanti, o tra esponenti del M5s nei consigli comunali e municipali. E non che questo accattivarsi la bassa manovalanza basta, certo: ché d’altronde l’assemblea conclusiva del 7 o 8 novembre non sarà deliberante.

 

Poi toccherà agli iscritti di Rousseau votare sulle varie modifiche al regolamento e alla struttura interna, nonché sui punti da inserire nell’agenda de M5s: e lo faranno sulla piattaforma di Davide Casaleggio. Ma anche in quel caso, la maggioranza degli elettori sarà composta dagli attivisti: una platea in cui più facilmente le velleità rivoluzionarie del guerrigliero di Vigna Clara possono riscuotere simpatie. O, nella peggiore delle idee, resterebbe a quel punto l’estrema soluzione, per Dibba: contestare la validità della consultazione, delegittimare l’intera impalcatura degli Stati generali. Dicendo che è tutta una montatura, che l’esito del confronto è già scritto, il dibattito irreggimentato. Non a caso domenica sera, nel momento più accalorato della discussione coi militanti campani, alcuni consiglieri comunali, compreso l’ex candidato sindaco di Napoli del M5s Matteo Brambilla, hanno sentenziato contro l’inutilità degli Stati generali: “E’ tutta una farsa, non facciamoli per niente”. Al che è toccato a Luigi Iovino, deputato fedele a Di Maio e facilitatore regionale, unico parlamentare presente insieme alla senatrice Luisa Angrisani, difendere la bontà dell’iniziativa. Che non sarà forse il miglior congresso possibile, ma è senz’altro meno inutile di tutti gli altri che finora (non) si sono sperimentati.  

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