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Il prezzario (all'incontrario) del Grillo prezzolato

Luciano Capone

Il comico pubblica le sue nuove tariffe per concedere interviste. Ma quanti soldi riceve per i suoi post sul blog? Il caso dimenticato dei finanziamenti dell'armatore Onorato e i sospetti dell'Antiriciclaggio

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Beppe Grillo ha un rapporto strano con i giornalisti, con i soldi e con la trasparenza. Dopo averli a lungo ricoperti di insulti, ai cronisti che cercavano di porgli qualche domanda, per evitare di rispondere il capocomico distribuiva soldi falsi: “Ora fate come dico io. Voglio le domande da mille, chi mi fa una domanda da mille?”. L'altro modo di rapportarsi con l'informazione, poi, sempre nell'ottica del mercimonio, è quello di chiedere soldi per essere intervistato. E oggi infatti Grillo ha publicato le nuove tariffe, riviste la rialzo: quelle scritte passano da 1000 a 2000 euro a domanda (“con invio di domande via mail, minimo 5 domande”); quelle a giornali e riviste passano da 1.000 a 5.000 euro al minuto (“minimo 8 minuti”); quelle televisive passano da 2.000 a 10.000 euro al minuto (“minimo 8 minuti”). “Onde evitare strani appostamenti ed inseguimenti spiacevoli, ecco il listino interviste e foto per l’anno in corso e per il 2021”, scrive sul suo blog. Dovrebbe essere un modo ironico per tenere alla larga, mortificandola, la stampa. Ma in realtà – e qui forse servirebbe uno psicanalista – in questo modo più che dileggiare i giornalisti Beppe Grillo rivela sé stesso.

 


Perché l'uomo che definisce i giornalisti “pennivendoli” e che ha costruito gran parte del suo successo politico-mediatico sulla retorica della stampa “prezzolata” e al servizio del miglior offerente, è proprio lo stesso che si mette in vendita. Il blogger indipendente, l'unica voce libera sul web che contrasta il sistema informativo corrotto, è in realtà un tizio che si fa pagare per promuovere “contenuti” sul suo sito e sui social network. Il vomito che riversa sui giornalisti è la descrizione di sé stesso.

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La vicenda, già dimenticata, è emersa qualche mese fa, a dicembre 2019, quando si è scoperto che Grillo ha ricevuto centinaia di migliaia di euro dall'armatore Vincenzo Onorato per pubblicare post sul suo blog. L’Ufficio di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia aveva segnalato i pagamenti della Moby (la società marittima di Onorato) nei confronti di Beppe Grillo e Davide Casaleggio come sospetti, secondo le norme antiriciclaggio, “sia per gli importi, sia per la descrizione generica della prestazione ricevuta, che per la circostanza di essere disposti a beneficio di persone politicamente esposte”. Il contratto con la Casaleggio Associati, siglato dopo la vittoria del M5s alle elezioni, prevedeva un piano di comunicazione e iniziative nell'interesse di Moby: “Sensibilizzare l’opinione pubblica e gli stakeholder del settore marittimo sulla tematica della limitazione dei benefici fiscali del Registro internazionale alle sole navi che imbarcano equipaggi italiani”. Obiettivo: “Sensibilizzare le istituzioni” e raggiungere “una community di riferimento di un milione di persone”. In cambio di questo servizio di lobbying, Onorato versa a Casaleggio Associati 600 mila euro in tre anni, più 400 mila euro di premi di risultato: in totale 1 milione l'anno. Mentre Beppe Grillo incassa, sempre a partire dal 2018, 240 mila euro in due anni per dei banner e alcuni articoli a sostegno degli interessi dell'armatore.

 

A questo punto, più che il listino prezzi delle sue interviste che dovrebbero essere pubblicate sui giornali degli altri, Beppe Grillo dovrebbe pubblicare quello degli articoli pubblicati sul suo blog e sui suoi social network. Dovrebbe segnalare i post su commissione, un po' come fanno i giornali con le inserzioni pubblicitarie, visto che lui dice di fare informazione. E dovrebbe indicare un resoconto dei pagamenti incassati, un po' come fanno i politici con i finanziamenti ricevuti, visto che lui è il Garante del primo partito in Parlamento e una persona politicamente esposta. Ma Grillo, che come al solito è ambiguo su tutto, non si ritiene né giornalista né politico e quindi fa un po' come gli pare.

 

Per l'inventore del partito dello streaming, degli scontrini e dei rendiconti esiste quindi un enorme problema di trasparenza, che si pone in generale sulla sua attività e per ogni contenuto che appare sul suo sito. Nessuno è in grado di sapere se i post sul suo blog che pubblicizzano le attività di un'azienda – facciamo un esempio a caso anche per la sua rilevanza geopolitica: Huawei – siano gratuiti o a pagamento. Quindi l'idea del listino prezzi è meritoria, ma parziale. A fianco al tariffario ironico, Beppe Grillo dovrebbe pubblicare il tariffario serio. Con rendiconto.

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