Cercar la bella destra

Carmelo Caruso

Parla Franco Cardini. “Mi si drizzano i capelli (che non ho) a pensare che una storia nobile si sia ridotta a Salvini”

Roma. “Sono stato di destra e oggi mi si drizzano i capelli (che non ho) quando sento parlare Matteo Salvini o quando penso che una storia così nobile si è ormai esaurita nella rozza difesa delle frontiere, nell’antislamismo, nelle tante tesi squilibrate sul signoraggio bancario”. E infatti, Franco Cardini, storico del medioevo e da giovane protagonista di quella che si è creduto potesse essere una nuova destra, si stizzisce e si rifiuta di consegnarsi alle teste matte come Alessandro Pagano, deputato siciliano ma della Lega, che si è inventato per Silvia Romano l’epiteto di neoterrorista e che in Aula ha rigurgitato un bagaglio di stereotipi. Lo ha sentito? “Ho visto anche io e ho provato vergogna nell’osservare questa giovane ragazza inseguita fino a casa e poi non solo. Ho provato ancora vergogna ascoltando i dibattiti sulla conversione che, tra le altre cose, è una specialità tutta italiana. Siamo il paese dei convertiti ma tutti lo dimenticano”. Pensa dunque che alla tortura dei fanatici somali si siano aggiunti questo paese e questa destra ridotta al grado zero, che per Cardini “sta infliggendo la più insopportabile delle torture, una tortura morale. Ogni conversione meriterebbe rispetto. Non siamo il paese di San Francesco? Ed è il momento di finirla con questo tormentone di destra sul riscatto. In quanti altri casi abbiamo pagato? Tutti gli stati di diritto pagano. Credo invece che ci sia un’antipatia nei confronti di questa giovane donna che non si può accettare”.

 

Scatenando un dibattito interessante, Francesco Storace e Fabio Rampelli l’hanno difesa e sono andati controcorrente. C’è stato un tempo in cui la destra i libri non li sfogliava, ma davvero li leggeva e c’è stato tutto un mondo irregolare e marginale che per primo ha studiato e desiderato l’Oriente, proprio come fa Cardini, e che ha professato non lo scontro, ma l’incontro di civiltà senza essere per questo banale o retorica. “Era una destra che non voleva più definirsi patriottarda. Abbiamo cercato di espellere le tossine di un anticomunismo viscerale. E’ a destra che, per la prima volta, si è parlato di terza via e il riferimento era Robert Shuman che voleva più Europa e non certo uscirne”. Giorgia Meloni sta cercando di reinventarsi e alterna momenti di responsabilità e originalità ad altri di furia e collera intimorita, forse, di lasciare a Salvini il mercato della rabbia. E per Cardini, che ormai la guarda come un’utopia di ragazzo (“ma noi ci credevamo”), è intollerabile vedere una biblioteca di sentimenti e storie finire nel magazzino della Lega e di Salvini o ancora peggio gestita dall’archivista Steve Bannon. “La fame di voti ha fatto imbarcare la destra sul carrozzone di Bannon. Ed è uno sbocco assurdo per chi era solito ragionare sulla complessità. Si spaccava il capello in quattro, si divideva su cosa fosse preferibile fra un modello confederale e federale. La destra si è interrogata a lungo sul futuro dell’Africa e non era questa sporca destra xenofoba in cui certo non mi posso riconoscere” ricorda Cardini che ha animato quel tempo insieme a Marco Tarchi, professore di scienze politiche all’università di Firenze. Insieme a una bella redazione di teste coraggiose e acute, Tarchi alimenta una rivista sotterranea di destra che si chiama Diorama e che prende le mosse da Alain De Benoist. “E in quel mensile ci trovo provocazione, parole laterali, c’è la stessa forza e anche quella scossa che in passato i Campi Hobbit generarono. Persino Norberto Bobbio se ne interessò. Oggi ci sono solo degli imbecilli che disegnano svastiche e che mimano il braccio alzato e neppure bene lo sanno alzare” lamenta Cardini che non è attratto neppure dall’altra destra quella che, a suo avviso, “aderisce bovinamente al liberismo sbracato”. Secondo il professore quella perduta è la destra di carta, editoriale. “I leader, i partiti si giudicano da quello che scrivono. Cosa scrive Salvini? Cosa scrive la Lega? La destra è stata capace di dare vita a piccole avventure editoriali che hanno scompaginato e portato una ventata di aria fresca. Penso a riviste come Italia Settimanale, La Destra. In quelle pagine si affacciavano figure a volte esagerate, ma colte, mai violente e aggressive. Non gridavano, ma scrivevano. Si ripete che bisogna ricostruire e allora…”. Bisogna ricostruire anche la destra? “Non la destra. Ma una cultura di destra”.